Sanzioni Sostitutive e Precedenti Penali: Quando il Passato Conta
Le sanzioni sostitutive rappresentano uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento per evitare il carcere in caso di condanne a pene detentive brevi. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come i precedenti penali di un imputato possano giocare un ruolo decisivo nel negare l’accesso a queste misure alternative, confermando la legittimità di una valutazione basata sulla personalità del reo.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato per una violazione del Codice della Strada. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata concessione delle sanzioni sostitutive da parte della Corte d’Appello, come previsto dalla Legge n. 689/1981. L’unico motivo di impugnazione si concentrava proprio su questo diniego, ritenuto ingiusto dal ricorrente.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo “manifestamente infondato”. Questo significa che i giudici hanno ritenuto l’argomentazione del ricorrente palesemente priva di fondamento, al punto da non meritare un’analisi approfondita. La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte territoriale, stabilendo che la motivazione fornita per negare le pene alternative era adeguata e corretta.
Le Sanzioni Sostitutive e il Ruolo dei Precedenti
Il cuore della questione risiede nel giudizio sulla personalità dell’imputato. La Corte d’Appello aveva negato le sanzioni sostitutive basandosi su un “negativo giudizio sulla personalità dell’imputato desumibile dalla presenza di plurimi precedenti”. In altre parole, il passato criminale del soggetto è stato considerato un indicatore di una personalità non meritevole del beneficio di una pena alternativa alla detenzione.
La Cassazione ha convalidato questo approccio, specificando che tale valutazione è una coerente applicazione dei criteri previsti dall’articolo 133 del Codice Penale, che guida il giudice nella commisurazione della pena tenendo conto anche della capacità a delinquere del reo.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte è netta: la presenza di precedenti penali è un elemento concreto e legittimo su cui fondare un giudizio prognostico sfavorevole sulla futura condotta dell’imputato. La Corte territoriale non ha agito in modo arbitrario, ma ha esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, giustificando il diniego delle sanzioni sostitutive con argomenti solidi e pertinenti. La scelta di non applicare una pena alternativa non era, quindi, immotivata, ma radicata in una valutazione complessiva della figura del condannato, come richiesto dalla legge.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio importante: l’accesso alle pene alternative non è un diritto incondizionato. Il giudice ha il dovere di valutare attentamente la personalità del condannato e i suoi trascorsi giudiziari. La presenza di plurimi precedenti penali può essere legittimamente interpretata come un fattore di rischio e, di conseguenza, come un ostacolo alla concessione delle sanzioni sostitutive. Per il condannato, ciò si traduce non solo nella conferma della pena, ma anche, come in questo caso, nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, a causa dell’inammissibilità del ricorso.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e logica per negare le sanzioni sostitutive, basandosi sui precedenti penali dell’imputato, rendendo l’impugnazione priva di qualsiasi fondamento giuridico.
I precedenti penali possono impedire l’applicazione delle sanzioni sostitutive?
Sì. Secondo la sentenza, la presenza di plurimi precedenti penali è un elemento legittimo che il giudice può utilizzare per formulare un giudizio negativo sulla personalità dell’imputato e, di conseguenza, per negare la concessione di pene alternative al carcere.
Cosa comporta per il ricorrente la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
A norma dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45097 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45097 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 29/10/1988
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stato condannato per il reato previsto dall’art.116, commi 15 17, d.lgs. 30 aprile 1992, n.285.
L’unico motivo di impugnazione, con il quale l’imputato si è doluto della mancata concessione dell’applicazione delle sanzioni sostitutive previste dall’art.53 della I. n.689/1981, è manifestamente infondato.
Atteso che la Corte territoriale ha, con adeguata motivazione, giustificato l mancata concessione della sostituzione sulla base del negativo giudizio sulla personalità dell’imputato desumibile dalla presenza di plurimi precedenti e operano quindi una coerente valutazione commisurata sugli elementi previsti dall’art.133 cod.pen..
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente