Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28011 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Polistena il 29/05/1972
avverso l’ordinanza emessa il 22/10/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 ottobre 2024 il Tribunale di Sorveglianza di Bologna rigettava il reclamo proposto avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Reggio Emilia il 16 giugno 2023, con cui era stata respinta l’impugnazione presentata da NOME COGNOME detenuto sottoposto al regime speciale di cui all’art. 41-bis legge 26 giugno 1975, n. 354 (Ord. pen.), finalizzata a ottenere l’annullamento della sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività comuni per la durata di otto giorni irrogatagli dal Consiglio di disciplina della Casa circondariale di Parma il 12 novembre 2021.
La sanzione disciplinare controversa era stata irrogata ad NOME COGNOME in ragione del fatto che, come evidenziato nel rapporto n. 237/2021 del 25 ottobre 2021, alle ore 20.10 della stessa giornata, il detenuto aveva intrattenuto una conversazione non consentita con NOME COGNOME che era un soggetto detenuto nella stessa struttura penitenziaria dove era ristretto il ricorrente, nella quale era sottoposto al medesimo regime detentivo differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando tre, correlate, censure difensive.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la condotta intramuraria contestata ad NOME COGNOME non era compresa tra gli illeciti disciplinari sanzionati dal regolamento d’istituto vigente presso la Casa circondariale di Parma, non appartenendo NOME COGNOME alla stessa area criminale della quale faceva parte il ricorrente e non risultando esplicitato, nel rapporto da cui traevano origine gli addebiti controversi, il contenuto pregiudizievole per la sicurezza interna della conversazione accertata il 25 ottobre 2021.
Con il secondo e il terzo motivo di ricorso, di cui si impone un esame congiunto, si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguenti al fatto che era stata irrogata ad NOME COGNOME una sanzione disciplinare connotata da eccessività, senza che il detenuto potesse difendersi dagli addebiti contestatigli, che erano si ritenevano provati sulla base di un percorso valutativo assertivo e svincolato dalle emergenze del caso concreto.
Tali incongruità argomentative apparivano ancora più evidenti alla luce del fatto che il Tribunale di Sorveglianza di Bologna non aveva tenuto conto delle istanze istruttorie, ritenute decisive per la rivalutazione della vicenda disciplinare presupposta, che erano state indicate nella memoria difensiva trasmessa il 31 maggio 2024 ed erano state integralmente pretermesse dalla decisione censurata.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto da NOME COGNOME è infondato.
2. Deve, innanzitutto, ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la condotta intramuraria addebitata ad NOME COGNOME non risultava compresa tra gli illeciti disciplinari previsti da regolamento d’istituto vigente nella Casa circondariale di Parma, non appartenendo NOME COGNOME alla stessa area criminale della quale faceva parte il ricorrente – individuata in una ‘ndrina di Gioia Tauro – e non essendo esplicitato il contenuto pregiudizievole per la sicurezza interna della conversazione intrattenùta.
Osserva il Collegio che l’atto di impugnazione proposto da NOME COGNOME non individua singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura giurisdizionale, ma, pur nella pregevolezza dei suoi riferimenti ermeneutici, nazionali e sovranazionali, tende a provocare la rivalutazione della vicenda disciplinare presupposta, che risulta vagliata dal Tribunale di sorveglianza di Bologna nel rispetto delle emergenze processuali e del contenuto del rapporto n. 237/2021 del 25 ottobre 2021, redatto dagli agenti della Polizia penitenziaria di Parma.
L’ordinanza impugnata, a ben vedere, ha correttamente valutato il compendio informativo e lo svolgimento del procedimento all’esito del quale, con provvedimento del 12 novembre 2021, il Consiglio di disciplina della Casa circondariale di Parma irrogava ad NOME COGNOME la sanzione disciplinare dell’esclusione dalle attività comuni per la durata di otto giorni.
Il Tribunale di sorveglianza di Bologna, invero, muovendo dalla disamina del rapporto disciplinare presupposto, evidenziava la regolarità della procedura di contestazione seguita nel caso di specie e l’assenza di contestazioni effettuate
dal detenuto davanti al Consiglio di disciplina, che aveva posto il ricorrente nelle condizioni di difendersi dagli addebiti ascrittigli, ex art. 77, nn. 9 e 16, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230.
Dal rapporto disciplinare in questione, infatti, si evinceva che NOME COGNOME e NOME COGNOME, alle ore 20.10 del 25 ottobre 2021, dopo essersi incontrati e salutati, si erano messi a parlare, utilizzando fortemente toni allusivi, smentendo, sul piano fattuale, l’assunto difensivo, A pagina 1 del provvedimento impugnato, in particolare, il Tribunale di sorveglianza di Bologna precisava che la «conversazione iniziava con un saluto del COGNOME che chiamava per nome il NOME; il COGNOME diceva all’altro di dare un’occhiata all’art. 27 di comunicarlo agli altri detenuti; quindi asseriva che il regime del 41 bis non può protrarsi per legge oltre i cinque anni [..1».
In questa, incontroversa, cornice fattuale, come detto, non contestata nel procedimento svoltosi davanti al Consiglio di disciplina della Casa circondariale di Parma, non si può che richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 46051 del 04/11/2004, COGNOME, Rv. 230206 – 01, correttamente applicato dal Tribunale di sorveglianza di Bologna, secondo cui: «L’ambito del controllo demandato al magistrato di sorveglianza in sede di decisione sul reclamo proposto dal detenuto avverso l’irrogazione di una sanzione disciplinare è circoscritto alla verifica dell’osservanza delle norme riguardanti l’esercizio del relativo potere, la costituzione e la competenza dell’organo che ha irrogato la sanzione, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa».
Si muove, del resto, nella stessa direzione ermeneutica il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 4776 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 249561 – 01, secondo cui: «L’ambito del controllo demandato al magistrato di sorveglianza in sede di decisione sul reclamo proposto dal detenuto avverso l’irrogazione di una sanzione disciplinare è circoscritto alla verifica dell’osservanza delle norme riguardanti l’esercizio del relativo potere, la costituzione e la competenza dell’organo che ha irrogato la sanzione, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa, restando estranea ogni questione attinente al merito della sanzione».
Le considerazioni esposte impongono di ribadire l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Dall’infondatezza del primo motivo di ricorso discende l’infondatezza delle due residue doglianze, delle quali si impone una trattazione congiunta, con cui si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, conseguenti al fatto che era stata irrogata ad NOME COGNOME una
sanzione disciplinare connotata da eccessività, senza che il detenuto potesse difendersi dagli addebiti contestatigli, che ererrrO si ritenevano provati sulla base di un percorso valutativo assertivo e svincolato dalle emergenze del caso concreto, che erano state disattese dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna nonostante la presentazione di un’apposita memoria difensiva, trasmessa il 31 maggio 2024, integralmente pretermessa.
Non si può, in proposito, non ribadire che la misura della sanzione disciplinare irrogata ad NOME COGNOME appariva pienamente conforme agli addebiti ascritti al detenuto, ai sensi degli art. 77, nn. 9 e 16, d.P.R. n. 230 del 2000, n. 230, peraltro dallo stesso nemmeno contestati, discendendo dall’elevato disvalore della sua condotta intramuraria. La mancata contestazione degli addebiti disciplinari nell’apposita sede procedimentale, tra l’altro, rende privO ldi rilievo la doglianza relativa alla pretermissione della memoria difensiva, trasmessa al Tribunale di sorveglianza di Bologna, nell’interesse del ricorrente, il 31 maggio 2024
Non può, in proposito, non rilevarsi, in linea con quanto si è già affermato nel paragrafo precedente, che la conversazione intrattenuta dal ricorrente con NOME COGNOME, nella serata del 25 ottobre 2021, si svolgeva con toni palesemente allusivi, che destavano i sospetti degli operatori di Polizia penitenziaria della Casa circondariale di Parma, anche alla luce del fatto che i due colloquianti erano sottoposti al medesimo regime differenziato di cui all’art. 41-bis Ord. pen. e conversavano di argomenti influenti sulla popolazione detenuta nella loro mede’sima condizione carceraria.
L’elevato disvalore del comportamento intramurario di NOME COGNOME dunque, giustificava l’irrogazione della sanzione disciplinare oggetto di vaglio giurisdizionale e impedisce di ritenere concretizzata la violazione dei parametri umanitari di cui all’art. 3 CEDU, diffusamente, ma impropriamente, richiamati dalla difesa del ricorrente.
A ulteriore conferma di queste conclusioni non può non rilevarsi che sulle sanzioni disciplinari al magistrato di sorveglianza è preclusa ogni valutazione del merito dell’infrazione valutata, dovendosi richiamare il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 3006 del 28/04/1997, Bucinca, Rv. 207679 – 01, risalente ma insuperato, che si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità già richiamata (Sez. 1, n. 4776 del 25/01/2011, COGNOME, Rv. 249561 – 01; Sez. 1, n. 46051 del 04/11/2004, Gangi, cit.), secondo cui: «In sede di decisione sul reclamo avverso l’irrogazione di una sanzione disciplinare, il magistrato di sorveglianza deve limitarsi ad effettuare un controllo di legittimità e di merito del provvedimento adottato dall’Amministrazione penitenziaria, stante la natura
meramente amministrativa di questo, sia per l’autorità dalla quale pronnana, sia per il suo intrinseco contenuto. Conseguentemente, il compito di detto
magistrato è circoscritto alla verifica dell’osservanza delle norme riguardanti l’esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell’organo
disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facoltà di discolpa».
Queste ragioni impongono di ribadire l’infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso, esaminati congiuntamente.
4. Le considerazioni esposte impongono il rigetto del ricorso proposto da
NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 15 luglio 2025.