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Sanatoria condizionata: perché è illegittima per la legge

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5486/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di demolizione. Il caso verteva su una richiesta di ‘sanatoria condizionata’, ovvero la legalizzazione di un immobile abusivo subordinata a futuri lavori di demolizione parziale. La Corte ha stabilito che tale pratica è illegittima, poiché la sanatoria richiede che l’opera sia già pienamente conforme alla normativa urbanistica al momento della richiesta, non che lo diventi in futuro. La decisione si fonda sul principio che la sanatoria è una verifica di conformità ex post, non un permesso a costruire condizionato.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sanatoria Condizionata: La Cassazione Conferma l’Illegittimità

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 5486 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di abusi edilizi: la cosiddetta sanatoria condizionata. Questa pratica consiste nel chiedere la legalizzazione di un immobile abusivo, subordinando l’approvazione all’impegno di eseguire in futuro opere di adeguamento, come la demolizione di parti non conformi. La pronuncia in esame offre importanti chiarimenti, ribadendo un principio consolidato: non si può sanare un abuso con una promessa. L’immobile deve essere già conforme al momento della richiesta, non diventarlo in un secondo momento.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla richiesta di un privato di sospendere un ordine di demolizione parziale, divenuto irrevocabile, per un manufatto abusivo. A sostegno della sua istanza, presentata tramite un incidente di esecuzione, il ricorrente aveva addotto la pendenza di una richiesta di permesso di costruire in sanatoria presso l’amministrazione comunale. Il Tribunale competente, tuttavia, aveva rigettato la richiesta di sospensione, spingendo il privato a ricorrere in Cassazione.

Le Doglianze del Ricorrente

Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti. In primo luogo, contestava la decisione del Tribunale basata sul ‘silenzio-rifiuto’ del Comune, formatosi dopo il decorso di sessanta giorni senza una pronuncia esplicita sull’istanza di sanatoria. A suo avviso, il giudice penale avrebbe dovuto comunque valutare autonomamente e nel concreto la possibilità di sanare l’abuso. In secondo luogo, accusava il Tribunale di aver motivato la propria decisione in modo insufficiente, aderendo acriticamente alle conclusioni del tecnico comunale senza entrare nel merito del progetto di sanatoria presentato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla sanatoria condizionata

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando le argomentazioni della difesa e confermando la correttezza della decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno chiarito che il rigetto non si basava unicamente sul silenzio-rifiuto del Comune. Il Tribunale, infatti, aveva valorizzato altri elementi probatori decisivi, tra cui la testimonianza di un tecnico che aveva confermato la non sanabilità dell’opera a causa dei vincoli urbanistici presenti nella zona. Inoltre, lo stesso consulente di parte del ricorrente aveva ammesso che la sopraelevazione realizzata oltre il terzo piano non era sanabile.

Il punto centrale della sentenza, tuttavia, risiede nella qualificazione giuridica della richiesta avanzata: una sanatoria condizionata alla demolizione parziale dell’edificio. La Cassazione ha ribadito un orientamento granitico: il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria subordinato all’esecuzione di futuri interventi è illegittimo. La ratio della sanatoria, infatti, è quella di regolarizzare opere che, sebbene realizzate senza titolo, risultano già conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della loro realizzazione sia al momento della presentazione della domanda. La sanatoria è una fotografia dell’esistente, non un progetto per il futuro. Non può, quindi, essere utilizzata per legittimare un’opera che diventerà conforme solo dopo ulteriori lavori. Questa subordinazione contrasta ontologicamente con la natura stessa dell’istituto, che presuppone una conformità attuale e integrale.

Conclusioni

La sentenza in commento rafforza un principio fondamentale del diritto urbanistico: la legalizzazione di un abuso edilizio non ammette scorciatoie o impegni futuri. La conformità dell’opera deve essere piena e attuale. La sanatoria condizionata non è uno strumento valido per sospendere o revocare un ordine di demolizione. Questa decisione serve da monito per chi intende percorrere questa strada, chiarendo che le istanze palesemente infondate non solo verranno respinte, ma comporteranno anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La lotta all’abusivismo edilizio passa anche attraverso la rigorosa applicazione di questi principi, che impediscono di eludere le conseguenze di un illecito con espedienti procedurali.

È possibile ottenere una sanatoria per un abuso edilizio se mi impegno a demolire la parte non conforme in futuro?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la cosiddetta ‘sanatoria condizionata’ all’esecuzione di futuri interventi di adeguamento è illegittima. La sanatoria può essere concessa solo se l’opera è già integralmente conforme alla disciplina urbanistica al momento della presentazione della domanda.

Il silenzio del Comune su una richiesta di sanatoria vincola la decisione del giudice sulla demolizione?
No, il silenzio-rifiuto è un elemento rilevante, ma non l’unico. Il giudice, nell’ambito dell’esecuzione penale, deve compiere una valutazione autonoma sulla concreta sanabilità dell’abuso, basandosi su tutte le prove disponibili, come perizie tecniche, testimonianze e la documentazione prodotta dalle parti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione in questa materia?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata, secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in € 3.000,00.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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