Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1258 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1258 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME VincenzoCOGNOME nato a Vallo della Lucania il 6/11/1964;
NOME COGNOME nato a Stella Cilento il 29/08/.1959;
COGNOME COGNOME nato a Salerno il 21/08/1967,
avverso l’ordinanza del 15/05/2023 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/05/2023, la Corte di appello di Salerno, giudice dell’esecuzione, rigettava il ricorso per la revoca dell’ordine di remissione in pristino rispetto all’immobi proprietà degli odierni ricorrenti.
Avverso tale sentenza propongono, tramite il comune difensore, ricorso congiunto gli incisi dal predetto provvedimento, lamentando:
2.1. Con il primo motivo, inosservanza di norme previste a pena di nullità, e segnatamente dell’articolo 666, comma 5 cod. proc. pen. e 185 disp. att. cod. proc. pen., per violazione de principio del contraddittorio. L’ordinanza, infatti, si basa su una relazione di consulenza tecni
fatta redigere dal pubblico ministero da parte dell’Ing. NOME COGNOME senza contraddittorio, i violazione dell’articolo 666 del codice di rito, il quale prevede che, se il giudice dell’esecuz intende assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ritenendo che erroneamente la Corte di appello salernitana abbia ignorato la questione della c.d. «sanatoria paesaggistica» delle opere edili di cui alla sentenza penale, alla luce della sentenza del T.A.R Campania n. 833/2000.
2.3. Con il terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ritenendo che erroneamente la Corte di appello salernitana abbia ignorato la questione della c.d. «sanatoria paesaggistica» delle opere edili realizzate successivamente alla sentenza penale.
In data 6 ottobre 2023, l’Avv. NOME COGNOME per i ricorrenti, fac:eva pervenire memoria con cui insisteva nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La previsione di cui all’articolo 666, comma 5, cod., proc. pen. è rivolta a disciplinare l’ipo in cui sia il giudice ad assumere le prove, mentre nel caso di specie la Corte di appello h semplicemente acquisito degli «elementi di prova» forniti dal pubblico ministero.
Nel caso di specie, emerge dagli atti come il giudice dell’esecuzione abbia fissato l’udienza camerale per la data del 16 marzo 2023. In quella circostanza, gli istanti si sono limitati chiedere termine per depositare istanza di compatibilità ambientale presso la Soprintendenza, senza nulla dedurre in ordine all’acquisizione delle relazioni di consulenza redatta dal pubblic ministero (le quali, non essendo atti irripetibili, ben potevano essere eseguite senz contraddittorio), ovvero avanzare richiesta di perizia (questa sì, da assumere in contraddittorio)
Il motivo è quindi manifestamente infondato.
Il secondo e il terzo motivo possono essere analizzati congiuntamente.
Essi sono manifestamente infondati.
3.1. Questa Corte (Sez. 3, n. 23427 del 29/04/2022, Sharov, n.m.) ha chiarito che, eccettuate le limitate fattispecie previste dal comma 4 dell’art. 167 d.lgs. n. 42/2004, in presen di un vincolo paesaggistico è precluso il rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex art. 36, d.P.R. n. 380 del 2001, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma previsto dall’ art. 146, d.lgs. n. 42/2004. L’eventuale emissione dell’autorizzazione paesaggistica non produce alcun effetto estintivo dei reati né impedisce l’emissione dell’ordine di rirriessione in pristin
L’articolo 167 del D. Igs. 42/2004, a sua volta, prevede che in caso di violazione degli obblighi e degli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza del decreto, il trasgressore è sempre te alla rimessione in pristino a proprie spese
Il comma 4 introduce tuttavia una deroga, prevedendo che l’autorità amministrativa competente accerta la «compatibilità paesaggistica», secondo le procedure di cui al comma 5, nei casi dei c.d. «abusi minori» di cui all’art. 181-ter del medesimo testo normativo, e cioè: i lavori realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati; l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica e, infine, i configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’art. 3 del T.U. edilizia.
Questi sono, quindi, gli unici interventi rispetto ai quali l’ordinamento giuridico ammet un’autorizzazione paesaggistica postuma (c.d. «sanatoria ambientale»), e ciò in quanto si tratta di interventi evidentemente connotati da uno scarso impatto sul territorio.
In ogni caso, anche in caso di rilascio dell’autorizzazione postuma, spetta sempre al giudice l’accertamento dei presupposti di fatto e di diritto legittimanti l’applicazione del cosidd «condono ambientale» (Sez. 3, n. 13730 del 12/01/2016 – dep. 06/04/2016, Principato, Rv. 266955 – 01; in senso conforme: Sez. 3, n. 889 del 29/11/2011 – dep. 1:3/01/2012, COGNOME, Rv. 251640 – 01; Sez. 3, n. 27750 del 27/05/2008 – dep. 08/07/2008, COGNOME, Rv. 240822 – 01; più recentemente, Sez. 3, n. 36454 del 31/05/2019 – dep. 27/08/2019, COGNOME, Rv. 276758 – 01).
3.2. Ciò premesso, nel caso di specie i giudici dell’esecuzione hanno fatto buon governo del sopra richiamato principio giurisprudenziale laddove hanno rilevato da un lato l’assenza di autorizzazione paesaggistica postuma (pag. 4); dall’altro, sottolineato la evidente prognosi sfavorevole in ordine ad un suo possibile rilascio (pag. 5), posto che le opere realizzate dagl odierni ricorrenti (trasformazione di un vano tecnico interrato in un volume fuori terra) hann evidentemente determinato un aumento di volumi e di superfici utili, risultando pertanto escluse dall’ambito applicativo del c.d. «condono ambientale».
Pertanto, la realizzazione di uno sbancamento che aveva portato fuori terra il seminterrato con creazione di accesso e finestre in zona vincolata sarebbe stata legittima solo in presenza di una previa autorizzazione ex art. 146 D.Igs. 42/2004.
Sotto il profilo paesaggistico, dunque, quella realizzata dagli odierni ricorrenti è da riten un’opera abusiva, in quanto realizzata in assenza della relativa autorizzazione, non suscettibile di condono ambientale, avendo essa evidentemente determinato la creazione di un volume nuovo.
In tal caso, la Corte ha stabilito il principio che un eventuale rilascio postu dell’autorizzazione paesaggistica al di fuori dei limiti di in cui essa è consentita ai sensi del 167, commi 4 e 5, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, non consentendo la sanatoria urbanistica ex art. 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, non produce alcun effetto estintivo dei reati edilizi
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preclude l’emissione dell’ordine di rimessione in pristino dell’immobile abusivo edificato in zon vincolata (Sez. 3, n. 190 del 12/11/2020, Susana, Rv. 281131 – 01), principio che può certamente applicarsi al caso di specie, in cui la sanatoria paesaggistica non è – peraltro – ancora stata richiesta e quindi nessuna efficacia sanante può essersi verificata.
3.3. Da ultimo, il riferimento alla sentenza del Tribunale Regionale Amministrativo della Campania, Sezione di Salerno, n. 833/2000, che avrebbe annullato gli atti amministrativi impugnati, e cioè l’ordinanza n.717/1993 di sospensione dei lavori e l’ordinanza n.718/1993 di ingiunzione alla demolizione del manufatto, è inconferente; ed infatti, coglie nel segno Procuratore generale laddove evidenzia come, correttamente, il giudice ha rilevato che lo status quo dell’immobile è tale da risultare in condizioni diverse da quelle verificate in preceden procedimenti dell’Autorità giudiziaria amministrativa e che, pertanto, non appare sanabile per il verificato aumento della volumetria utile da valutarsi alla stregua della normativa paesaggistica.
Anche tale profilo è pertanto inammissibile.
I ricorsi, pertanto, devono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 1 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila per ciascun ricorrente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/10/2023.