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Ruolo organizzatore narcotraffico: la Cassazione decide

Un individuo ricorre contro la custodia cautelare in carcere, sostenendo di avere un ruolo marginale in un’associazione per delinquere. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale del Riesame. La sentenza chiarisce che il ruolo organizzatore narcotraffico non richiede di essere il capo assoluto, ma è sufficiente avere un’autonomia gestionale su settori chiave come il trasporto, lo smistamento della droga e la gestione dei corrieri e dei proventi, pur operando sotto le direttive di un superiore.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il ruolo organizzatore nel narcotraffico: non serve essere il boss

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27434/2025, offre un’importante precisazione sulla figura e sul ruolo organizzatore narcotraffico all’interno di un’associazione criminale. La Corte ha stabilito che per ricoprire tale ruolo non è necessario essere il vertice assoluto dell’organizzazione, ma è sufficiente disporre di una significativa autonomia operativa, anche agendo sotto le direttive di un capo. Questa pronuncia consolida un principio chiave nella lotta alla criminalità organizzata, delineando con maggiore chiarezza i confini tra il semplice partecipe e chi svolge compiti gestionali cruciali.

I fatti del caso: dall’ordinanza al ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Milano che, in sede di riesame, confermava la misura della custodia cautelare in carcere per un soggetto accusato di far parte di un’associazione dedita al narcotraffico. All’indagato veniva contestato il ruolo di coordinatore di una piazza di spaccio in Sicilia, nell’ambito di una più vasta organizzazione che importava stupefacenti dalla Spagna alla Lombardia per poi distribuirli in altre regioni.

L’indagato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Errata valutazione della gravità indiziaria: Sosteneva che non vi fossero prove del delitto associativo, ma solo di singoli episodi di spaccio, e che il suo ruolo fosse fungibile e non direttivo.
2. Violazione di legge sulla condotta apicale: Contestava la qualifica di organizzatore, ritenendosi una figura subalterna senza autonomia decisionale.
3. Mancanza di proporzionalità della misura cautelare: Riteneva che il pericolo di fuga e reiterazione del reato fosse stato presunto solo sulla base della gravità del titolo di reato, senza una valutazione concreta.

L’analisi della Corte: la qualifica del ruolo organizzatore narcotraffico

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per genericità, cogliendo però l’occasione per ribadire i criteri distintivi del ruolo organizzatore narcotraffico. I giudici hanno sottolineato che il ricorso mirava a una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale del riesame, infatti, aveva correttamente motivato la propria decisione sulla base di un solido quadro probatorio, che includeva intercettazioni, servizi di osservazione e dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

La distinzione tra partecipe e organizzatore

Dalle indagini era emerso che l’indagato non era un mero esecutore. Sebbene operasse sotto le direttive di un capo (localizzato in Lombardia), egli gestiva in autonomia la piazza di spaccio siciliana. Le sue responsabilità includevano:
* Coordinare il trasporto di ingenti quantitativi di stupefacenti dal nord al sud Italia.
* Gestire e monitorare i corrieri e gli autisti.
* Organizzare l’invio mensile del denaro ricavato dallo spaccio al capo dell’organizzazione.
* Amministrare i mezzi e i luoghi di occultamento della droga.

L’autonomia operativa come criterio decisivo

La Cassazione ha evidenziato come proprio questo ambito di autonomia distinguesse la sua posizione da quella di un semplice corriere. L’indagato aveva il potere di disporre del corriere, di controllarlo e di gestire complesse operazioni logistiche e finanziarie. Questa capacità di determinare, in autonomia rispetto al capo, le modalità delle cessioni di droga e la gestione dei pagamenti è ciò che, secondo la giurisprudenza costante, qualifica il ruolo di organizzatore.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità affermando che il ricorrente non aveva sollevato vizi logici o giuridici nella motivazione del provvedimento impugnato, ma si era limitato a proporre una lettura alternativa e minimizzante degli elementi a suo carico. Il Tribunale aveva invece costruito un percorso argomentativo coerente e dettagliato, dimostrando come l’indagato non fosse un semplice partecipe, ma una figura dotata di un ruolo fiduciario e di una precisa responsabilità gestionale all’interno del sodalizio criminale. La sua posizione non era affatto identica a quella del corriere, poiché era lui a dirigere e controllare l’operato di quest’ultimo. Pertanto, la qualifica di organizzatore era stata correttamente attribuita in base ai consolidati principi giurisprudenziali.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: nel contesto delle associazioni criminali, il ruolo organizzatore narcotraffico non è appannaggio esclusivo del vertice assoluto. Anche figure intermedie, che godono di autonomia gestionale in settori nevralgici dell’attività illecita, possono essere qualificate come organizzatori. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche, consentendo di colpire in modo più efficace la struttura gerarchica delle organizzazioni criminali e di attribuire le giuste responsabilità a chi, pur non essendo il capo, contribuisce in modo determinante al funzionamento e al successo del sodalizio.

Quando si può essere considerati “organizzatori” in un’associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, anche senza essere il capo?
Secondo la Corte, si ha un ruolo organizzatore quando, pur agendo sotto le direttive di un capo, si dispone di un’autonomia decisionale e gestionale su aspetti cruciali dell’attività, come l’organizzazione dei trasporti di droga, la gestione dei corrieri e la riscossione e invio dei proventi.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione delle prove (come le intercettazioni) fatta dal giudice di merito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o fornire una diversa interpretazione delle prove. Il suo compito è verificare che la motivazione del giudice precedente sia logica e non contraddittoria. Un’interpretazione delle intercettazioni può essere contestata solo se manifestamente illogica, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile per genericità, in quanto si limitava a proporre una diversa lettura dei fatti e a minimizzare il ruolo dell’imputato, senza contestare specificamente e in modo pertinente i vizi logici o giuridici della motivazione del provvedimento impugnato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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