Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17465 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17465 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 23/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CROTONE il 15/05/1971
avverso l’ordinanza del 17/12/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette e sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
udito l’avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA, in difesa di COGNOME NOMECOGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 17 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del G.I.P. del locale Tribunale del 5 novembre 2024, con cui era stata applicata all’indagato la misura cautelare della custodia in carcere in quanto gravemente indiziato della commissione del delitto (contestato al capo 1) di partecipazione, in qualità di organizzatore, ad un’associazione per delinquere dedita al narcotraffico, nonché di diversi reati fine in materia di spaccio di sostanze stupefacenti, ascrittigli ai capi 4, 36, 104, 180, 197, 199, 200, 201, 202, 203, 204, 205 e 240 della incolpazione provvisoria.
1.1. Il giudice del riesame ha, in particolare, ritenuto di non poter accogliere l’istanza con cui la difesa del COGNOME aveva richiesto l’annullamento dell’ordinanza gravata ovvero, in subordine, la riqualificazione del delitto contestatogli al capo 1 con quello di mera partecipazione, non in qualità di organizzatore, della struttura associativa, esplicando come la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del prevenuto fosse stata desunta dalle risultanze di una complessa attività di indagine, concretatasi nell’espletamento di servizi di videosorveglianza, intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, perquisizioni e sequestri di sostanza stupefacente, arresti in flagranza di soggetti coindagati e dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, che hanno consentito di ritenere comprovata l’esistenza e l’operatività di un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, connotata da rigida struttura piramidale e specifica ripartizione di ruoli, operante in modo massiccio e monopolistico nel territorio di Crotone e zone limitrofe, quanto alla distribuzione della droga, con rapporti stabili di approvvigionamento dello stupefacente con diversi fornitori.
Per come emerso dalle acquisite emergenze indiziarie, COGNOME NOME è risultato essere organicamente inserito nella suddetta struttura associativa, in qualità di organizzatore, risultando comprovato come egli, oltre a ospitare riunioni dei vertici associativi presso la propria abitazione, avesse il potere unitamente al fratello COGNOME NOME – di: decidere a quali canali di approvvigionamento ricorrere; individuare i clienti stabili cui assicurare partite consistenti di droga; fissare il prezzo di vendita al dettaglio dello stupefacente; stabilire le alleanze per la suddivisione delle piazze di spaccio; dare indicazioni e direttive ai pusher; indicare la quota da versare per il sostegno dei carcerati.
Il giudice del riesame ha, inoltre, motivato il proprio provvedimento reiettivo osservando come, tenuto conto della gravità dei fatti contestati, della
pericolosità sociale del prevenuto e della sua cointeressenza con personaggi connotati da particolare spessore criminale, posti in essere espletando un ruolo apicale in una struttura associativa professionalmente dedita all’illecito traffico d sostanze stupefacenti, non fossero individuabili elementi idonei a consentire di superare il pericolo, concreto e attuale, di reiterazione di analoghe condotte illecite, altresì tenuto conto dei vari precedenti, anche specifici, da cui il Lara risulta gravato.
Avverso l’indicata ordinanza COGNOME NOME ha proposto due distinti ricorsi per cassazione.
2.1. Con il primo, a firma dell’avv. NOME COGNOME è stato dedotto, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio logico di motivazione in relazione agli artt. 273, 192 cod. proc. pen. e 74 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, circa la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza della ricoperta qualifica di organizzatore dell’associazione per delinquere dedita al narcotraffico contestatagli al capo 1.
Il provvedimento impugnato presenterebbe, infatti, una motivazione carente e contraddittoria sul punto, per avere genericamente trattato la sua posizione processuale unitamente a quella del fratello COGNOME NOME, così omettendo di precisare sulla scorta di quali puntuali riscontri probatori, e specifiche responsabilità autonome, sarebbe evincibile la ritenuta sua partecipazione qualificata alla struttura associativa. Le risultanze emerse dall’attività di intercettazione – specificamente indicate dal Tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata – comproverebbero, infatti, la sola partecipazione dell’indagato al sodalizio criminoso, ma non già l’espletamento di attività concrete e individualizzanti che, in ossequio ai dettami resi dalla giurisprudenza di legittimità, potessero qualificare la posizione del COGNOME come apicale all’interno dell’associazione per delinquere.
2.2. Il secondo ricorso, a firma dell’avv. NOME COGNOME si articola in tre motivi di doglianza, con il primo dei quali sono stati eccepiti violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, e 273 cod. proc. pen., con riferimento all’incolpazione ex art. 74, commi 1, 2, 3 e 6 D.P.R. n. 309 del 1990 contestata al capo 1.
L’impugnata ordinanza, infatti, avrebbe confusamente trattato la sua posizione unitamente a quella di suo fratello, senza, tuttavia, rappresentare nessuna piattaforma indiziaria qualificata idonea a comprovare anche la sola sua partecipazione al sodalizio criminoso, atteso che dalle risultanze indiziarie presenti in atti si evincerebbe il mero suo concorso in singoli reati fine, peraltro sporadici e consumati in un arco temporale particolarmente ampio, senza la
ricorrenza di nessuna sua adesione pattizia ad un sodalizio criminoso avente lo scopo di perpetrare, per il tramite di una struttura stabile e organizzata, plurimi reati in materia di stupefacenti.
Con la seconda censura il COGNOME ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, e 273 cod. proc. pen., con riferimento all’incolpazione ex art. 74, comma 1, D.P.R. n. 309 del 1990 contestata al capo 1, lamentando che l’ordinanza impugnata presenterebbe evidenti vizi motivazionali in ordine al disposto riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza circa il suo presunto ruolo di organizzatore dell’associazione per delinquere, trattandosi di asserzione priva di adeguati riscontri probatori, atteso che al fine, per come indicato dalla giurisprudenza di legittimità, necessiterebbe la ricorrenza di un ben più pregnante materiale indiziario.
Con l’ultimo motivo, infine, il ricorrente ha eccepito vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 125, comma 3, e 274 cod. proc. pen., con riferimento alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, sul presupposto che la generica valutazione operata nel provvedimento impugnato non avrebbe tenuto conto di aspetti, invece connotati da un significativo rilievo, idonei comportare un evidente affievolimento di tali esigenze di cautela, considerato il tempo decorso dall’ultima condotta a lui imputabile (risalente all’anno 2022), i già da tempo effettuati arresti dei soggetti di vertice dell’associazione e la mancanza di ogni condotta imputabile al sodalizio criminoso perpetrata in epoca successiva.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
Ed infatti, le censure dedotte dal Laratta risultano del tutto generiche e assertive, oltre che reiterative di analoghe doglianze sottoposte all’esame del Tribunale del riesame, e da questo rigettate con argomentazione congrua e giuridicamente corretta.
2.1. In tema di impugnazione dei provvedimenti in materia di misure cautelari, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto nel caso in cui denunci la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr. Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01).
Anche con riferimento al giudizio cautelare personale, cioè, il controllo di legittimità susseguente alla proposizione del ricorso per cassazione non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del G.I.P. e del Tribunale del riesame, ed essendo esso, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (così, tra le tante, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, COGNOME, Rv. 269438-01).
Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, infatti, è diretto a verificare, un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, valenza sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concluden dei risultati del materiale probatorio, quando la motivazione – come nel caso in esame – sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e giuridici.
Non sono consentite, pertanto, censure che, pur formalmente investendo la motivazione, e a fortiori ammantandosi di una pretesa violazione di legge, si risolvano, in realtà, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito.
2.2. Orbene, nel caso di specie le doglianze eccepite dal COGNOME – sia nel ricorso a firma dell’avv. Naso che nei primi due motivi di doglianza dedotti nel ricorso a firma dell’avv. COGNOME – si risolvono nella rappresentazione di errate valutazioni circa la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato di cu all’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990, e alla partecipazione dell’indagato al sodalizio criminoso in qualità di organizzatore, così come accertate dal Tribunale del riesame, prevalentemente concernendo circostanze di puro fatto non sindacabili nella presente sede di legittimità.
Di converso, le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico.
Ed infatti, l’ordinanza impugnata, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, ha fornito puntuale indicazione degli elementi indiziari, e in particolar delle emergenze procedurali scaturite da captazioni telefoniche e ambientali, da cui è stato possibile evincere come il COGNOME fosse organicamente inserito nell’associazione per delinquere dedita a un’ingente attività di spaccio, in termini praticamente di monopolio, nel territorio di Crotone, in essa ricoprendo un importante ruolo di vertice, in qualità di organizzatore.
Gli indicati aspetti hanno trovato molteplici riscontri indiziari e logi dovendo, in proposito, assumere fondante rilievo la circostanza, adeguatamente valorizzata dai giudici del riesame, per cui il COGNOME aveva partecipato a importanti riunioni organizzative con gli altri membri di vertice dell’associazione, anche a tal fine offerendo la disponibilità della propria abitazione.
In modo altamente significativo, quindi, l’ordinanza impugnata ha, altresì, evidenziato come dal cospicuo materiale intercettato fosse emerso che l’indagato avesse il potere di: decidere a quali canali di approvvigionamento della droga fare ricorso; individuare i clienti stabili cui assicurare partite consistenti di dro fissare il prezzo di vendita al dettaglio dello stupefacente; stabilire le alleanz per la suddivisione delle piazze di spaccio; dare indicazioni e direttive ai pusher; fissare la quota da versare per il sostegno dei carcerati.
Alla stregua di tali aspetti, allora, i giudici del riesame hanno potuto evincere, con argomenti logici ed esenti dai prospettati vizi, come il prevenuto avesse avuto uno stabile e duraturo rapporto di collaborazione con gli altri componenti dell’associazione dedita all’espletamento dell’attività di narcotraffico, in essa ricoprendo un ruolo apicale e preminente, nei termini contestatigli nel primo capo di incolpazione.
Il compendio probatorio in atti, quindi, ha consentito al Tribunale per il riesame di desumere l’inequivoca ricorrenza di un pregiudicato quadro indiziario gravante a carico del prevenuto in ordine alla sua partecipazione, in qualità di organizzatore, al sodalizio criminoso, evidenziato con motivazione del tutto logica e congrua, immune dalle censure dedotte, e comunque da vizi sindacabili in questa sede di legittimità.
Parimenti priva di ogni fondamento è, poi, la doglianza con cui il COGNOME ha censurato l’intervenuta applicazione della più grave misura custodiale, a suo dire adottata senza tener conto delle specifiche esigenze di cautela nei suoi riguardi effettivamente sussistenti.
Orbene, il Collegio rileva come dal titolo di reato contestato ai sensi dell’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990 discenda la doppia presunzione cautelare
della sussistenza di tutte le esigenze ex art. 274 cod. proc. pen. e della esclusiva adeguatezza della custodia in carcere.
A fronte di tale aspetto, quindi, non può non essere osservato come le doglianze espresse dal ricorrente si risolvano nella rappresentazione di incongrue valutazioni, di puro fatto, in ordine – oltre che alla sussistenza della gravi indiziaria – alla ricorrenza delle esigenze cautelari, così come accertate dal Tribunale del riesame.
Di converso, le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico, rappresentando in modo compiuto la sussistenza delle esigenze cautelari, la loro attualità, nonché il rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza dell misura applicata, anche tenuto conto della concreta pericolosità dell’indagato.
L’esame dell’impugnata ordinanza, infatti, mostra la presenza di una motivazione del tutto congrua, in cui è stato dettagliatamente evidenziato come, pur considerandosi il lasso temporale decorso dalla commissione dei fatti, non vi siano elementi per poter superare il pericolo, concreto e attuale, di comportamenti recidivanti, per come direttamente evincibile dalla gravità delle condotte contestate al COGNOME, dai precedenti su di lui gravanti e dalla cooperazione prestata, in posizione apicale, nello svolgimento dell’attività di spaccio, posta in essere in un contesto criminale professionalmente dedito all’illecito traffico di sostanze stupefacenti.
Alla stregua delle superiori considerazioni, allora, deve affermarsi che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di legittimità demandato a questo Collegio, il cui sindacato non può non arrestarsi alla verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che presiedono all’apprezzamento dei requisiti previsti dalla legge per l’emissione ed il mantenimento dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di merito.
Conclusivamente, pertanto, il Tribunale del riesame ha rappresentato la sua pronuncia con motivazione congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile, logica e coerente, così da non poter essere censurata in questa sede di legittimità.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
Viene disposta, altresì, la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto
stabilito dall’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente