Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12378 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12378 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 13/02/2025
R.G.N. 33442/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a TREVISO il 18/07/1980
avverso la sentenza del 09/05/2024 della Corte d’appello di Venezia udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 09 maggio 2024 La Corte di appello di Venezia, confermando la sentenza emessa in data 03/02/2023 dal Tribunale di Treviso, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni uno di reclusione ed euro 1.000 di multa per il delitto di cui agli artt. 62 bis cod. pen., 99 cod. pen., 23 legge n. 110/1975 commesso il 12 aprile 2017, assorbito in esso il reato di cui all’art. 2 legge n. 895/1967.
La Corte di appello ha ritenuto non accoglibile la richiesta di disapplicazione della recidiva, ed ha dichiarato inammissibile la richiesta di sostituzione della pena, perchØ proposta solo con le conclusioni presentate in prossimità dell’udienza e non con l’atto di appello, benchØ depositato in data successiva al 31/12/2022.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione all’art. 58 legge n. 689/1981.
Il ricorrente aveva chiesto la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità o, in subordine, la detenzione domiciliare o la semilibertà. E’ obbligo del giudice individuare la sanzione piø idonea alla rieducazione e al reinserimento sociale del condannato, ed il rigetto dell’istanza viola lo spirito della norma, volta al recupero del delinquente
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce la manifesta illogicità della motivazione, quanto al trattamento sanzionatorio.
La sentenza non illustra l’ iter argomentativo che ha portato alla conferma della condanna di primo grado, in particolare quanto alla mancata esclusione della recidiva. La sentenza non tiene conto del fatto che le precedenti condanne sono risalenti al passato, e il tempo trascorso dall’ultima di esse poteva giustificare l’esclusione dell’aggravante. La concreta irrogazione della pena viola l’art. 133 cod. pen., che impone al giudice di tenere conto di tutti gli elementi indicati dalla norma, nel determinare la pena adeguata al reato commesso.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere disatteso, in entrambi i suoi motivi.
Il primo motivo di ricorso Ł infondato, e deve essere rigettato.
L’applicabilità delle sanzioni sostitutive in fase di appello Ł regolata, attualmente, dall’art. 598bis , comma 1bis , cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 19 marzo 2024 n. 31; tale norma Ł entrata in vigore in data 04/04/2024, e pertanto doveva essere applicata alla data dell’udienza davanti alla Corte di appello. Non era, infatti, applicabile la disciplina transitoria prevista dall’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 perchØ, al momento dell’entrata in vigore del decreto medesimo, il 30/12/2022, il processo non era pendente in fase di appello, essendo stata la sentenza di primo grado depositata in data 03 febbraio 2023.
La norma introdotta dal d.lgs. n. 31/2024, risolvendo un dubbio interpretativo che aveva già portato a pronunce difformi da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità, stabilisce che, nella fase di appello, pur rispettandosi i limiti della cognizione di cui all’art. 597 cod. proc. pen., l’imputato può esprimere il consenso alla sostituzione della pena detentiva con una delle sanzioni previste dall’art. 53 della legge n. 689/1981, attraverso una memoria o con motivi nuovi, che devono essere depositati fino a quindici giorni prima dell’udienza. Questa norma chiarisce, pertanto, che il giudice di secondo grado può applicare una sanzione sostitutiva, ma solo su istanza di parte e senza procedere d’ufficio; l’istanza della parte, prevista nella forma della manifestazione del consenso all’applicazione della sanzione sostitutiva, non deve necessariamente essere contenuta nell’atto di appello, ma può essere formulata con i motivi nuovi o con un’apposita, separata memoria; l’atto contenente la manifestazione del consenso, però, deve essere depositato fino a quindici giorni prima dell’udienza, per cui tale consenso non può essere validamente prestato in fase di discussione, in particolare nel caso di trattazione dell’udienza nella forma camerale non partecipata, come il presente (si veda, per una prima interpretazione della norma di nuova introduzione, Sez. 6, n. 30711 del 30/05/2024, Rv. 286830).
Così ricostruita la disciplina vigente al momento della decisione sull’appello proposto, deve rilevarsi la inammissibilità dell’istanza presentata dall’imputato ai giudici di secondo grado. La memoria conclusiva, contenente anche la richiesta di applicare una sanzione sostitutiva, Ł stata infatti depositata solo in data 30 aprile 2024, quindi otto giorni prima dell’udienza (non dovendosi calcolare, stante il dettato dell’art. 172, comma 5, cod. proc. pen., nØ il dies ad quem nØ il dies a quo : si veda, tra le molte, Sez. 1, n. 16356 del 20/03/2015, Rv. 263322).
La declaratoria di inammissibilità della richiesta, per la sua tardività, Ł dunque corretta, anche se la Corte di appello non sembra avere tenuto conto della normativa introdotta dal d.lgs. n. 31/2024. Peraltro il ricorrente non si Ł doluto, nel primo motivo di ricorso, di una erronea applicazione di tale normativa, e neppure della declaratoria di tardività dell’istanza in questione, ma si Ł limitato a sostenere l’astratta applicabilità di una sanzione sostitutiva anche da parte del giudice di appello, non negata in realtà dalla sentenza impugnata.
3. Il secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perchØ manifestamente infondato, in quanto prospetta un vizio di motivazione palesemente insussistente. La sentenza impugnata, infatti, ha valutato specificamente la richiesta di esclusione della recidiva, e l’ha disattesa con una motivazione succinta ma esaustiva, logica e non contraddittoria, affermando che la condotta accertata dimostra una progressione criminosa dell’imputato, giunto a commettere un delitto molto piø grave di quelli commessi in passato, e che quindi la recidiva costituisce, nel suo caso, una effettiva «manifestazione di accresciuta pericolosità».
Tale motivazione Ł conforme ai principi di questa Corte, secondo cui «Ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo di un’accentuata pericolosità sociale dell’imputato e non come mera descrizione dell’esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale della loro realizzazione, ma deve esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice » (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep. 2023, Rv. 284425). La sentenza ha tenuto conto, infatti, della natura e gravità dei reati precedentemente commessi dall’imputato, e ha dedotto, con valutazione logica stanti le caratteristiche della condotta, che il delitto contestato dimostrasse, come detto, un’accentuata pericolosità del soggetto, meritevole dell’aumento di pena conseguente all’applicazione della relativa aggravante. Il ricorso non si confronta con questa motivazione, in quanto si limita a contrapporre ad essa una propria, diversa valutazione della gravità del reato ed afferma una lontananza nel tempo dei delitti precedentemente commessi che risulta, in realtà, inesistente, dal momento che l’ultima condanna riportata dall’imputato Ł relativa ad un fatto commesso solo due anni prima di quello qui contestato.
E’ manifestamente infondata anche la censura relativa all’entità della pena irrogata, in quanto essa Ł stata contenuta nel minimo edittale, con concessione delle attenuanti generiche. Costituisce un principio consolidato della giurisprudenza di legittimità, quello secondo cui «Nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimoedittale, l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, talchØ Ł sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2., n. 28852 del 08/05/2013, Rv. 256464)
Per le ragioni esposte il ricorso, nel suo complesso, deve pertanto essere rigettato, e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 13/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME