Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30364 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30364 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nata ad Avezzano il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 30-11-2023 del Tribunale di Caltanissetta; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 ottobre 2023, il G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta rigettava la richiesta di applicazione di misure personali e reali avanzata nei confronti di 21 persone, tra cui NOME COGNOME, indagate a vario titolo dei reati di associazione a delinquere, di truffa aggravata e del reato di cui all’art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015. Il G.I.P., in particolare, escludeva la gravità indiziar rispetto al reato associativo, riteneva configurabile, quanto ai capi 3, 5, 9, 11, 14, 16, 18, 20, 22, 24 e 26, il reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015, per il quale non era stata avanzata alcuna richiesta cautelare, trattandosi di fattispecie contravvenzionali, e, quanto ai capi 2, 4, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 19, 21, 23 e 25, il G.I.P. riteneva configurabile non il delitto di truffa aggravata, ma quello d indebita compensazione, da considerarsi speciale, e rigettava la richiesta cautelare, in base al rilievo secondo cui le risultanze delle verifiche fiscali eseguit in capo alle imprese appaltatrici avevano già formato oggetto di denuncia presso le rispettive sedi giudiziarie, integrando ciò un ne bis in idem cautelare.
Con ordinanza del 30 novembre 2023, il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto dal P.M., applicava nei confronti della COGNOME la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività di impresa e di rivestire uffici direttivi delle persone giuri per la durata di mesi 6, in relazione ai delitti di cui ai capi 4, 8 e 19, prev riqualificazione delle condotte nel reato ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000.
Avverso l’ordinanza del Tribunale nisseno, la COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa censura la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, osservando che l’indagata ha rivestito il ruolo di amministratrice della RAGIONE_SOCIALE, società costituita nel 2017, dal 27 gennaio al 12 marzo 2020, ossia per soli 44 giorni, nei quali la ricorrente non ha compiuto alcuna operazione riconducibile alle contestazioni, non sottoscrivendo contratti di appalto e non compensando debiti tributari, essendo proseguita la gestione amministrativa solo con l’elaborazione delle buste paga, delle fatture e con il pagamento degli stipendi. In questo ristretto arco temporale, la COGNOME non ha avuto neppure il tempo di radicare rapporti con la compagine associativa e con i suoi rappresentanti.
Con il secondo motivo, si contesta il giudizio sulle esigenze cautelari, rimarcandosi il difetto di motivazione rispetto all’attualità e alla concretezza del pericolo di reiterazione dei reati, non essendosi considerato che, nei 44 giorni di incarico di amministratrice, la COGNOME non ha compiuto alcun atto illecito, né ha avuto contatti con gli altri indagati, a ciò aggiungendosi che la ricorrente non ha rivestito in passato e non riveste oggi alcun ruolo apicale in altre società e che, in ogni caso, dai fatti di causa è trascorso un intervallo di tempo di rilevante entità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono fondate e assorbenti le doglianze in punto di gravità indiziaria.
1. Deve innanzitutto premettersi che le censure difensive investono soltanto la posizione soggettiva della ricorrente e la sua responsabilità concorsuale e non anche la ricostruzione del più AVV_NOTAIO contesto in cui si inseriscono i fatti, riferi a un articolato meccanismo fraudolento incentrato in particolare sulla stipula di numerosi contratti di appalto di servizi che mascheravano illecite somministrazioni di personale, espediente questo che, al di là del suo rilievo penale ai sensi dell’art. 38 bis del d. Igs. 81 del 2005 (titolo di reato ovviamente non deducibile in sede cautelare, stante la natura contravvenzionale della relativa violazione), consentiva alle società committenti di evadere gli oneri contributivi e previdenziali e alle società appaltatrici di opporre in compensazione crediti fittizi.
Ribadito che lo scenario complessivo della vicenda non è oggetto di doglianza, occorre evidenziare che, quanto alla posizione dell’indagata, il Tribunale del Riesame (pag. 13 ss. dell’ordinanza impugnata) ha diffusamente ripercorso le risultanze investigative da cui è emersa la natura fittizia dei crediti portati compensazione, in quanto derivanti da fraudolente annotazioni nelle scritture contabili e dalla falsa annotazione di fatture emesse per operazioni inesistenti.
Ciò posto, i giudici dell’impugnazione cautelare hanno osservato che, una volta appurata l’oggettiva sussistenza della frode, provata in via prevalentemente documentale, “l’assunzione della gestione, anche solo da un punto di vista formale, delle società coinvolte (come, ad esempio, nel caso della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE) e, conseguentemente, della regia e della supervisione delle operazioni illecite dalle stesse poste in essere implica la piena consapevolezza, in capo ai soggetti agenti, del sistema fraudolento complessivo, alla cui realizzazione era, del resto, unicamente finalizzata la previa assunzione del debito fiscale mediante fittizi contratti di appalto” (pag. 63 dell’ordinanza oggetto di ricorso).
2. Orbene, come correttamente rilevato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, il percorso argomentativo del Tribunale del Riesame non si sottrae alle censure difensive, non potendosi sottacere che nel provvedimento impugnato sono rimaste prive di risposta le obiezioni difensive volte a rimarcare la circostanza, di per sé non proprio irrilevante, che la COGNOME è stata amministratrice della RAGIONE_SOCIALE solo nel breve periodo compreso tra il 27 gennaio e il 12 marzo 2020, non essendo stato chiarito se in questo circoscritto arco temporale siano stati stipulati contratti d appalto o siano stati comunque portati in compensazione crediti fittizi.
Tale accertamento avrebbe dovuto invece assumere carattere pregnante, non potendosi desumere, in via automatica e apodittica, il coinvolgimento nell’attività illecita dal mero status di legale rappresentante ricoperto in un periodo così limitato nell’ambito di una delle società inserite nel meccanismo fraudolento.
In tal senso, non può non rimarcarsi che le date di utilizzazione dei falsi crediti in compensazioni non sono specificate, per cui non può affermarsi con ragionevole certezza che la COGNOME, sia pure indirettamente, abbia avuto un ruolo nella vicenda, come pure non è proprio irrilevante il dato che i contratti di appalto di cui si discute sembrano essere stati stipulati in epoca non coincidente con quella in cui in cui l’indagata ha ricoperto la carica di amministratrice della RAGIONE_SOCIALE società che risulta attiva già dal 2017, ossia dal ben prima del 27 gennaio 2020, in cui ha avuto luogo l’assunzione della carica da parte della COGNOME
Alla luce di tali considerazioni, si impone pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con conseguente rinvio al Tribunale del Riesame di Caltanissetta per nuovo giudizio, dovendosi approfondire in sede di merito, ai fini della valutazione sulla gravità indiziaria, se, al di là della formale assunzione della legale rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE nel breve periodo prima indicato (ossia per 45 giorni), la ricorrente abbia compartecipato attivamente, sia pure in maniera indiretta, alla commissione delle condotte penalmente rilevanti, condotte di cui andranno conseguentemente chiarite le coordinate temporali, ciò al fine di stabilire un eventuale collegamento tra la veste dell’indagata e la commissione degli atti (stipula dei contratti di appalto, utilizzo in compensazione dei crediti fittizi o alt integranti, nelle loro diverse fasi, la progressione criminosa dei reati contestati. L’accoglimento delle censure in punto di gravità indiziaria deve ritenersi assorbente rispetto alla valutazione delle doglianze sulle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di
Caltanissetta competente ai sensi dell’art. 309 comma 7 cod. proc. pen. Così deciso il 12/04/2024