Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 43222 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 43222 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di BOLOGNA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIOCOGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 marzo 2024 il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha rigettato il reclamo proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la decisione del Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia del 16 giugno 2023 in materia di impugnazione avverso la sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività in comune per dieci giorni inflitta dal Consiglio di disciplina, in data febbraio 2022, per un episodio del 16 gennaio 2022.
1.1. Il fatto all’origine dell’applicazione della sanzione consiste nel lancio di alcuni fogli, da parte di COGNOME, verso la cella di altro detenuto (NOME COGNOME) appartenente al medesimo gruppo di socialità.
COGNOME è esponente della ‘ndrangheta operante sulla costa tirrenica calabrese, COGNOME è appartenente a RAGIONE_SOCIALE.
La lettura dei fogli, da parte degli operatori di polizia penitenziaria, ha consentito di desumere che vi erano riportate alcune preghiere, oltre a una formula di promessa (con indicato il nome di NOME COGNOME) rievocante un rito di iniziazione o affiliazione a gruppi criminali.
La sanzione disciplinare, ai sensi dell’art. 77, n. 16) d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, è stata elevata in quanto il regolamento interno dell’Istituto prevede che lo scambio di beni consentiti possa avvenire tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità solo previa autorizzazione, nonché sulla scorta della Circolare DAP del 2 ottobre 2017 che stabilisce un divieto di scambio di libri e scritti tra detenuti sottoposti al regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen.
1.2. Pronunciandosi sulle censure sollevate dal condannato, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato come la possibilità per l’amministrazione penitenziaria di sottoporre a specifiche modalità di controllo lo scambio di beni tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità sia conforme all’assetto costituzionale e, più specificamente, a quanto deciso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 97 del 2020.
In quell’occasione è stata affermata la coerenza della normativa che consente all’amministrazione di sottoporre gli scambi di beni tra detenuti in regime speciale, ammessi al medesimo gruppo di socialità, a particolari modalità o limitazioni.
Fra queste, rientrano quelle relative al divieto di scambio di libri o copie parziali tra detenuti di cui alla Circolare DAP del 2 ottobre 2017 ovvero, come avvenuto nel caso in esame, le altre aventi ad oggetto le modalità degli scambi.
La disciplina è stata ritenuta conforme alla Costituzione e la relativa
questione di legittimità sollevata, nel presente procedimento, con memoria difensiva dell’Il marzo 2024 è stata giudicata manifestamente infondata.
La stessa Corte costituzionale, peraltro, ha indicato, fra le deroghe, proprio quella relativa allo scambio di libri o parti di libri di cui alla Circolare DAP del ottobre 2017, trattandosi di beni intrinsecamente idonei a mettere in pericolo le esigenze di tutela della collettività.
Pertanto, la previsione di una limitazione alla libera trasmissione degli scritti è stata ritenuta congrua e non eccentrica rispetto alla finalità del regime differenziato, oltre che proporzionata alla capacità dei beni di mettere a rischio gli interessi della collettività.
Il fondamento della contestazione è stato individuato proprio nella Circolare DAP sopra citata; da ciò è stata desunta l’assenza di ogni violazione circa la conoscibilità del precetto.
Peraltro, la modalità stessa della condotta di COGNOME e COGNOME è stata ritenuta indicativa della piena consapevolezza della natura illecita della condotta.
Con riferimento all’offensività della condotta, il Tribunale di sorveglianza ha segnalato come la sanzione abbia riguardato non il contenuto dello scritto, quanto, piuttosto, l’avvenuto scambio di oggetti senza autorizzazione.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge con riferimento agli artt. 69, comma sesto, 38, 39 ord. pen., 15, 77, n. 16 d.lgs. n. 230 del 2000, 25 e 27 Cost.
Ha riepilogato lo svolgimento del fatto per il quale si procede e segnalato come la sanzione sia stata inflitta in ragione della violazione del divieto di scambi di oggetti non autorizzati fra soggetti appartenenti al medesimo gruppo di socialità.
Ha ripercorso, sul punto, le considerazioni espresse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 97 del 2020 trascrivendone i passaggi ritenuti più significativi e la relativa declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 41 bis, comma 2-quater, lett. f), ord. pen. nella parte in cui ha fatto venir meno il divieto assoluto di scambio di beni tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità.
A seguito della sentenza, la Casa circondariale di Parma (ove il ricorrente era detenuto) ha regolamentato la materia prevedendo la necessità di un’apposita autorizzazione per lo scambio, tuttavia COGNOME non è stato mai messo a conoscenza della regola introdotta.
Conseguentemente, non potrebbe trovare applicazione la previsione di cui all’art. 77, n. 16 d.P.R. n. 230 del 2000, per come già segnalato nella richiesta originaria di annullamento della sanzione.
Né, per superare tale eccezione, potrebbe farsi ricorso alla previsione di cui all’art. 11.6 della Circolare DAP del 2 ottobre 2017, come fatto dal Tribunale bolognese in quanto la sanzione non è stata applicata sulla base di tale disposizione, né il fatto integra la fattispecie ivi considerata.
Ha motivato ampiamente sulla natura sanzionatoria, e dunque afflittiva, dell’esclusione dalle attività in comune evidenziando come si verta in tema di sanzione più grave fra quelle previste dall’art. 39 ord. pen.
Da ciò conseguirebbe l’applicabilità dei principi generali in tema di sanzioni, anche attraverso il richiamo all’art. 25 Cost., fra i quali quelli della conoscibilità delle norme, di irretroattività delle disposizioni sfavorevoli, determinatezza della sanzione, previsione della norma e divieto di applicazione analogica della stessa.
Fra tali principi anche quello della conoscibilità della disposizione disciplinare e della relativa sanzione, per come stabilito anche dall’art. 32 ord. pen. e desumibile dall’art. 23, comma 5, reg. es .
Il principio è stato illustrato con stretta connessione a quello della prevedibilità del sistema delle sanzioni rispetto ai comportamenti tenuti da ciascun detenuto.
Alla luce di tali rilievi, è stata ribadita l’impossibilità di qualificar sanzione ai sensi dell’art. 11.6 Circolare cit. per la ragione elementare che oggetto dello scambio non sono stati «libri o copie parziali di libri», bensì «fogli manoscritti a carattere stampatello» redatti manualmente dal ricorrente.
La vicenda, pertanto, andrebbe ricondotta allo scambio di beni di cui all’art. 15 d.P.R. n. 230 del 2000 suscettibile di applicazione anche ai detenuti in regime speciale ex art. 41 bis ord. pen. appartenenti al medesimo gruppo di socialità.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito violazione di norme processuali sotto il profilo dell’art. 125 cod. proc. pen., per essere l’ordinanza impugnata affetta dal vizio di motivazione apparente.
In particolare, con riferimento al contenuto del manoscritto, il ricorrente ha richiamato le considerazioni svolte davanti al Tribunale di sorveglianza di Bologna per mezzo di una memoria difensiva con la quale era stata contestata la valutazione di illiceità del manoscritto compiuta dal Magistrato di sorveglianza.
Sul punto, ha censurato la valutazione del Tribunale in quanto basata, essenzialmente, sull’avvenuto scambio di un oggetto proibito, ovvero sull’utilizzazione, quale veicolo di comunicazione, di un mezzo di trasmissione non ammesso.
Nonostante tale puntualizzazione, pure presente nel provvedimento impugnato, il Tribunale ha anche valorizzato (e in ciò il ricorrente ha ravvisato un difetto di motivazione) il contenuto dello scritto che è stato giudicato idoneo a «veicolare altro rispetto alle mere preghiere».
Ciò integrerebbe, in termini complessivi, il vizio di motivazione apparente avendo il Tribunale, da un lato, negato rilievo al contenuto del manoscritto e, dall’altro, valorizzato proprio quello stesso contenuto.
2.3. Con il terzo motivo è stata eccepita la violazione degli artt. 69, comma sesto, 38, 39 ord. pen., 25 e 27 Cost., sotto il profilo del principio di offensività.
Contrariamente a quanto ritenuto nell’ordinanza impugnata, anche nella materia in esame, la sanzione è subordinata alla concreta offensività della condotta.
L’omessa considerazione del profilo è stata ritenuta circostanza integrante violazione di legge.
2.4. Con il quarto motivo è stata eccepita la violazione degli artt. 69, comma sesto, 38, 39 ord. pen., 25 e 27 Cost., sotto il profilo del principio di proporzione.
Come già segnalato nella memoria difensiva, anche alla materia delle sanzioni disciplinari in contesto carcerario deve trovare applicazione il principio di proporzione tra fatto e sanzione anche in relazione ai principi di personalità della responsabilità e colpevolezza, pure applicabili alla materia di interesse.
Sul punto, è stata evidenziata la carenza totale di motivazione del Tribunale di sorveglianza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, limitatamente al profilo di seguito illustrato.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 69, comma 6, lett. a) e 35bis, comma 4bis, ord. pen. il ricorso per cassazione in materia di sanzioni disciplinari inflitte ai detenuti è consentito solo per violazione di legge.
Pertanto, con riferimento alla esatta delimitazione dei vizi deducibili, deve trovare applicazione il principio per cui «qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, è comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei
provvedimenti giurisdizionali (in applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto ammissibile il ricorso con il quale si denunciava la sostanziale inesistenza della motivazione di un’ordinanza di liquidazione del compenso a difensore di imputato ammesso al patrocinio dei non abbienti)» (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611).
Il primo e il terzo motivo del ricorso possono essere esaminati congiuntamente in quanto pongono la questione della conformità del provvedimento disciplinare impugnato allo schema legale (dedotta sotto più profili).
Si tratta, in primo luogo della legalità e prevedibilità della sanzione, nonché della coerenza della previsione della stessa rispetto alla violazione commessa, della fonte normativa, della conoscibilità effettiva del divieto violato e, infine, dell’osservanza del principio di offensività.
Su quest’ultimo aspetto, in particolare, il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato la riconducibilità della violazione alla disciplina di cui all’art. 11. della Circolare D.A.P. del 2 ottobre 2017 che integra la regolamentazione amministrativa del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen. e la desumibilità, dalle modalità concrete di svolgimento dei fatti, della conoscenza, da parte di COGNOME, della natura non consentita della condotta posta in essere mediante la consegna di fogli contenenti preghiere rievocanti rituali di iniziazione e affiliazione a organizzazione criminali.
Era ampiamente prevedibile, nella ricostruzione operata dal Tribunale di sorveglianza, che vi potesse essere una precisa risposta sanzionatoria da parte della Casa circondariale rispetto alla condotta posta in essere dal detenuto.
Su tale profilo si sofferma il provvedimento impugnato che ha cura di precisare anche la conformità a Costituzione della limitazione allo scambio di beni (e quindi anche di manoscritti) tra detenuti sottoposti al regime speciale ai sensi dell’art. 41 bis’ comma 2quater, lett. f), ord. pen. e ciò sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 97 del 2020, più volte citata dal ricorrente.
Per quanto rileva in questa sede, il quesito al quale ha dato risposta la Corte costituzionale è quello relativo al seguente punto: «se il divieto legislativo di scambiare oggetti, in quanto necessariamente applicato anche ai detenuti in regime differenziato appartenenti al medesimo gruppo di socialità, determini effetti congrui e proporzionati, sia rispetto alle finalità del regime stesso, sia ai limiti cui è soggetta la sua applicazione, quali delineati dalla costante giurisprudenza di questa Corte».
Nella sentenza citata la frizione della previsione del divieto di scambiare oggetti, nella parte in cui si applica anche ai detenuti inseriti nel medesimo
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gruppo di socialità, con l’art. 3 Cost. è stata ravvisata in quanto «non funzionale né congrua rispetto alla finalità tipica ed essenziale del provvedimento di sottoposizione del singolo detenuto al regime differenziato, consistente nell’impedire le sue comunicazioni con l’esterno».
La giustificazione secondo cui «il significato simbolico o convenzionale insito nell’oggetto scambiato potrebbe efficacemente tradursi, in ipotesi, in una comunicazione da veicolare all’esterno, magari in occasione di un colloquio con familiari o (negli eccezionali casi in cui è consentito) terze persone» è stata giudicata non convincente sotto il profilo della non congruità rispetto all’obiettivo perseguito.
Parimenti, la previsione è stata ritenuta non giustificata dalla finalità di impedire che «taluno degli appartenenti al gruppo possa acquisire, attraverso lo scambio di oggetti, una posizione di supremazia nel contesto penitenziario, simbolicamente significativa nell’ottica delle organizzazioni criminali e da comunicare, come tale, all’esterno del carcere»
Sotto tale aspetto è stata evidenziata la natura sproporzionata della limitazione, da ritenersi in contrasto con gli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.
Pur avendo operato la valutazione di illegittimità costituzionale del divieto assoluto e astratto del divieto di scambio di oggetti tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, caso coincidente con la fattispecie in esame, la Corte ha, comunque, affermato che «anche dopo la presente sentenza di accoglimento, in forza della disposizione di cui alla lettera a) del comma 2 – quater dell’art. 41-bis, ordin. penit. – secondo cui la sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 può comportare «l’adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna» – resterà consentito all’amministrazione penitenziaria di disciplinare le modalità di effettuazione degli scambi tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo (ad esempio, qualora concernenti oggetti di cui non sia consentita la detenzione durante i momenti di socialità, prevedendo in proposito una annotazione in appositi registri), nonché di predeterminare le condizioni per introdurre eventuali limitazioni (con riferimento a certi oggetti che, più di altri, si prestano ad essere veicolo di comunicazioni difficilmente decifrabili, come già previsto, ad esempio, per il divieto – già disciplinato dalla citata circolare DAP del 2ottobre 2017 in via autonoma rispetto a quello, AVV_NOTAIO, qui censurato – di scambiare libri o copie parziali tra detenuti). Naturalmente, tali limitazioni dovrebbero risultare giustificate da precise esigenze, da motivare espressamente, e sotto questi profili ben potrebbero essere sindacate, di volta in volta, in relazione al caso concreto, dal magistrato di sorveglianza, in attuazione di quanto disposto dagli artt. 35 -bis, comma 3, e 69, comma 6, lettera b), ordin. penit.».
Proprio in conformità al riportato percorso motivazionale della sentenza della Corte costituzionale, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto legittima la previsione del divieto di scambio di copie parziali di libri tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, proprio ai sensi dell’art. 41 bis, comma 2quater, lett. a), ord. pen. suscettibile di essere temperato, eventualmente, dall’autorizzazione della Casa circondariale sulla scorta del regolamento interno dell’istituto di Parma ove COGNOME è detenuto.
In tale meccanismo, in termini effettivi e certamente non apparenti, i giudici di merito ha ravvisato la piena conformità dello schema sanzionatorio disciplinare (ivi compreso il profilo dell’offensività espressamente censurato con il terzo motivo) alla sentenza della Corte costituzionale.
Né è dato ravvisa(e alcuna violazione relativa alla presunta riqualificazione da parte del Tribunale di sorveglianza della sanzione irrogata in termini difformi da quanto operato dalla Direzione in sede di applicazione della stessa.
Come già segnalato da questa Corte, «l’art. 77, comma 1, n. 16), reg. es . Ord. pen., costituisce una norma disciplinare in bianco, che permette l’irrogazione di una sanzione per l’inosservanza di ordini o prescrizioni antecedentemente impartite, il cui significato potesse essere – come sopra ragionevolmente compreso e rispettato (Sez. 1, n. 11308 del 12/10/2017, dep. 2018, Lo Piccolo, Rv. 272784).
Il precetto violato è stato individuato proprio nella previsione della preventiva autorizzazione allo scambio di beni da parte della Direzione, alla luce del divieto previsto dal citato art. 11.6 della Circolre D.A.P. del 2 ottobre 2017.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato e proposto per motivi non consentiti.
Invero, la, formalmente eccepita, violazione di legge, tende a mascherare una censura relativa alla persuasività della motivazione del provvedimento impugnato sul profilo della pericolosità del manoscritto oggetto dello scambio.
Sul punto, l’ordinanza si è ampiamente soffermata evidenziando come la preghiera (asseritamente lecita) fosse contenuta in un oggetto il cui scambio non era consentito con conseguente legittima conclusione che quello scambio era funzionale ad uno scopo eccentrico rispetto alla semplice invocazione religiosa.
In tal senso sono state richiamate le modalità della comunicazione e dell’inoltro di un messaggio in un plico secondo uno schema non permesso, anche alla luce delle giustificazioni addotte dal detenuto COGNOME e delle condotte successivamente poste in essere dallo stesso e da COGNOME.
Si tratta di motivazione sulla cui logicità non è consentito alcun sindacato da parte di questa Corte ai sensi dei, già segnalati, limiti alla propria cognizione
sopra riportati.
In tal senso, si richiama anche Sez. 6, n. 50946 del 18/09/2014, Catalano, Rv. 261590 quanto alla espressa esclusione della deducibilità del vizio di manifesta illogicità della motivazione nel caso in cui il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge.
5. E’ fondato il quarto motivo di ricorso.
Nel corso del procedimento davanti al Tribunale di sorveglianza, per come desumibile dallo stesso provvedimento impugnato (pag. 2), era stata sollevata espressamente la questione della proporzione della sanzione disciplinare inflitta sotto il duplice aspetto della natura e della durata.
La sollecitazione alla valutazione delle condizioni oggettive (natura e gravità del fatto, comportamento del soggetto) e soggettive (condizioni personali del detenuto) imposta dall’art. 38, comma terzo, ord. pen. è rimasta senza risposta alcuna da parte del Tribunale di sorveglianza.
Afferendo il profilo della proporzione a quello della legittimità della sanzione applicata nel caso concreto (sostanziatasi, peraltro, nell’applicazione della sanzione più grave della esclusione dalle attività in comune, ai sensi dell’art. 39 ord. pen.), è integrato il vizio di violazione di legge sotto il profilo del mancanza totale di tale requisito.
Da quanto esposto discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio, affinché, da parte del Tribunale di sorveglianza di Bologna, venga resa motivazione sotto il profilo della proporzione della natura della sanzione disciplinare inflitta e della sua durata.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla natura e alla durata della sanzione disciplinare , con rinvio per nuovo giudizio su tali punti al Tribunale di sorveglianza di Bologna.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 20/09/2024