Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10660 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10660 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DURANGO COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15.12.2022 la Corte d’appello di Venezia ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Vicenza aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole dei reati di cui agli artt. 189, commi 6 e 7, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, unificati dal vincolo della continuazione, e lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi uno dei reclusione, oltre alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per anni uno e mesi sei con il beneficio della sospensione condizionale della pena.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio in quanto in data 9 marzo 2014 in Villaverla, alla guida di un’autovettura di proprietà di terzi, dopo aver causato un sinistro stradale del quale era rimasta vittima COGNOME NOME, che riportava delle lesioni, non si fermava ed anzi si dava alla fuga, omettendo di prestare soccorso alla vittima dell’incidente.
Entrambi i giudici di merito hanno ritenuto pacifica la dinamica dei fatti nonché la circostanza che l’imputato fosse consapevole di aver causato un incidente, allontanandosi volutamente dal luogo del sinistro.
Avverso la sentenza d’appello l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Con il primo motivo deduce la violazione di legge in relazione al divieto di reformatio in peius di cui all’art. 597, comma 3, cod.proc.pen. in ordine alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospenslione della patente di guida ex art. 606, comma 1, lett. b) cod.proc.pen.
Rileva che, in assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, la Corte d’appello ha riformato in termini peggiorativi la sentenza di primo grado con riferimento alla durata della sospensione della patente di guida applicando per ognuno dei reati ascritti all’imputato la relativa sanzione amministrativa e conteggiando la durata complessiva con operazione di cumulo materiale così violando il principio del divieto di reformatio in peius di cui all’art. 597 comma 3, cod.proc.pen.
Con il secondo motivo deduce l’inosservanza di norma giuridica in relazione alla mancata applicazione della disciplina del cumulo giuridico delle sanzioni amministrative, in violazione di quanto previsto dalla I. n. 689 del 1981 essendo state violate più disposizioni che prevedono sanzioni amministrative con un’unica azione o omissione ex art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata quanto alla disposta maggior durata della sospensione della patente di guida.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso, da valutarsi congiuntamente in quanto afferenti alla medesima questione, sono manifestamente infondati.
Ed invero il divieto di reformatio in peius, posto dal comma 3 dell’art. 597 cod. proc. pen. nel caso di impugnazione proposta dal solo imputato, attiene alle sole ipotesi di aggravamento – per specie o per quantità – della pena principale, di applicazione di nuova o più grave misura di sicurezza, di pronunzia di proscioglimento con formula meno favorevole o di revoca di benefici, mentre non riguarda l’applicazione in appello di nuova o più grave sanzione amministrativa accessoria, come la sospensione della patente di guida, consequenziale alla sentenza di condanna e la cui irrogazione costituisce atto dovuto in quanto imposto dalla norma incriminatrice (cfr., in senso analogo, quanto affermato da Sez. 3, n. 38471 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 277836, per l’ordine di rimessione in pristino conseguente alla condanna per il reato di cui all’art. 181, comma 2, del d. Igs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, e da Sez. 5, n. 13812 del 11/11/1999, COGNOME ed altro, Rv. 214608, in tema di ordine di demolizione della costruzione abusiva impartito dal giudice ai sensi dell’art 7 della legge 28.2.1985 n. 47, trattandosi non di pena accessoria, ma di sanzione amministrativa di tipo ablatorio, consequenziale alla sentenza di condanna e la cui irrogazione costituisce atto dovuto).
Si é da ultimo sostenuto che nel caso di appello proposto dal solo imputato, non integra violazione del divieto di “reformatio in peius” l’irrogazione, in relazione a reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2-bis, cod. strada, della revoca della patente di guida in luogo della sua sospensione, disposta in primo grado. (In motivazione, la Corte ha chiarito che il divieto di cui alrart. 597 comma 3, cod. proc. pen. riguarda i casi di aggravamento della pena, di applicazione di una più grave misura di sicurezza, di pronuncia di proscioglimento con formula meno favorevole o di revoca dei benefici e non quello di irrogazione di una nuova o più grave sanzione amministrativa accessoria, imposta dalla norma incriminatrice) (Sez. 4, n. 32248 del 28/06/2022, Rv. 283523).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo.
Ed invero, in tema di circolazione stradale, il giudice, se pronuncia condanna per una pluralità di violazioni del codice della strada, che comportano l’applicazione
della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, deve determinarne la durata complessiva, effettuando la somma dei vari periodi di sospensione previsti per ciascun illecito, dovendosi escludere l’applicabilità sia dell’art. 8, legge 24 novembre 1981, n. 689, che riguarda esclusivamente le sanzioni amministrative proprie e non quelle accessorie ad una sentenza penale di condanna, sia delle discipline tipicamente penalistiche finalizzate a limitare l’irrogazione di pene eccessive, come nel caso dell’art. 81 cod. pen. (Sez. 4, n. 6912 del 12/02/2021, Rv. 280544 ).
In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.
Segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13.2.2024