Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27127 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27127 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CONTE NOME NOME a BITONTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/10/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona di NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza sopra indicata, il Tribunale di Sorveglianza di Palermo rigettava il reclamo, presentato nell’interesse di NOME COGNOME, avverso il provvedimento disciplinare che aveva irrogato la sanzione di 5 giorni di esclusione dalle attività ricreative e sportive in relazione al comportamento descritto nel rapporto disciplinare del 29 ottobre 2020, formalmente contestato il 3 novembre 2020.
In particolare, il Tribunale ha rigettato il reclamo ritenendo che le violazioni procedurali contestate non fossero ravvisabili all’esito dell’esame degli atti.
Avverso il suddetto provvedimento, NOME COGNOME ricorre per cassazione, tramite rituale ministero difensivo, sulla base di un unico motivo.
Con tale motivo, il ricorrente denuncia la violazione di legge, anche procedurale con relativo vizio motivazionale, degli artt. 81 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), 35-bis e 69, lett. a), legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.) per non aver il Tribunale tenuto conto delle violazioni procedurali contestate con il reclamo.
Il Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta, ha chiesto una dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, pertanto, passibile di una dichiarazione d’inammissibilità.
Come correttamente evidenziato in requisitoria dal Procuratore generale, “in tema di procedimento per l’applicazione di sanzioni disciplinari a carico di detenuti, l’omissione della previa contestazione dell’addebito da parte del direttore dell’istituto o la delega di tale adempimento al Comandante del reparto di polizia penitenziaria, incide sulla validità del provvedimento adottato soltanto quando abbia pregiudicato la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi e resta assorbita dalle comunicazioni date in proposito in limine all’udienza fissata per la decisione davanti al Consiglio di disciplina” (Sez. 1, n. 35562 del 11/07/2008, COGNOME, Rv. 241236, che ha affermato che “in tema di reclami concernenti il potere disciplinare dell’Amministrazione penitenziaria, l’omissione della previa contestazione dell’addebito al detenuto nelle forme
previste dalla normativa regolamentare – art. 81 d.P.R. n. 230 del 2000 spiega effetti sulla validità del provvedimento impugNOME solo quando sia stata pregiudicata la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi e resta assorbita dalle comunicazioni eventualmente data al proposto in limine dell’udienza disciplinare del Consiglio di disciplina, davanti al quale la convocazione può avvenire in ogni momento anche ad horas”), nonché l’eventuale violazione del diritto di difesa deve essere eccepita, a pena di decadenza, al momento dell’apertura dell’udienza davanti al Consiglio di disciplina, trovando applicazione le disposizioni dettate dall’art. 182, comma 2 e 3, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 13085 del 06/03/2020, COGNOME, Rv. 278894 – 01; Sez. 1, n. 30038 del 22/09/2020, Corso, Rv. 279733).
Il provvedimento, emesso in sede di reclamo e qui impugNOME, ha fatto puntuale richiamo al rispetto del termine contestato in ricorso in cui si deve rilevare come non risulti evidenziata alcuna doglianza specifica in relazione alle violazioni procedurali genericamente dedotte.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata si sottrae a qualsiasi censura, in questa sede prospettabile solo per violazione di legge, avendo il Tribunale dato conto, invece, del rispetto del rispetto dei termini e dei diritti di difesa del detenuto
Dalle considerazioni ora esposte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con conseguente la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000), di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 3/4/2024