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Sanzione sostitutiva: quando il ricorso è inammissibile

Un individuo, condannato per resistenza a pubblico ufficiale, ha impugnato la sentenza d’appello richiedendo una sanzione sostitutiva pecuniaria anziché la libertà controllata. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando la valutazione della corte territoriale. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzione Sostitutiva: Quando la Cassazione Dichiara Inammissibile il Ricorso

L’applicazione di una sanzione sostitutiva rappresenta un tema cruciale nel diritto penale, offrendo alternative alla detenzione per reati di minore gravità. Tuttavia, l’accesso a tali benefici è subordinato a una corretta valutazione da parte dei giudici di merito. Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti dell’impugnazione quando le motivazioni alla base della scelta di una specifica sanzione sono già state adeguatamente argomentate nei gradi precedenti. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale. In primo grado, al condannato era stata applicata la sanzione della libertà controllata. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha presentato appello, chiedendo la modifica della sanzione: in particolare, auspicava l’applicazione di una pena pecuniaria in luogo della libertà controllata.

La Corte d’Appello di Torino, tuttavia, ha respinto la richiesta, confermando la decisione del primo giudice. Non arrendendosi, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, ribadendo, anche attraverso una memoria successiva, la sua richiesta di ottenere una sanzione sostitutiva di natura puramente economica.

La Valutazione sulla Sanzione Sostitutiva in Cassazione

La Suprema Corte, investita della questione, ha esaminato i motivi del ricorso. Il punto centrale sollevato dal ricorrente era la presunta erroneità della decisione della Corte d’Appello nel negare la sostituzione della pena con una sanzione pecuniaria. La difesa sosteneva che tale scelta fosse ingiustificata.

Tuttavia, i giudici di legittimità hanno rapidamente concluso per la palese inconsistenza delle argomentazioni difensive. La Corte ha infatti sottolineato come la decisione impugnata fosse basata su “argomentate valutazioni” che giustificavano pienamente la scelta della libertà controllata.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel concetto di “manifesta infondatezza”. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile non perché la richiesta di una sanzione sostitutiva fosse di per sé illegittima, ma perché le argomentazioni addotte per sostenerla erano prive di qualsiasi pregio giuridico di fronte alle motivazioni già espresse dalla Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha rilevato che la Corte territoriale aveva già esaminato e motivato adeguatamente (nella pagina 5 della sua sentenza) le ragioni per cui non riteneva opportuno applicare la pena pecuniaria. Il ricorso, di fatto, non faceva altro che riproporre le stesse lamentele già respinte, senza sollevare vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti di motivazione) che potessero giustificare un intervento della Cassazione.

Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Questa decisione comporta, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, in questo caso fissata in tremila euro, a favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove ridiscutere il merito delle decisioni. È uno strumento volto a correggere errori di diritto, non a ottenere una nuova valutazione dei fatti già adeguatamente ponderata dai giudici di merito.

L’esito del caso dimostra che, quando una corte d’appello fornisce una motivazione logica e coerente per le sue scelte discrezionali, come quella sulla tipologia di sanzione sostitutiva da applicare, un ricorso basato sulla semplice contestazione di tale scelta, senza evidenziare reali vizi giuridici, è destinato all’inammissibilità. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che è essenziale fondare i ricorsi su solide basi giuridiche, evitando di insistere su questioni di merito già chiarite nei gradi precedenti, pena l’immediata reiezione del ricorso e ulteriori conseguenze economiche.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le doglianze relative alla mancata applicazione della sanzione sostitutiva pecuniaria sono state ritenute “manifestamente infondate”, dato che la Corte d’Appello aveva già fornito argomentazioni complete e motivate a sostegno della sua decisione.

Cosa chiedeva specificamente il ricorrente?
Il ricorrente chiedeva che la sanzione della libertà controllata, applicata in primo grado, fosse sostituita con una sanzione pecuniaria, ritenendola più adeguata al suo caso.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del suo ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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