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Sanzione sostitutiva: quando il giudice può negarla?

La Cassazione conferma il diniego di una sanzione sostitutiva (lavoro di pubblica utilità) a un condannato per lesioni aggravate. La decisione si basa sulla valutazione della pericolosità sociale dell’individuo, i precedenti penali specifici e la mancanza di una sincera resipiscenza, ritenendo il potere del giudice ampiamente discrezionale.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanzione Sostitutiva: La Discrezionalità del Giudice di Fronte alla Pericolosità Sociale

L’applicazione di una sanzione sostitutiva, come il lavoro di pubblica utilità, al posto di una pena detentiva breve, non è un diritto automatico per il condannato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza il principio secondo cui la decisione del giudice si basa su una valutazione discrezionale approfondita, che tiene conto di tutti gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale, inclusa la personalità e la pericolosità sociale del reo. Analizziamo questo caso per capire quali fattori possono portare al rigetto di tale richiesta.

I Fatti del Caso

Un individuo, condannato in via definitiva a una pena di un anno e sei mesi di reclusione per il reato di lesioni aggravate, presentava istanza per ottenere la sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell’art. 20-bis del codice penale. La Corte d’Appello di Trento, tuttavia, rigettava la richiesta.
Il ricorso in Cassazione si fondava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione, sostenendo che la Corte territoriale avesse erroneamente valutato la pericolosità sociale del condannato. La difesa lamentava che non si fosse tenuto conto del ruolo marginale nel reato, della pena contenuta e che non fosse stata richiesta una relazione socio-familiare aggiornata. Inoltre, si contestava il fatto che il risarcimento del danno fosse stato considerato solo ai fini delle attenuanti generiche e non come segno di meritevolezza per il beneficio richiesto.

La Valutazione della Corte sulla Sanzione Sostitutiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della sentenza è il riconoscimento dell’ampio potere discrezionale del giudice di merito nel concedere o negare una sanzione sostitutiva. Tale potere non è sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica, coerente e non viziata.
La Suprema Corte ha sottolineato che la valutazione per la concessione del beneficio è legata agli stessi criteri utilizzati per la determinazione della pena (art. 133 c.p.). Di conseguenza, il giudizio prognostico sulla futura condotta del reo è un elemento imprescindibile e non può prescindere da un’analisi completa della sua personalità e del suo passato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto la motivazione del giudice di merito pienamente valida e priva di vizi. I giudici avevano valorizzato elementi specifici e gravi:
* Modalità del reato: L’azione criminosa era stata commessa con “non comuni disinvoltura e pervicacia”, utilizzando un bicchiere di vetro per causare lesioni guaribili in quaranta giorni a una persona già vittima di percosse.
* Precedente penale specifico: L’imputato aveva già una condanna a un anno di reclusione per lesioni personali volontarie, con sospensione condizionale della pena che era stata successivamente revocata. Questo dimostrava un’insensibilità a precedenti benefici concessigli.
* Personalità dell’imputato: La Corte ha ritenuto che la personalità del condannato fosse tale da far presumere che le prescrizioni legate alla pena sostitutiva potessero essere facilmente disattese. Di conseguenza, la sanzione sostitutiva non avrebbe avuto alcuna efficacia rieducativa o dissuasiva.
* Risarcimento del danno: Il risarcimento, sebbene avvenuto, non è stato considerato sintomo di una “comprovata sincera e spontanea resipiscenza”, essendo già stato valutato per la concessione delle attenuanti generiche. Non costituiva, quindi, un elemento sufficiente a superare il giudizio prognostico negativo.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce che il diniego di una sanzione sostitutiva è legittimo quando basato su una valutazione complessiva della condotta e della personalità del reo che ne evidenzi la pericolosità sociale. Il giudice non è tenuto a disporre ulteriori accertamenti, come relazioni aggiornate, se gli atti forniscono già elementi sufficienti per un giudizio prognostico negativo. La decisione finale spetta al merito e, se motivata logicamente, non può essere messa in discussione in Cassazione, che non può riesaminare i fatti ma solo la corretta applicazione del diritto.

Quando un giudice può rifiutare la concessione di una sanzione sostitutiva?
Un giudice può negare una sanzione sostitutiva quando, sulla base di una valutazione discrezionale fondata sui criteri dell’art. 133 c.p., formula un giudizio prognostico negativo sul condannato. Elementi come la gravità del reato, i precedenti penali specifici, e una personalità che dimostra pervicacia e insensibilità ai benefici possono giustificare il diniego.

Il risarcimento del danno alla vittima garantisce l’accesso alle sanzioni sostitutive?
No. Secondo la sentenza, il risarcimento del danno non garantisce automaticamente l’accesso a benefici. Sebbene sia un elemento positivo, può essere considerato non indicativo di un reale ravvedimento (resipiscenza), specialmente se è già stato valutato per la concessione delle circostanze attenuanti generiche.

Quali elementi sono cruciali per valutare la pericolosità sociale di un condannato ai fini della sanzione sostitutiva?
Gli elementi cruciali includono le modalità concrete dell’azione criminosa (ad esempio, la violenza e la disinvoltura), la gravità delle conseguenze, la presenza di precedenti penali specifici e la reazione del soggetto a precedenti benefici concessi (come la revoca di una sospensione condizionale della pena), che insieme delineano la personalità e l’affidabilità del condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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