Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16680 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16680 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nato a Napoli il 08/01/1956; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la sentenza del 29/04/2024 della Corte di appello di Napoli; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; COGNOME che ha lette le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza di cui in epigrafe, la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del 25.10.2022 del tribunale di Napoli, con cui COGNOME NOME era stato condannato in ordine al reato di cui all’art. 44 comma 1 lett. b) del DPR 380/01.
Avverso la predetta sentenza COGNOME Raffaele ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di impugnazione.
Si contesta, con il primo, la mancata sospensione dell’azione penale ex art. 45 del DPR 380/01 a fronte della avvenuta presentazione, in data 22.7.2024, di una istanza di sanatoria in ragione del DL 69/04 convertito in legge 105/2024.
Con il secondo deduce il vizio di violazione di legge in ordine alla applicazione dell’art. 597 cod. proc. pen. e 81 c.p., atteso che a fronte delle
deduzioni di gravame proposte avverso la prima sentenza in punto di pena, per la mancata indicazione della pena base e della pena relativa al reato satellite oltre che dei criteri a supporto del trattamento sanzionatorio stabilito, la corte di appello avrebbe colmato le illegittime lacune di primo grado rideterminando la pena base e calcolando la misura dell’aumento per il cumulo giuridico seguendo propri criteri di dosimetria della pena, nonostante la nullità della prima sentenza per le ragioni prima citate, con violazione del principio devolutivo e del divieto di reformatio in peíus, non potendosi stabilire se la pena base fissata dal primo giudice, ancorchè non esplicitata, fosse minore di quella stabilita dal secondo.
Con il terzo motivo rappresenta il vizio di violazione di legge e la insufficiente motivazione in ordine all’art. 81 cpv. c.p. Non sarebbero logiche né sufficientemente motivate le decisioni a supporto della determinazione della pena e degli aumenti ex art. 81 c.p. Non vi sarebbe indicazione della pena del reato satellite, e tanto anche alla luce della circostanza per cui sarebbe emerso un intervento conforme alla disposizioni urbanistiche, così da rinvenirsi un mero reato formale. La pena sarebbe anche in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche, per le quali non si sarebbe specificato se concesse o meno per entrambi i reati contestati, e la motivazione di essa sarebbe altresì viziata a fronte di una sperequazione tra pena base e pena del reato satellite.
Il difensore ha altresì trasmesso una richiesta comunale di integrazione di documentazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile, siccome generico sia in ordine alla tipologia della istanza di sanatoria che sarebbe stata presentata, atteso che non si spiega, a fronte di una contestazione che riguarda la creazione senza titolo di una nuova superficie sopraelevata all’interno di un preesistente locale, ben lontana da opere in difformità parziale o da variazioni essenziali ex art. 36 bis DPR 380/01, cosa si sia inteso sanare e nel quadro di quale tipologia di intervento; sia in ordine alla pertinenza della domanda di sanatoria rispetto al tipo di reato emerso. Va ribadito che non si tratta di esaminare in questo caso una oggettiva e precisa quanto sopravvenuta causa di estinzione del reato, bensì di valutare innanzitutto la sussistenza o meno di una domanda di sanatoria pertinente rispetto alla tipologia dell’abuso rinvenuto, posta la varietà delle fattispecie di sanatoria edilizia e la limitata novità della novella sul punto intervenuta, quanto alla eliminazione del requisito della doppia conformità, siccome circoscritta alla sola ipotesi di abusi realizzati in parziale difformità o a casi di variazioni essenziali. Ipotesi, entrambe,
si noti bene, che presuppongono che sia stato rilasciato un titolo edilizio e nel corso della sua efficacia, e non al suo cessare, si siano realizzare parziali difformità o variazioni del tipo di quelle contemplate dall’art. 36 bis del DPR 380/01 che pare evocato in ricorso. Laddove invece, nel caso di specie emerge, incontestata, lo si ribadisce, la realizzazione sine titulo di un intervento richiedente il permesso dì costruire, assente. Quanto alla documentazione inoltrata successivamente al ricorso è sufficiente rilevare la inammissibiità della sopravenuta parziale e non illustrata documentazione, non esaminabile, come dovrebbe essere noto, in sede di legittimità, a fronte di una così generica deduzione.
Riguardo al secondo motivo, va ribadito il principio correttamente affermato dal giudice di appello, secondo il quale in tema di appello, il giudice del gravame, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto e conformemente al principio di integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado, può integrare la motivazione della sentenza impugnata che non abbia specificato il calcolo effettuato per giungere alla pena finale, trattandosi di lacuna motivazionale che non dà luogo ad alcuna nullità. (Fattispecie in cui il primo giudice non aveva esplicitato la pena base e l’entità della diminuzione su di essa operata per effetto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche). (Sez. 3 – , n. 9695 del 09/01/2024 Rv. 286029 – 01); a tale principio la decisione qui contestata si è conformata. La censura è quindi inammissibile.
3.Quanto al terzo motivo esso è manifestamente infondato, a fronte di una decisione con la quale, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, è stata esplicitata la misura della pena base, pari ad anni uno di arresto ed euro 9000 di ammenda, sono state applicate esplicitamente le attenuanti generiche rispetto alla stessa (senza che emerga una censura specifica e come tale argomentata per la mancata applicazione anche in ordine al reato satellite), con riduzione sino a mesi otto di arresto ed euro 6000,00 di ammenda, con ulteriore specificazione dell’aumento per il reato satellite pari a 3 mesi di arresto ed euro 1000 di ammenda, come evincibile dalla pena finale fissata in mesi 11 di arresto ed euro 7000 di ammenda. Il giudizio di dosimetria della pena appare anche adeguatamente ed espressamente motivato, in ragione delle ampie dimensioni dell’abuso e, con specifico riferimento al reato satellite, in ragione della consistenza strutturale del soppalco, quali argomentazioni che spiegano invero la valorizzazione, coerente e nient’affatto “manifestamente” illogica e carente (cfr. art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen.), della rilevanza complessiva dell’abuso in rapporto alle due distinte discipline violate.
4.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertan che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per
ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le s procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in d
13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ri sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della caus
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.