Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27434 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Vittoria il 30/04/1996
avverso l’ordinanza del 31/03/2025 del Tribunale di Milano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME sentita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito l’Avvocato NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Milano ha confermato, in sede di riesame, l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano del 14 marzo 2025 (pronunciata in rinnovazione, ex art. 27 cod. proc. pen., a seguito di declaratoria di incompetenza del giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Ragusa), con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per i delitti di cui all’art. 74, d.P.R. n 309 del 1990, quale partecipe di un’associazione dedita al narcotraffico con il ruolo di coordinatore della piazza di spaccio di Vittoria (capo 1), e agli artt. 73, commi 4 e 6, e 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione e trasporto di un ingente quantitativo di stupefacente pari a 64,85 kg di hashish e 1,1 kg di marijuana (capo 46).
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce vizio di motivazione, quanto alla gravità indiziaria, dovendosi escludere il delitto associativo e configurare un concorso continuato nel reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle tre ipotesi di spaccio, fondate soltanto su conversazioni con NOME per il breve periodo di tre mesi, in assenza sia della consapevolezza del ricorrente di aderire ad un’organizzazione criminosa organizzata, sia della volontà di farlo.
Peraltro, il ruolo di COGNOME era del tutto fungibile e sovrapponibile a quello di NOME COGNOME per il quale è stata esclusa la condotta partecipativa.
Anche il collaboratore di giustizia NOME ha riferito non solo che la piazza di spaccio organizzata dall’associazione criminale in Sicilia fosse a Catania e non a Vittoria, come ipotizzato dall’accusa, ma ha anche dichiarato di non conoscere né COGNOME, né COGNOME e comunque le sue affermazioni sono state travisate dal provvedimento impugnato atteso che NOME aveva solo dichiarato di averli visti una volta e non anche che fossero due siciliani che frequentavano Milano per approvvigionarsi di droga da Evola.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, in ordine alla gravità indiziaria, per la ritenuta condotta apicale del ricorrente alla luce degli orientamenti della giurisprudenza di legittimità e, soprattutto, per la fungibilità del suo ruolo, accertato in un breve periodo di tempo, con assenza di autonomia nell’ambito del sodalizio attesa la sua condizione subalterna.
2.3. Con il terzo motivo censura violazione di legge e vizio di motivazione in quanto il pericolo di fuga e di reiterazione del reato è stato desunto esclusivamente dalla gravità del titolo di reato in assenza di dati concreti, in base alla sola presunzione assoluta di adeguatezza e senza valutazione delle allegazioni difensive
Con riferimento all’assenza di adeguatezza e proporzionalità della misura degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico, sono state utilizzate solo
clausole di stile nonostante il ricorrente abbia un’adeguata abitazione e mezzi leciti di sostentamento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile per genericità.
I primi due motivi di ricorso, relativi alla gravità indiziaria, possono essere esaminati congiuntamente perché sovrappongono le medesime censure.
2.1. Costituisce principio pacifico in tema di misure cautelari personali che non sono consentite censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, come invece richiesto dal ricorrente, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; tra le tante conformi Sez. 3, n.44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
2.2. Il provvedimento impugnato, per delineare il ruolo del ricorrente, ha doverosamente e correttamente illustrato la complessa attività di indagine che ha condotto all’accertamento dell’esistenza di una strutturata associazione, dedita al narcotraffico dalla Spagna di hashish, marijuana e cocaina, suddivisa in due articolazioni, l’una operante in Lombardia, con a capo COGNOME, e l’altra operante anche in Sicilia, con a capo COGNOME.
Il Tribunale, con un corretto iter logico-giuridico, aderente alle risultanze investigative costituite soprattutto da servizi di osservazione, video-riprese, sequestri di droga, arresti, intercettazioni e, infine, dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME ha accertato il ruolo di organizzatore del ricorrente, tale da escludere una mera condotta concorsuale in singoli reati-fine.
Con riferimento a NOME COGNOME il Tribunale ha richiamato numerosissime captazioni dalle quali emerge la continuativa collaborazione con NOME per provvedere al trasporto di rilevanti quantitativi di stupefacente dalla Lombardia alla Sicilia (pagg. 6-8), dove coordinava la piazza di spaccio di Vittoria, provincia di Ragusa, nella quale confluivano consistenti quantitativi di stupefacente, come attestato anche dal reato-fine (capo 46) del trasporto di 64,85 kg lordi di hashish e 1,1 kg lordo di marijuana, sotto la supervisione sua e di COGNOME il cui corriere COGNOME era stato arrestato a Villa San Giovanni.
Altro ruolo fiduciario ricoperto dal ricorrente era quello di inviare il denaro, ricavato dalla piazza di spaccio siciliana, in Lombardia come si evince in termini
inequivoci dall’intercettazione del 2 settembre 2023, in cui COGNOME esprime una forte rabbia nei confronti di COGNOME, a causa dell’ammanco di 15.000 euro, come già avvenuto in passato («è un anno che me lo stai dicendo» pag. 11), imponendogli la restituzione di tutta la droga restante e dei diversi mezzi con i quali avvenivano i trasporti (pagg. 7-8).
I dialoghi comprovano l’abitualità delle forniture e i rilevanti guadagni della piazza di spaccio, ma anche lo stabile affidamento di NOME ad Annodei per trasporto e smistamento di droga da nord a sud; per la gestione e il monitoraggio degli autisti e di corrieri come COGNOME e COGNOME; per l’invio mensile del denaro al capo; per la conoscenza dei luoghi di occultamento della droga a Milano – dove era stato visto in un’occasione dal collaboratore di giustizia NOME -, indice dell’esistenza e della consapevolezza del sodalizio oltre che del rapporto fiduciario del capo con il ricorrente.
Alla luce di questi univoci elementi, è inidonea a mettere in discussione la tenuta logica della motivazione del provvedimento impugnato, la lettura generica e minimizzante proposta dal ricorso secondo cui COGNOME fosse un mero esecutore di ordini altrui, privo di autonomia ed inconsapevole dell’esistenza di una strutturata associazione dedita al traffico di stupefacenti, oppure che la città siciliana destinataria dello stupefacente fosse Catania e non Vittoria o che NOME avesse visto solo una volta Amodei.
Tutti gli elementi valorizzati dal provvedimento impugnato, infatti, da un lato dimostrano come il ricorrente non avesse affatto una posizione identica a quella del corriere COGNOME (pag. 12), visto che era lui a disporne o controllarlo proprio per operare i trasporti di droga dalla Lombardia alla Sicilia, ma svolgesse il ruolo di principale collaboratore del capo, COGNOME ovviamente sotto le sue direttive, ma con un ambito necessario di autonomia in ragione del tipo di attività svolte (organizzazione delle trasferte a e da Milano per il trasporto della droga e il conferimento dei guadagni; gestione dei mezzi e degli autisti; smercio dello stupefacente).
Alla luce di detti elementi di fatto, il Tribunale ha ritenuto correttamente configurata la posizione organizzativa del ricorrente all’interno dell’associazione in forza della costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale detta qualifica spetta anche colui che, pur non coordinando l’attività di altri associati, ha il potere di determinare, in autonomia rispetto al “capo” del gruppo, sia le cessioni di droga alle quali quest’ultimo partecipi, sia la gestione di pagamenti relativi a forniture rilevanti per l’operatività del sodalizio (tra le tante, Sez. 3, n. 18370 del 19/01/2024, COGNOME, Rv. 286272).
4. Il terzo motivo, relativo alle esigenze cautelari, è generico e reiterativo in quanto si limita a contestare gli argomenti logicamente affrontati e risolti dal
provvedimento impugnato che alle pagg. 12 e 13 ha spiegato nel dettaglio l’attualità del pericolo di recidiva valorizzando non solo il suo ruolo attivo
nell’ambito del narcotraffico sino alla fine del 2023, ma anche il fermo di COGNOME, risalente a pochi giorni prima del provvedimento impugnato, avvenuto mentre
tentava di disfarsi di un borsello con una consistente quantità di cocaina, denaro contante e un bilancino di precisione; oltre che l’assenza di un lavoro stabile e di
una famiglia da mantenere.
Sulla base di tale giudizio il provvedimento ha, inoltre, correttamente applicato al caso di specie la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze
cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, secondo i canoni elaborati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Rv. 283176),
in assenza di altri elementi circostanziali idonei a determinare un’attenuazione del giudizio di pericolosità.
5. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24 giugno 2025
Il Presid
La Consigliera estensora