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Sanzioni sostitutive: Cassazione annulla diniego

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione di sanzioni sostitutive a un condannato. La decisione del giudice di primo grado era basata su un’altra condanna non ancora definitiva, ma la Cassazione ha ritenuto tale motivazione insufficiente e puramente assertiva, sottolineando la necessità di una valutazione completa della situazione del condannato, inclusi i percorsi rieducativi già svolti.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzioni Sostitutive: Perché un ‘No’ del Giudice Deve Essere Ben Motivato

L’introduzione delle sanzioni sostitutive ha rappresentato una svolta importante nel nostro ordinamento penale, mirando a favorire la rieducazione del condannato e a ridurre il sovraffollamento carcerario. Tuttavia, la loro applicazione non è automatica e spetta al giudice valutarne l’opportunità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 1238/2024, ha ribadito un principio fondamentale: il diniego di tali misure deve basarsi su una motivazione concreta e approfondita, non su valutazioni sommarie.

I fatti del caso

Un uomo, condannato in via definitiva, presentava istanza al Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, per ottenere l’applicazione delle sanzioni sostitutive previste dalla recente riforma (d.lgs. 150/2022). Il giudice, tuttavia, respingeva la richiesta. La ragione del diniego era una prognosi sfavorevole basata su un’ulteriore condanna riportata dall’uomo in un altro procedimento, decisa dalla Corte d’Appello pochi mesi prima.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la motivazione fosse viziata e la legge applicata erroneamente. La difesa evidenziava diversi punti:
1. La condanna menzionata dal giudice non era ancora definitiva.
2. I reati di quel procedimento risalivano a molti anni prima (2010-2011).
3. Nel frattempo, il condannato aveva completato con successo due percorsi di affidamento terapeutico.
4. Le sue fragilità fisiche e psichiche sconsigliavano un ritorno in carcere.
5. Era inserito in una comunità terapeutica dove sarebbe rimasto fino al 2028, rendendo di fatto impossibile la commissione di nuovi reati.

La valutazione delle sanzioni sostitutive secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, annullando l’ordinanza del giudice dell’esecuzione. La decisione della Cassazione si concentra sulla qualità della motivazione, ritenuta del tutto inadeguata.

Il giudice di merito si era limitato a un “sintetico riferimento” all’altra condanna, senza spiegare in che modo questa potesse effettivamente compromettere la prognosi sulla futura condotta del condannato. Tale approccio, secondo la Corte, rende il provvedimento puramente assertivo e non permette di comprendere il percorso logico seguito per arrivare al rigetto dell’istanza.

Le motivazioni della sentenza

La Cassazione ha chiarito che il giudice dell’esecuzione, nel valutare la richiesta di sanzioni sostitutive, deve compiere un’analisi approfondita. Il suo compito è decidere se queste misure siano più idonee alla rieducazione del condannato e se possano prevenire il rischio di recidiva. Una valutazione negativa, che impedisce l’accesso alle pene alternative, deve essere supportata da argomentazioni solide e non può basarsi su un singolo elemento decontestualizzato.

Nel caso specifico, il giudice avrebbe dovuto considerare se:
– I reati della condanna pendente, essendo molto datati, avessero ancora un peso determinante nella valutazione attuale della pericolosità sociale del soggetto.
– Il percorso terapeutico svolto con successo dopo quei fatti non dimostrasse un reale cambiamento e un’effettiva volontà di risocializzazione.

In sostanza, la motivazione del diniego era insufficiente perché non aveva ponderato tutti gli elementi a disposizione, sia quelli negativi (la condanna aggiuntiva) sia quelli positivi (i percorsi rieducativi completati). Questa omissione ha reso impossibile una valutazione completa e ha viziato la decisione.

Le conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio cardine del diritto dell’esecuzione penale: l’individualizzazione del trattamento sanzionatorio. Le sanzioni sostitutive non sono una concessione benevola, ma uno strumento giuridico che richiede un’attenta valutazione caso per caso. Un giudice non può negarle sulla base di una motivazione superficiale o apparente. La decisione di rigetto deve essere il risultato di un bilanciamento logico e trasparente di tutti i fattori rilevanti, dimostrando perché, nonostante eventuali elementi positivi, si ritenga che il condannato non adempirà alle prescrizioni o che le misure alternative non siano idonee a prevenire futuri reati. Con questo annullamento con rinvio, la Cassazione impone al giudice di merito di effettuare una nuova e più completa analisi.

Un giudice può negare le sanzioni sostitutive citando semplicemente un’altra condanna a carico del richiedente?
No. Secondo questa sentenza, un semplice riferimento a un’altra condanna, peraltro non ancora definitiva, non è sufficiente. Il giudice deve spiegare in modo dettagliato e logico perché tale condanna influisce negativamente sulla prognosi futura, considerando anche tutti gli altri elementi a favore del condannato.

Cosa deve valutare il giudice dell’esecuzione in una richiesta di sanzioni sostitutive?
Il giudice deve valutare se le sanzioni sostitutive siano più idonee alla rieducazione del condannato rispetto alla detenzione e se, anche attraverso specifiche prescrizioni, possano assicurare la prevenzione dal commettere altri reati. Deve inoltre verificare che non sussistano fondati motivi per ritenere che il condannato non adempirà alle prescrizioni.

Cosa significa che la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza con rinvio?
Significa che la decisione del Tribunale di Bergamo è stata cancellata. Il caso torna allo stesso Tribunale, che dovrà riesaminare la richiesta del condannato e prendere una nuova decisione, questa volta attenendosi ai principi di diritto indicati dalla Corte di Cassazione, ovvero fornendo una motivazione completa e non assertiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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