Sanzioni disciplinari detenuti: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
L’applicazione di sanzioni disciplinari detenuti è un aspetto cruciale della vita penitenziaria, regolato da norme procedurali precise a tutela dei diritti della persona. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui motivi che possono rendere inammissibile un ricorso avverso tali sanzioni, focalizzandosi su aspetti procedurali e sul principio di legalità dell’illecito disciplinare.
I Fatti del Caso: La Sanzione Disciplinare e il Ricorso
Il caso in esame ha origine dal ricorso di un detenuto contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, che aveva confermato una sanzione disciplinare a suo carico. Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali doglianze:
1. Vizi procedurali: Sosteneva l’irregolarità della procedura a causa dell’assenza del Direttore del carcere al momento della contestazione formale dell’addebito e per l’impossibilità di rendere dichiarazioni prima dell’udienza davanti al Consiglio di Disciplina.
2. Violazione del principio di tipicità: Contestava la legittimità della sanzione, ritenendo che la condotta ascrittagli non corrispondesse a un illecito disciplinare chiaramente definito dalla legge o dai regolamenti.
L’Analisi della Corte: Questioni Procedurali e di Merito
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambe le questioni sollevate dal ricorrente, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
La regolarità della contestazione disciplinare
Riguardo al primo motivo di ricorso, la Corte ha ribadito principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, ha chiarito che la contestazione dell’addebito non è viziata se viene effettuata, su delega del direttore del carcere, dal comandante di reparto. Questa prassi è considerata legittima e non lede i diritti del detenuto.
In secondo luogo, e con particolare rilievo, la Corte ha sottolineato un onere fondamentale a carico del detenuto: qualsiasi presunta violazione del diritto di difesa deve essere eccepita, a pena di decadenza, all’apertura stessa dell’udienza disciplinare. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva sollevato alcuna obiezione in quella sede, rendendo la sua successiva doglianza inammissibile.
Il rispetto del principio di tipicità nelle sanzioni disciplinari detenuti
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al principio di tipicità, è stato respinto. La condotta sanzionata consisteva nella violazione di una precisa regola interna del regolamento penitenziario, nota al detenuto. Tale regola non vietava in modo assoluto lo scambio di oggetti con altri detenuti, ma lo subordinava a una procedura specifica: la presentazione di una richiesta formale e il rilascio di una conseguente autorizzazione.
La Corte ha evidenziato che lo scopo di questa procedura è prevenire la consegna di oggetti non consentiti. La violazione non consisteva quindi nello scambio in sé, ma nel non aver seguito l’iter autorizzativo prescritto, integrando così pienamente un illecito disciplinare tipizzato dal regolamento interno.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso sulla base della manifesta infondatezza di entrambi i motivi. Per quanto riguarda l’aspetto procedurale, la giurisprudenza costante impone che le nullità relative alla violazione dei diritti di difesa siano eccepita immediatamente, altrimenti si considerano sanate. Il silenzio del detenuto all’inizio dell’udienza disciplinare ha precluso la possibilità di far valere il vizio in un momento successivo.
Sul piano sostanziale, è stato affermato che il principio di tipicità è rispettato quando la sanzione punisce la violazione di una norma regolamentare chiara, precisa e conosciuta dal detenuto. La regola che impone una procedura di autorizzazione per lo scambio di oggetti è una norma finalizzata alla sicurezza interna e la sua inosservanza costituisce un comportamento disciplinarmente rilevante.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
L’ordinanza in esame ribadisce due concetti fondamentali per chi si occupa di sanzioni disciplinari detenuti. Primo: la tempestività è essenziale. Qualsiasi vizio procedurale o lesione del diritto di difesa deve essere immediatamente sollevato all’inizio del procedimento disciplinare, altrimenti il diritto di contestarlo viene meno. Secondo: la conoscenza del regolamento penitenziario interno è cruciale. La violazione di una norma procedurale interna, anche se non vieta una condotta in termini assoluti, può costituire un illecito disciplinare pienamente sanzionabile.
La notifica di una sanzione disciplinare a un detenuto può essere fatta da persona diversa dal direttore del carcere?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la contestazione dell’addebito disciplinare è valida anche se compiuta dal comandante di reparto, qualora agisca su delega del direttore del carcere.
Cosa deve fare un detenuto se ritiene che i suoi diritti di difesa siano stati violati durante il procedimento disciplinare?
Secondo la sentenza, il detenuto deve eccepire la violazione del suo diritto di difesa immediatamente, al momento dell’apertura dell’udienza davanti al consiglio di disciplina. Se non lo fa in quel preciso momento, perde il diritto di sollevare la questione in seguito (principio della decadenza).
Può essere sanzionato un detenuto per aver scambiato un oggetto con un altro, se il regolamento non lo vieta esplicitamente?
Sì. La Corte ha chiarito che anche se lo scambio di oggetti non è vietato in termini assoluti, la violazione della procedura specifica richiesta per farlo (come la presentazione di una richiesta e l’ottenimento di un’autorizzazione) costituisce un illecito disciplinare sanzionabile, in quanto viola una regola interna precisa e conosciuta dal detenuto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1687 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1687 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/09/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
ritenuto che la prima doglianza, vedente sull’assenza del Direttore carcere nel momento della formale contestazione dell’addebito disciplinare sull’impossibilità per l’incolpato di rendere dichiarazioni prima dell’ud innanzi al Consiglio di Disciplina, è manifestamente infondata;
che la giurisprudenza di legittimità ha invero chiarito, da un canto, che tema di procedimento per l’applicazione di sanzioni disciplinari a detenu internati, la contestazione dell’addebito non è viziata se compiuta, su deleg direttore del carcere, dal comandante di reparto» (Sez. 1, n. 8986 05/02/2008, Rv. 239512 – 01);
che, per quanto riguarda il profilo residuo, va rilevato, in fatto, che Pir non risulta avere in alcun modo eccepito, all’udienza, la pretermissione d proprie prerogative difensive ed aggiunto, in diritto, che, stando a consolid condiviso indirizzo ermeneutico, «In tema di procedimenti disciplina dell’amministrazione penitenziaria, in caso di contestazione dell’infraz direttamente all’udienza davanti al consiglio di disciplina, la violazione del di difesa del detenuto deve essere eccepita, a pena di decadenza, al momen dell’apertura dell’udienza stessa, trovando applicazione le disposizioni in ma di nullità processuale, tra cui l’art. 182, commi 2 e 3, cod. proc. pen.» (Se 30038 del 22/09/2020, Corso, Rv. 279733 – 01);
che manifestamente infondato appare, ugualmente, il secondo ed ultimo motivo di ricorso, concernente il rispetto del principio di tipicità dell disciplinare, che trascura come nel caso di specie sia stato ascritto ad COGNOME di avere violato una precisa – e da lui conosciuta – regola interna regolamento penitenziario che, lungi dal vietare in termini assoluti lo scamb oggetti tra detenuti soggetti a regime differenziato, lo subordin presentazione di apposita richiesta ed al rilascio di pedissequa autorizzazio ossequio ad una procedura finalizzata a prevenire la consegna di oggetti consentiti;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ric con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione d causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in fav della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 28/09/2023.