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Sanatoria paesaggistica: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di demolizione. La sentenza chiarisce che la sanatoria paesaggistica non è applicabile per abusi edilizi che comportano la creazione di nuovi volumi o superfici utili in aree vincolate, ribadendo i limiti stringenti del cosiddetto “condono ambientale”.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanatoria paesaggistica: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1258 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in materia edilizia e ambientale: i limiti della sanatoria paesaggistica. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: non è possibile sanare opere abusive che hanno comportato un aumento di volume o di superfici utili in un’area soggetta a vincolo paesaggistico. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda i proprietari di un immobile che si sono visti rigettare dalla Corte di Appello la richiesta di revoca di un ordine di “remissione in pristino”, ovvero di demolizione delle opere abusive. L’abuso contestato consisteva nella trasformazione di un vano tecnico interrato in un volume fuori terra, con conseguente creazione di nuove superfici e volumi abitabili. I proprietari hanno deciso di ricorrere in Cassazione, contestando la decisione del giudice dell’esecuzione.

I Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno basato il loro appello su tre motivi principali:

1. Violazione del contraddittorio: Sostenevano che la decisione fosse illegittima perché basata su una consulenza tecnica fatta redigere dal pubblico ministero senza un adeguato confronto processuale, violando così il loro diritto di difesa.
2. Errata valutazione della sanatoria paesaggistica: Lamentavano che la Corte di Appello avesse ignorato la possibilità di ottenere una sanatoria per le opere edili, anche alla luce di una precedente sentenza favorevole del Tribunale Amministrativo Regionale (T.A.R.).
3. Omessa considerazione delle opere successive: Contestavano che il giudice non avesse considerato la possibilità di sanare anche le opere realizzate successivamente alla sentenza penale originaria.

La Decisione della Corte sulla Sanatoria Paesaggistica

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni dei ricorrenti. La Corte ha chiarito che il principio del contraddittorio non era stato violato, in quanto il giudice si era limitato ad acquisire elementi di prova forniti dal pubblico ministero. Durante l’udienza, i ricorrenti avrebbero potuto contestare tali elementi o richiedere una perizia, ma non lo hanno fatto.

Il cuore della decisione, tuttavia, riguarda l’impossibilità di applicare la sanatoria paesaggistica al caso di specie. I giudici hanno sottolineato come la normativa (in particolare l’art. 167 del D.Lgs. 42/2004) consenta la sanatoria postuma solo per i cosiddetti “abusi minori”.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione normativa. La legge permette di regolarizzare a posteriori solo interventi che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, oppure un aumento di quelli già esistenti. Nel caso esaminato, la trasformazione di un locale interrato in un volume fuori terra ha inequivocabilmente creato nuovo volume e nuova superficie, uscendo così dall’ambito degli abusi minori sanabili.

La Corte ha specificato che la realizzazione di uno sbancamento per portare fuori terra un seminterrato, creando accessi e finestre, costituisce un’opera che richiede una preventiva autorizzazione paesaggistica. Realizzarla in assenza di tale autorizzazione la rende un’opera abusiva non suscettibile di “condono ambientale”. Anche il riferimento alla precedente sentenza del T.A.R. è stato giudicato irrilevante, poiché lo stato attuale dell’immobile, con la sua volumetria aumentata, era diverso da quello esaminato in sede amministrativa.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: la tutela del paesaggio non ammette deroghe per interventi edilizi che ne alterino significativamente lo stato. La sanatoria paesaggistica non è uno strumento per legalizzare qualsiasi abuso, ma una procedura eccezionale riservata a interventi di impatto minimo. Chi realizza opere che comportano un aumento di volume in area vincolata non può sperare in una regolarizzazione postuma e resta soggetto all’ordine di demolizione e ripristino dei luoghi, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile ottenere una sanatoria paesaggistica per un’opera che ha creato un nuovo volume abitabile in un’area vincolata?
No, la sentenza chiarisce che la sanatoria paesaggistica è ammessa solo per i cosiddetti “abusi minori”, cioè lavori che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi, né l’aumento di quelli legittimamente realizzati.

La decisione di un giudice può basarsi su una consulenza tecnica del Pubblico Ministero senza violare il diritto di difesa?
Sì, secondo la Corte, se il giudice acquisisce la consulenza come “elemento di prova” e le parti hanno la possibilità, durante l’udienza, di contestarla, presentare memorie o richiedere una propria perizia. La violazione del contraddittorio non si verifica se la parte interessata non sfrutta queste opportunità processuali.

Una precedente sentenza favorevole del T.A.R. può giustificare un abuso edilizio successivo e più grave?
No, la legittimità di un immobile deve essere valutata in base al suo stato attuale (“status quo”). Se, dopo una sentenza amministrativa, vengono realizzate ulteriori opere abusive che aggravano la situazione (come un aumento di volume), queste saranno giudicate autonomamente e non potranno essere “coperte” dalla precedente decisione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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