Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21029 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
uditi i difensori presenti: AVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di ROMA e AVV_NOTAIO NOME COGNOME del foro di SALERNO che hanno illustrato i rispettivi ricorsi insistendo per l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 marzo 2023, la Corte di appello di Napoli, pronunciando in sede di rinvio a seguito della sentenza n. 23922/2021 della Terza Sezione penale della Corte di cassazione, ha confermato la condanna di NOME COGNOME quale promotore di una associazione finalizzata al narcotraffico ex art. 74 d.P.R 9 ottobre 1990 n. 309, ha escluso che egli avesse svolto nell’ associazione il ruolo di organizzatore, lo ha assolto da altra imputazione relativa alla detenzione e al porto di una pistola (capo 89 bis) e ha rideterminato la pena per il reato associativo e per altri reati (in relazione ai quali, nell’ambito del present procedimento, la penale responsabilità di COGNOME è già stata irrevocabilmente accertata) nella misura finale di anni dodici, mesi sei e giorni dieci di reclusione. Nel determinare il trattamento sanzionatorio la Corte di appello è partita dalla pena base di anni venti di reclusione, pari al minimo edittale previsto dall’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90 individuato come il più grave tra i reati uniti dal vincolo della continuazione.
Per miglior comprensione della vicenda è doveroso riferire che, nel presente procedimento, NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile con accertamento ormai definitivo:
di aver trasportato, offerto in vendita e ceduto quantità anche ingenti di sostanze stupefacenti (capi 2 e 91);
di aver compiuto, in concorso con altri, azioni estorsive volte ad ottenere il monopolio del traffico di stupefacenti in Battípaglia e nelle zone limitrofe; in particolare, in danno di NOME COGNOME (capo 92, fatto del 10 febbraio 2010), NOME COGNOME (capo 94, fatto del 25 giugno 2010), NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (capo 99, fatti del 4 febbraio 2011), NOME COGNOME (capo 100, fatto del 6 aprile 2011);
di avere usato violenza o minaccia nei confronti di giovani elettori per costringerli a votare in favore di suo padre (NOME COGNOME) e ottenerne la nomina a consigliere comunale (capo 113, fatti commessi sino al 6 e 7 giugno 2009).
2.1. Il presente ricorso ha ad oggetto il ruolo che COGNOME avrebbe assunto all’interno della associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 contestata al capo 1) alla quale, con accertamento definitivo, è stato ritenuto affiliato.
NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90 quale promotore e organizzatore della associazione – all’esito di giudizio abbreviato – dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Salerno con sentenza del 14 luglio 2016, confermata per questa parte dalla Corte di appello di Salerno con sentenza del 5 ottobre 2017. Il 15 gennaio 2019 la Corte
di cassazione (Sez. 4, sentenza n. 27943/2019) ha annullato in parte la sentenza della Corte di appello di Salerno del 5 ottobre 2017. In particolare, per quanto qui rileva, l’ha annullata «con riferimento al ruolo di cui all’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90» attribuito al COGNOME, rinviando per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello di Napoli.
Con sentenza del 22 ottobre 2019 la Corte di appello di Napoli, investita in sede di rinvio, ha confermato l’affermazione della penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90 riconoscendogli poteri decisionali e di gestione dell’associazione e ritenendo provato sia il ruolo di promotore che quello di organizzatore. Anche questa sentenza è stata annullata dalla Corte di cassazione (Sez. 3, sentenza n. 23922/2021 del 14 gennaio 2021). Dopo aver ribadito che «la partecipazione di NOME all’associazione in esame costituisce un dato ormai pacifico» la nuova sentenza rescindente ha rilevato che nel giudizio di rinvio non erano state «del tutto colmate le lacune segnalate dalla Quarta Sezione penale di questa Corte rispetto all’attribuzione a NOME del ruolo apicale di cui all’art. 74, comma 1, del d.P.R. n.309 del 1990» né quanto al ruolo di organizzatore del sodalizio, che il giudice del rinvio non ha «delineato in termini adeguatamente specifici», né quanto al ruolo di promotore, che avrebbe richiesto maggiore approfondimento.
Con specifico riferimento alla costituzione dell’associazione, la Terza Sezione penale di questa Corte ha osservato (pag.11 della motivazione):
che le dichiarazioni rese da NOME COGNOME (il quale «ha attribuito a NOME un ruolo decisivo nella costituzione del sodalizio, avvenuta nel settembre 2009 a seguito di un summit, essendosi il ricorrente poi occupato di reclutare la manodopera e di avviare le attività illecite del gruppo») costituiscono una «base importante per l’assegnazione a NOME del ruolo di promotore»;
che, tuttavia, già nella prima sentenza rescindente, era stata sottolineata la necessità di approfondire il tema, «non potendosi ritenere sufficienti le propalazioni del coimputato, per quanto connotate da un apprezzabile livello di specificità»;
che la sentenza della Corte di appello di Napoli del 22 ottobre 2019 non ha colmato tale lacuna essendosi soffermata soprattutto «sulle fasi successive alla costituzione dell’associazione senza verificare se, rispetto al momento genetico del sodalizio, il contributo di NOME fosse stato o meno determinante» e senza compiere una «adeguata valutazione critica rispetto alla reale valenza dimostrativa» di altre dichiarazioni e alla «eventuale correlazione logica» tra il racconto di NOME COGNOME e «altre fonti probatorie acquisite».
2.2. Nuovamente chiamata a valutare se a NOME COGNOME possa essere attribuito un ruolo apicale nell’associazione la cui esistenza è stata definitivamente
accertata, la Corte di appello di Napoli, con sentenza del 24 marzo 2023, ha escluso che egli abbia assunto il ruolo di organizzatore, ma lo ha ritenuto promotore dell’associazione così confermando la qualificazione giuridica del fatto quale violazione dell’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90.
A sostegno di tali conclusioni la Corte territoriale ha fatto riferimento alle dichiarazioni di NOME COGNOME (citate anche dalla sentenza rescindente) e ha sostenuto (pag. 9 e 10 della motivazione):
che «non v’è dubbio in ordine alla presenza di COGNOME alla riunione fondativa del sodalizio, tenutasi a settembre 2009 presso il ristorante “Il Laghetto” all presenza anche di NOME COGNOME e NOME COGNOME»:
che NOME COGNOME ha «riferito i dettagli di tale convegno» precisando che NOME «oltre ad aderire al gruppo, si fece carico di reperire e gestire la rete di spacciatori, nonché di reperire un fornitore, poi individuato in tale NOME NOME»;
che le dichiarazioni di COGNOME trovano «formidabile riscontro» in quelle di NOME COGNOME, secondo il quale NOME COGNOME (fratello di NOME COGNOME), NOME COGNOME e NOME COGNOME erano già attivi nel traffico di stupefacenti, ma poi si misero insieme e costituirono l’associazione;
che, secondo NOME COGNOME, con questo accordo ì tre soggetti sopra indicati misero assieme «la mente, la forza ed il coraggio»; la mente era NOME COGNOME, «la mente e il coraggio era costituita dal duo COGNOME» i quali «dicevano apertamente, in tutti i luoghi di ritrovo, che in Battipaglia tutti quel spacciavano dovevano comprare da loro»;
che NOME COGNOME ha riferito di violenze esercitate nei confronti di spacciatori e consumatori, picchiati da NOME COGNOME e NOME COGNOME e così indotti a rifornirsi da loro;
che NOME COGNOME ha riferito di aver assistito personalmente ad una aggressione in danno di NOME COGNOME (capo 92, fatto del 10 febbraio 2010);
che un ulteriore riscontro è costituito dalle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME, il quale ha definito COGNOME come «il capo dei capi» e ha riferito «di aver constatato di persona (per aver assistito alle estorsioni commesse ai danni di RAGIONE_SOCIALE) che costui era dotato di un carisma criminale superiore a quello degli altri due, come ammesso, in presenza di esso collaboratore, dallo stesso COGNOME».
I difensori di NOME COGNOME, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, muniti di apposito mandato ex art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen., hanno proposto due distinti ricorsi contro la sentenza della Corte di appello del 24 marzo 2023.
Il ricorso sottoscritto dall’AVV_NOTAIO si articola in tre motivi.
4.1. Col primo motivo il difensore deduce mancanza e contraddittorietà della motivazione della sentenza, rispetto al ruolo di promotore attribuito a COGNOME, e violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. conseguente al mancato rispetto dei principi di diritto affermati dalle sentenze rescindenti.
Premesso che la Corte di appello ha ritenuto provato il ruolo di promotore sulla base delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME e ha ritenuto che tali dichiarazioni fossero riscontrate dalle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, l’AVV_NOTAIO osserva che – come anche la sentenza impugnata riconosce – la presenza di COGNOME all’incontro nel quale il gruppo si costituì, non sarebbe sufficiente da sola a qualificare il suo ruolo come quello di un promotore e non di un mero aderente della prima ora. La Corte di appello, infatti, ha considerato significativo ai fini della attribuzione a NOME del ruolo di promotore, che, in quell’incontro, egli abbia assunto l’incarico di «reperire e gestire la rete d spacciatori, nonché di reperire un fornitore, poi individuato in tale NOME COGNOME». Secondo il difensore, muovendo da queste premesse, la Corte territoriale avrebbe dovuto argomentare sull’effettivo svolgimento dell’incarico assunto, spiegando in che modo NOME abbia concretamente contribuito a promuovere i rapporti con fornitori e spacciatori e come tali rapporti siano stati concretamente definiti, ma la sentenza impugnata non contiene indicazioni in tal senso. Secondo il difensore, è «promotore» di una associazione chi raggruppa gli iniziali consensi partecipativi e conferisce lo stimolo alla costituzione e operatività della struttura associativa. Pertanto, avendo attribuito a COGNOME il ruolo di promotore, la Corte territoriale avrebbe dovuto compiere una analisi circostanziata «dei fatti e degli eventi della vita associativa» e argomentare sul ruolo, essenziale e tendenzialmente infungibile, svolto da NOME nel concreto sviluppo della operatività del sodalizio. La sentenza impugnata, invece, si limita ad affermare genericamente che il ricorrente reperì e gestì la rete di spacciatori. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il difensore osserva inoltre che, secondo la Corte territoriale, nello svolgere il proprio ruolo di promotore, NOME individuò un fornitore in persona di tale «NOME» e rileva: che «NOME» è stato identificato in NOME COGNOME; che NOME era imputato nel presente procedimento, ma è stato assolto dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 26 settembre 2019 (non impugnata dal Pubblico ministero e divenuta irrevocabile); che di questo dato la Corte di appello non ha tenuto conto, sicché ha individuato tra le condotte qualificanti il ruolo di promotore una condotta che, con sentenza definitiva, è stata ritenuta non provata. Secondo il difensore, l’assoluzione di NOME impone di escludere che NOME possa aver individuato in NOME da COGNOME uno dei fornitori.
Pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto esaminare i rapporti tra Past altri fornitori napoletani, ma su questo punto la sentenza impugnata non ha speso parole pur avendo ritenuto che il ricorrente fu promotore del sodalizio ed avendone escluso solo il ruolo di organizzatore. Il difensore sostiene che vi sarebbe contraddizione tra il riconoscimento del ruolo di promotore e le argomentazioni sviluppate per escludere il ruolo di organizzatore. Da tali argomentazioni emerge, infatti: da un lato, che NOME non fu «coinvolto nelle trattative con i fornitori» COGNOME; dall’altro, che dopo l’arresto di NOME COGNOME (avvenuto il 25 febbraio 2011), NOME si allontanò dal sodalizio e, a fronte di una importante esposizione debitoria nei confronti di fornitori che, quale promotore, doveva aver contribuito a individuare, «si limitò ad erogare un prestito di cinquemila euro ai vecchi sodali per poi chiederne anche la restituzione» (pag. 8 della motivazione).
4.2. Col secondo motivo, il difensore deduce erronea applicazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. L’AVV_NOTAIO osserva che la sentenza impugnata ha attribuito a COGNOME il ruolo di promotore dell’associazione sulla base delle dichiarazioni di NOME COGNOME e ha ritenuto che tali dichiarazioni fossero riscontrate da quelle rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME, ma così argomentando ha disatteso i principi costantemente affermati dalla giurisprudenza di legittimità quanto alle caratteristiche che i riscontri esterni devono possedere e alla necessità, in caso di convergenza di più chiamate, che esse traggano fondamento da fonti indipendenti.
Il difensore censura la sentenza impugnata sotto diversi profili:
perché, nel riportare le dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, non ha valutato la credibilità soggettiva dei dichiaranti e la loro attendibili intrinseca ed estrinseca;
perché non ha verificato l’esistenza di riscontri esterni individualizzanti;
perché ha ignorato che COGNOME e COGNOME appresero quanto hanno riferito proprio da NOME COGNOME le cui dichiarazioni dovrebbero essere riscontrate dalle loro.
Nello sviluppare quest’ultimo argomento, l’AVV_NOTAIO sottolinea:
che NOME COGNOME non risulta essere stato presente all’incontro costitutivo della associazione e seppe di quell’incontro perché viveva nella stessa casa del fratello (vale a dire proprio di NOME COGNOME);
che, nell’interrogatorio del 20 luglio 2015, COGNOME ha ammesso di non aver mai incontrato COGNOME sicché, in occasione dell’estorsione ai danni dì NOME COGNOME (della quale COGNOME non è stato neppure accusato), non può averne «personalmente» constatato il carisma (come, invece, ha dichiarato).
4.3. Col terzo motivo, l’AVV_NOTAIO lamenta vizi di motivazione in ordine alla genesi del sodalizio criminoso e all’asserito reimpiego da parte di NOME dei profitti illeciti conseguiti in attività imprenditoriali lecite.
Osserva in particolare che, secondo il racconto di NOME COGNOME, l’incontro al ristorante “Il Laghetto” fu successivo ad altro incontro nel quale, allo scopo di mantenere il controllo sul territorio da parte del “RAGIONE_SOCIALE” e fornire contribut economico agli autorevoli componenti del RAGIONE_SOCIALE che erano detenuti, NOME COGNOME e NOME COGNOME promossero la costituzione della associazione. Il difensore riferisce che, in assenza di riscontri, tale racconto è stato ritenuto già in primo grado insufficiente all’affermazione della penale responsabilità della COGNOME e di COGNOME e sostiene che, in questa situazione, le dichiarazioni rese da RAGIONE_SOCIALE riguardo alla successiva costituzione della associazione e al ruolo di promotore svolto in quella sede da COGNOME avrebbero dovuto essere sottoposte ad un vaglio di attendibilità particolarmente attento.
LAVV_NOTAIO ricorda inoltre che, secondo la sentenza impugnata (pag.9), pur essendo promotore dell’associazione, COGNOME COGNOME ne distaccò dopo l’arresto di NOME COGNOME e, «con l’ausilio di ulteriori risorse finanziarie, questa volta d provenienza lecita», avviò «altre attività imprenditoriali tramite le quali si affranc definitivamente dal traffico di droga». Il difensore si duole del carattere congetturale di tali argomentazioni e rileva che, nel formularle, la Corte territoriale non ha tenuto conto di quanto accertato nella sentenza di primo grado (per questa parte divenuta irrevocabile) che ha assolto NOME dal reato di cui all’art. 12 sexies legge 7 agosto 1992 n. 356, per non essere stata raggiunta la prova del reinvestimento dei proventi delle attività delinquenziali nelle attività economiche gestite dallo stesso NOME e dai suoi familiari.
5. Il ricorso sottoscritto dall’AVV_NOTAIO COGNOME consta di un unico articolato motivo col quale il difensore deduce: mancanza e contraddittorietà della motivazione della sentenza rispetto al ruolo di promotore attribuito a COGNOME e violazione dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen.; vizi di motivazione conseguenti al travisamento di numerosi elementi di prova; erronea applicazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. avuto riguardo alla supposta convergenza delle dichiarazioni di NOME COGNOME, NOME NOME e NOME COGNOME.
5.1. Con particolare riferimento alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, l’AVV_NOTAIO osserva che, secondo il dichiarante, l’iniziativa di costitui l’associazione fu adottata da NOME COGNOME e NOME COGNOME che contattarono a tal fine NOME COGNOME incaricandolo di coinvolgere COGNOME e COGNOME già dediti al traffico di stupefacenti nel territorio di Battipaglia. Secondo le dichiarazioni COGNOME, dunque, a differenza di quanto sostenuto nella sentenza impugnata,
l’incontro al ristorante “RAGIONE_SOCIALE Laghetto” non fu costitutivo della associazione. A ben guardare, anzi – sostiene il difensore – COGNOME non ha dichiarato che COGNOME abbia assunto l’iniziativa di costituire l’associazione, ma ha sostenuto che tale iniziativa fu assunta da altri. Secondo il difensore a ciò deve aggiungersi che la sentenza di primo grado ha escluso, ritenendolo non provato per mancanza di riscontri, che COGNOME e COGNOME avessero dato impulso alla costituzione dell’associazione e ciò determina «un ulteriore vulnus logico dell’apparato argomentativo» della sentenza impugnata.
L’AVV_NOTAIO osserva che le dichiarazioni di COGNOME non hanno trovato riscontro neppure nella parte in cui egli ha riferito che COGNOME contribuì alla costituzione della associazione mettendo a disposizione il proprio fornitore di stupefacenti, NOME COGNOME (alias «NOME»). COGNOME, infatti, è stato definitivamente assolto dall’accusa di aver partecipato all’associazione e, pertanto, anche su questo punto, il narrato di COGNOME non ha trovato riscontro. In sintesi, secondo la difesa, la sentenza impugnata avrebbe travisato il contenuto delle dichiarazioni di NOME COGNOME e le avrebbe ritenute attendibili senza confrontarsi con le significative smentite che quelle dichiarazioni hanno incontrato nel corso del giudizio. Avrebbe, inoltre, attribuito a NOME un ruolo di promotore, consistito anche nello scegliere corrieri e fornitori e si sarebbe così contraddetta. Nell’escludere che NOME abbia avuto il ruolo di organizzatore del sodalizio, infatti, la sentenza ha affermato che egli non si curò dei rapporti con i fornitori quando l’esposizione debitoria nei loro confronti divenne eccessiva ed è manifestamente illogico che il ricorrente possa essersi disinteressato del pagamento di fornitori che aveva personalmente individuato.
5.2. Oltre a sostenere l’intrinseca inattendibilità delle dichiarazioni rese NOME COGNOME – il cui contenuto, peraltro, sarebbe stato travisato dalla sentenza impugnata – l’AVV_NOTAIO si duole che la Corte di appello di Napoli abbia considerato le dichiarazioni rese da NOME COGNOME e NOME COGNOME come significativi elementi di riscontro al narrato di COGNOME.
A questo proposito osserva:
che la prima sentenza rescindente aveva già evidenziato un contrasto tra le dichiarazioni rese da NOME COGNOME e da NOME COGNOME riguardo al ruolo svolto da NOME nella gestione della cassa (NOME ha sostenuto che svolgeva personalmente questo ruolo, NOME che a svolgerlo era NOME);
che la sentenza impugnata ha assolto NOME dall’imputazione di cui al capo 89-bis (detenzione e porto di una pistola calibro 9) evidenziando un insanabile contrasto nelle ricostruzioni della vicenda offerte da NOME COGNOME e da NOME COGNOME;
– che i contrasti esistenti su argomenti rilevanti tra le dichiarazioni di NOME COGNOME e quelle di NOME COGNOME avrebbero imposto un vaglio attento della credibilità di ciascuno dei due dichiaranti e della loro attendibilità intrinseca e estrinseca, ma tale vaglio è stato omesso dalla sentenza impugnata.
Secondo l’AVV_NOTAIO a ciò deve aggiungersi: che NOME COGNOME ha riferito di aver appreso ciò che sa della associazione perché lui e il fratello NOME COGNOME vivevano nella stessa casa; che NOME COGNOME non era certamente presente alla riunione tenutasi al ristorante “Il Laghetto”; che – come risulta dalla sentenza impugnata – egli ha dichiarato di non sapere perché NOME, NOME e NOME COGNOME si fossero associati e di aver pensato che insieme erano «la mente, la forza e il coraggio».
Da tali argomentazioni il difensore desume: che il racconto di NOME COGNOME non contiene riscontri obiettivi e individualizzanti rispetto al ruolo concretamente svolto da NOME (non conferma dunque che egli fu tra i promotori della associazione e non un partecipe della prima ora) e, soprattutto, che NOME COGNOME ha riferito su circostanze delle quali non ha conoscenza diretta ed ha appreso perché viveva con NOME COGNOME. Sostiene, dunque, che le due chiamate in correità, quand’anche convergenti, non sarebbero indipendenti tra loro e l’una sarebbe inidonea a riscontrare l’altra.
5.2. L’AVV_NOTAIO sviluppa considerazioni analoghe con riferimento alle dichiarazioni di NOME COGNOME, utilizzate dalla sentenza impugnata ad ulteriore riscontro delle dichiarazioni rese da COGNOME. Sottolinea infatti: in primo luogo, che le dichiarazioni con le quali COGNOME definisce COGNOME come il «capo dei capi» e gli attribuisce un particolare «carisma criminale» sono generiche e non consentono di attribuire al ricorrente il ruolo di «promotore», tanto più che la sentenza impugnata ha escluso il ruolo di organizzatore cui le dichiarazioni di COGNOME più ragionevolmente potrebbero riferirsi; in secondo luogo, che COGNOME ha dichiarato di non aver mai avuto rapporti diretti con NOME e di aver ricevuto ordini da COGNOME sicché, ancora una volta, la fonte informativa del dichiarante è rappresentata dalla persona al cui racconto dovrebbe fornire riscontro.
5.3. Il ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO censura la sentenza impugnata anche sotto il profilo della manifesta illogicità. Osserva in proposito che, secondo la Corte di appello, avendo contribuito nel settembre 2009 a fondare l’associazione, dopo poco più di un anno (nel febbraio 2011) NOME avrebbe smesso di interessarsi ad essa. La motivazione, inoltre, sarebbe apodittica e congetturale quando afferma che NOME avrebbe messo da parte risorse economiche poi reinvestite in attività imprenditoriali e immobiliari lecite. Tale affermazione – osserva il difensore – si scontra col dato obiettivo che NOME non è stato ritenuto responsabile del
«reimpiego o trasferimento fraudolento di beni o valori» e la sentenza non ha adottato nei suoi confronti «misure ablative di natura patrimoniale».
Con memoria del 27 febbraio 2024 l’AVV_NOTAIO ha formulato motivi aggiunti riprendendo le argomentazioni già sviluppate nell’originale ricorso e aggiungendo argomenti a sostegno della inattendibilità di NOME COGNOME. Tali argomenti sono fondati anche su dati acquisiti dopo la pronuncia della sentenza impugnata. Il difensore riferisce infatti che, in data 3 maggio 2023, in un diverso giudizio in corso di fronte al Tribunale di Salerno, NOME COGNOME avrebbe dichiarato «di non ricordare chi fosse COGNOME NOME o meglio di ricordare che fosse un ragazzo che aveva la pizzeria» (così testualmente pag. 5 del motivo aggiunto).
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati nei termini di seguito specificati.
Si deve preliminarmente chiarire che non è oggetto del presente ricorso, perché è stata definitivamente accertata, la partecipazione di NOME COGNOME ad una associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti operativa a partire dall’autunno del 2009 nella città di Battipaglia e nei territor vicini. È in discussione, invece, il ruolo che COGNOME svolse all’interno di questa associazione della quale fece parte fin dal momento della fondazione, avvenuta a settembre 2009. Il giudice di rinvio era chiamato a valutare se COGNOME avesse svolto, all’interno della associazione, il ruolo di mero partecipe – riconducibile entro l’ambito operativo della fattispecie prevista dall’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/90) – ovvero quello di promotore e organizzatore ex art. 74, comma 1, del medesimo d.P.R. e ha ritenuto che egli abbia svolto un ruolo di vertice solo nella fase iniziale della operatività del sodalizio promuovendo la costituzione della associazione, dalla quale si defilò a febbraio del 2011 dopo l’arresto di NOME COGNOME.
La Corte di appello di Napoli ha escluso che all’odierno ricorrente possa essere attribuita la qualifica di organizzatore perché lo svolgimento di tale funzione è «incompatibile con taluni specifici eventi» che sono stati accertati nel corso delle indagini. È provato, infatti, che, in epoca successiva all’arresto di NOME COGNOME, sorse una frattura nel gruppo perché NOME non voleva farsi carico dei debiti accumulati con i fornitori. Secondo la sentenza impugnata (pag. 8) si trattava di una esposizione debitoria importante (per circa quattrocentomila euro) e, tuttavia, come lo stesso COGNOME ha riferito, NOME non si fece carico del problema e «si limitò ad erogare un prestito di cinquemila euro ai vecchi sodali, per poi chiederne finanche la restituzione». Secondo la Corte territoriale questa circostanza, unita al fatto che i numerosi collaboratori di giustizia escussi nel corso del procedimento «nulla hanno riferito circa il concreto ruolo organizzativo svolto da NOME, limitandosi a testimoniare la sua intraneità al gruppo», portano a ritenere che egli non abbia svolto uno stabile ruolo organizzativo all’interno dell’associazione.
Pur avendo escluso che NOME sia stato un organizzatore del sodalizio criminoso, la Corte di appello ha ritenuto che l’odierno ricorrente debba essere ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90 per aver promosso, insieme a NOME COGNOME e a NOME COGNOME, la costituzione della associazione. Secondo la sentenza impugnata, il ruolo di promotore concretamente svolto da NOME è provato dal racconto di NOME COGNOME riscontrato dalle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
L’argomentazione prende le mosse dalle dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo il quale l’associazione si costituì nel corso di una riunione tenutasi a settembre 2009 presso il ristorante “il Laghetto” (cui erano presenti lo stesso COGNOME, NOME e NOME COGNOME). In quella occasione, NOME «si fece carico di reperire e gestire la rete di spacciatori, nonché di reperire un fornitore, po individuato in tale NOME».
Si deve subito sottolineare che le dichiarazioni nelle quali NOME ha riferito della riunione nella quale il gruppo si costituì sono state valutate credibili dai giudi di merito che hanno sottolineato l’apprezzabile livello di specificità del racconto. Le sentenze rescindenti non hanno censurato tale valutazione, ma hanno ritenuto che il racconto di NOME fosse insufficiente da solo a fornire prova certa del ruolo di promotore svolto da NOME.
In particolare, nella seconda sentenza rescindente (n. 23922/2021 del 14 gennaio 2021) si legge (pag. 11): la Corte di appello ha «richiamato in maniera pertinente le dichiarazioni di NOME COGNOME, il quale ha attribuito a COGNOME un ruolo decisivo nella costituzione del sodalizio avvenuta nel settembre 2009 a seguito di un summit, essendosi il ricorrente poi occupato di reclutare manodopera
e di avviare le attività illecite del gruppo». Si legge, inoltre, che «le dichiarazion di COGNOME costituiscono una base importante per l’assegnazione a COGNOME del ruolo di promotore», e tuttavia, già nella prima sentenza rescindente, il tema è stato valutato meritevole di approfondimento non potendosi ritenere sufficienti in tal senso, per quanto specifiche, le sole propalazioni del coimputato. Più in particolare, la Terza Sezione penale di questa Corte ha rilevato che la sentenza del 22 ottobre 2019 della Corte di appello di Napoli si è soffermata soprattutto sulle fasi successive alla costituzione della associazione senza verificare se «rispetto al momento genetico del sodalizio, il contributo di COGNOME fosse stato o meno determinante». Ha sottolineato, inoltre, che «spunti affermativi in tal senso parrebbero desumersi da altre dichiarazioni, come ad esempio quelle di NOME COGNOME o di altri soggetti, le cui rivelazioni tuttavia sono state sì riportate nel sentenza , ma senza un’adeguata valutazione critica rispetto alla loro reale valenza dimostrativa e all’eventuale correlazione logica con le altre fonti probatorie acquisite».
La sentenza oggetto del presente ricorso ha preso le mosse da tali considerazioni. Ha sostenuto, infatti, che la partecipazione di NOME alla riunione costitutiva del gruppo non sarebbe da se sola sufficiente a qualificare NOME come promotore della associazione e a distinguerlo da un «mero aderente della prima ora», ma depone in tal senso la circostanza, riferita dallo stesso COGNOME, che NOME si sia fatto carico «di reperire e gestire la rete di spacciatori, nonché di reperire un fornitore, poi individuato in tale NOME». Secondo la sentenza impugnata tali affermazioni trovano riscontro nelle dichiarazioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME più che su quelle di NOME COGNOME che erano state invece valorizzate nella sentenza del 22 ottobre 2019 (annullata dalla Terza sezione di questa Corte con la sentenza n. 23922/2021 del 14 gennaio 2021).
Nel contestare le argomentazioni sviluppate nella sentenza impugnata i difensori del ricorrente osservano che alcune delle dichiarazioni rese da COGNOME sono state smentite nell’ambito del presente procedimento.
Osservano in particolare che, secondo COGNOME, la costituzione a Battapaglia di una associazione finalizzata al traffico di stupefacenti tramite la quale doveva essere finanziato il RAGIONE_SOCIALE COGNOME (i cui esponenti di vertice erano detenuti), era stata promossa da NOME COGNOME e NOME COGNOME, ma la COGNOME e COGNOME sono stati assolti già in primo grado dal reato associativo, sicché sul punto il narrato di COGNOME non ha trovato riscontro.
Nel ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO si sottolinea, inoltre, che a differenza di quanto sostenuto nella sentenza impugnata, NOME COGNOME non ha attribuito a se stesso a NOME e a NOME il ruolo di promotori dell’associazione, ma
lo ha attribuito, invece, alla COGNOME e a COGNOME perché ha riferito che furono loro ad assumere una iniziativa in tal senso e a contattare NOME COGNOME il quale, nell’incontro tenutosi al ristorante “Il Laghetto”, coinvolse COGNOME e COGNOME ottenendo la loro adesione.
4.1. Per questa parte, le argomentazioni difensive non colgono nel segno.
Come si è detto, COGNOME ha dichiarato che l’iniziativa di costituire l’associazione fu adottata da NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali volevano costituire nel territorio di Battipaglia un sodalizio dedito al traffico di stupefacenti. Di quest decisione fu informato NOME COGNOME, che coinvolse COGNOME e COGNOME rappresentando loro la proposta della COGNOME. I difensori osservano che la sentenza di primo grado ha escluso esservi prova sufficiente della partecipazione di COGNOME e COGNOME al reato associativo e sostengono che questo dato avrebbe dovuto essere valutato con particolare attenzione per poter ugualmente sostenere che COGNOME è attendibile quando fornisce indicazioni sulle vicende costitutive della associazione. Così argomentando, la difesa sostiene che vi sarebbe contraddizione tra l’aver ritenuto non provata l’iniziativa adottata da NOME COGNOME e NOME COGNOME e aver ritenuto accertato invece l’incontro tenutosi al ristorante “I Laghetto” tra COGNOME, NOME e NOME NOME. I difensori, però, non indicano le ragioni di tale asserita contraddittorietà e non spiegano perché, in assenza di un precedente incontro tra COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME, il racconto relativo all’incontro al ristorante “Il Laghetto” (l’unico cui NOME era presente) dovrebbe essere considerato inattendibile. Nei ricorsi, peraltro, non si contesta che questo incontro sia avvenuto e neppure che NOME COGNOME vi abbia preso parte.
4.2. Come noto, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. la rilevata mancanza di elementi di riscontro con riguardo a specifiche dichiarazioni, non consente una pronuncia di condanna in relazione ai fatti oggetto di quelle dichiarazioni e, tuttavia, non rende complessivamente e intrinsecamente inattendibile il dichiarante. Se è vero, infatti, che il percorso valutativo col qua vengono verificate la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilit oggettiva delle sue dichiarazioni non si muove attraverso passaggi rigidamente separati sicché la credibilità soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiv del suo racconto devono essere vagliate unitariamente (Sez. (J, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255145; Sez. 1, n. 22633 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 262348; Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess, Rv. 276676); è pur vero che, sotto il profilo logico, la verifica della credibilità soggettiva dichiarante precede la verifica dell’esistenza di riscontri esterni. Non si può ignorare inoltre che, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, «in tema di valutazione probatoria della chiamata in correità, è lecita la “valutazione frazionata” delle dichiarazioni accusatorie, sempre che non esista
un’interferenza fattuale e logica fra la parte del narrato ritenuta fals credibile e le rimanenti parti che siano intrinsecamente attendibili ed adeguatamente riscontrate; il che si verifica solo quando fra la prima parte e le altre esista un rapporto di causalità necessaria ovvero quando l’una sia imprescindibile antecedente logico dell’altra. Ciò in quanto nella valutazione della chiamata in reità o correità vale, comunque, il principio della cosiddetta “frazionabilità” delle dichiarazioni, conseguendone che l’attendibilità della dichiarazione accusatoria, anche se esclusa per una parte del racconto, non coinvolge necessariamente l’attendibilità del dichiarante con riferimento a quelle parti del racconto che reggono alla verifica del riscontro oggettivo esterno; sempre che l’inattendibilità di una parte della dichiarazione non sia talmente macroscopica, per conclamato contrasto con altre sicure emergenze probatorie, da compromettere la stessa credibilità del dichiarante» (Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231300; Sez. 6, n. 35327 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 256097; Sez. 6, n. 25266 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270153). La giurisprudenza, tuttavia, è concorde nel ritenere che, «quando ragionevolmente e plausibilmente si prospetta, e ancora più quando si verifica, un’ipotesi siffatta, l’onere motivazionale del giudice ne risulta rafforzato, non potendo egli omettere di affrontare la questione e spiegare le ragioni per cui l’inattendibilità parziale dell dichiarazioni, processualmente smentite, non incide sull’attendibilità del dichiarante» (fra le tante: Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231300).
Tanto premesso, si deve osservare che, nel caso di specie, non è dato comprendere perché l’assenza di riscontri in ordine all’iniziativa assunta da COGNOME e COGNOME, dovrebbe incidere sulla attendibilità di un racconto nel quale si riferisce di un incontro finalizzato alla costituzione di una associazione destinata ad assumere il controllo delle attività di spaccio nel territorio di Battipaglia. E invero, il ricorrente neppure contesta che tale incontro vi sia stato e la mancanza di riscontri sulla partecipazione di COGNOME e COGNOME alle attività prodromiche alla costituzione della associazione è già stata valutata ininfluente sulla complessiva attendibilità di NOME COGNOME. Ciò è reso evidente dalla lettura della prima sentenza rescindente (sez. 4 sentenza n. 27943/2019 del 15 gennaio 2019, pag. 70 della motivazione) dalla quale risulta che NOME COGNOME è stata ritenuta responsabile di estorsione aggravata dal metodo mafioso (capo 114) perché le dichiarazioni accusatorie, rese da COGNOME NOME, secondo le quali ella aveva preteso che l’associazione (della quale RAGIONE_SOCIALE fu certamente un promotore) le versasse ogni mese 2.500 euro, sono state valutate attendibili e adeguatamente riscontrate dalle conformi dichiarazioni di altri collaboratori.
Per quanto esposto, non possono trovare accoglimento le argomentazioni sviluppate dall’AVV_NOTAIO nel terzo motivo del ricorso a sua firma così come quelle con le quali l’AVV_NOTAIO lamenta vizi di motivazione riguardo alla costituzione della associazione che, secondo lo stesso COGNOME, non sarebbe avvenuta per iniziativa sua, di NOME COGNOME e di COGNOME, bensì per iniziativa di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
I difensori del ricorrente rilevano che l’indicazione fornita da NOME COGNOME, secondo il quale NOME si fece carico di reperire un fornitore poi individuato in tale NOME COGNOME, è stata smentita nel corso del giudizio, perché NOME COGNOME è stato identificato in NOME COGNOME e questi è stato assolto con sentenza definitiva sia dall’accusa di aver fatto parte della associazione sia da quella di averla rifornita.
Il motivo è fondato. La sentenza impugnata, infatti, non ha spiegato come possa essere ritenuto significativo per attribuire a NOME il ruolo di promotore l’impegno a individuare un fornitore del quale, in concreto, l’associazione non si avvalse. A ciò deve aggiungersi che, secondo la Corte di appello, NOME non svolse nel sodalizio il ruolo di organizzatore perché non gestì i contatti con i fornitori e si disinteressò dell’ingente credito che costoro vantavano nei confronti della associazione, ma di quel sodalizio fu promotore perché si impegnò nella individuazione di coloro che avrebbero rifornito il gruppo: conclusioni contraddittorie nella misura in cui sostengono che NOME possa essersi completamente disinteressato del pagamento di fornitori che aveva personalmente individuato.
La sentenza impugnata sostiene che un «formidabile riscontro» alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME quanto al ruolo di promotore assunto da NOME sarebbe rappresentato dalle dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo il quale NOME, NOME e NOME COGNOME erano già attivi nel traffico di stupefacenti, ma poi si misero insieme e costituirono l’associazione.
I difensori obiettano che la prima sentenza rescindente aveva già evidenziato un contrasto tra il racconto di NOME e quello di NOME proprio con riferimento al ruolo svolto da NOME nell’associazione. Quella sentenza, infatti, aveva censurato la mancata indicazione di riscontri individualizzanti alle dichiarazioni con le quali NOME COGNOME aveva individuato in NOME il «gestore della cassa del sodalizio» sottolineando che v’era contrasto tra queste dichiarazioni e quelle di NOME, che ha detto di essersi occupato in prima persona della gestione della cassa (pag. 90 della motivazione). I ricorsi sottolineano, inoltre, che la sentenza impugnata ha assolto NOME dall’imputazione di cui al capo 89 bis (detenzione e
porto di una pistola TARGA_VEICOLO) evidenziando un insanabile contrasto nelle ricostruzioni della vicenda offerte da NOME COGNOME e da NOME COGNOME.
Secondo i difensori, l’esistenza di contrasti tra i due dichiaranti su argomenti di tale rilievo avrebbe imposto un vaglio attento della credibilità di NOME COGNOME e anche questo motivo è fondato. Se è vero infatti che, quando non esiste una interferenza fattuale e logica fra una narrazione ritenuta falsa o non credibile e le parti rimanenti di quella narrazione, è possibile procedere ad una valutazione “frazionata” dell’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie; è anche vero che, in questi casi, «l’onere motivazionale del giudice ne risulta rafforzato, non potendo egli omettere di affrontare la questione e spiegare le ragioni per cui l’inattendibilità parziale delle dichiarazioni, processualmente smentite, non incide sull’attendibilità del dichiarante» (Sez. 4, n. 5821 del 10/12/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 231300; Sez. 6, n. 35327 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 256097; Sez. 6, n. 25266 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270153). Ne consegue che, avendo individuato nelle dichiarazioni di NOME COGNOME un «formidabile riscontro» al racconto di NOME COGNOME quanto al ruolo di promotore assunto da NOME, la sentenza impugnata avrebbe dovuto argomentare sulla attendibilità di COGNOME.
7. Alle carenze motivazionali individuate se ne aggiungono altre. Né dalla sentenza impugnata né da quella di primo grado emerge che NOME COGNOME e NOME COGNOME siano stati presenti alle riunioni costitutive dell’associazione. Dalle sentenze di merito risulta infatti: che NOME COGNOME era informato delle attività associative perché è fratello di NOME COGNOME e viveva con lui; che NOME COGNOME non ebbe mai rapporti diretti con COGNOME, ma collaborava con COGNOME che era il suo referente diretto. In questa situazione, la sentenza impugnata avrebbe dovuto escludere che NOME COGNOME sia la fonte delle informazioni fornite dai due dichiaranti. Se così fosse, infatti, tali dichiarazioni sarebbero inidonee a fornire riscontro a quelle del collaboratore di giustizia. Ed invero, «i riscontr esterni alla chiamata di correità richiesti dall’art. 192 cod. proc. pen., possono consistere in elementi di qualsivoglia natura anche di carattere logico, ma che, oltre ad essere individualizzanti, e quindi avere direttamente ad oggetto la persona dell’incolpato in relazione allo specifico fatto a questi attribuito, debbono essere esterni alle dichiarazioni accusatorie, allo scopo di evitare che la verifica sia circolare ed autoreferente. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata che aveva condannato l’imputato ritenendo, tra l’altro, sufficiente ai fini della verifica positiva di una chiamata in correità, dichiarazioni altri coimputati che indicavano la fonte delle proprie conoscenze proprio nelle informazioni ricevute dall’autore della chiamata da riscontrare)» (Sez. 6, n. 1249 del 26/09/2013, dep. 2014, Ceroni, Rv. 258759; nello stesso senso: Sez. 3, n. 44882
del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260607; Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744)
A ciò deve aggiungersi: che le dichiarazioni di NOME COGNOME, come riportate nella sentenza impugnata, fanno riferimento, in particolare, ad attività di intimidazione compiute da COGNOME nei confronti di spacciatori; che un analogo riferimento è contenuto nelle dichiarazioni di NOME COGNOME; che COGNOME è già stato definitivamente ritenuto responsabile di condotte estorsive in danno di spacciatori e consumatori; che, infatti, la condanna per i reati di cui ai capi 92, 94, 99 e 100 è stata confermata dalla sentenza n. 27943/2019 di questa Corte; che, nonostante ciò, quella stessa sentenza ha ritenuto necessaria una più puntuale motivazione riguardo al ruolo attribuito a COGNOME all’interno dell’associazione; che, pertanto, le attività estorsive sono già state valutate compatibili con una mera partecipazione alla associazione e insufficienti a provare l’assunzione di un ruolo di vertice all’interno del sodalizio.
8. Le considerazioni svolte – valutate alla luce delle argomentazioni sviluppate dalla Corte di appello oltre che nella sentenza impugnata anche nelle due sentenze annullate (quella del 5 ottobre 2017 e quella del 22 ottobre 2019) – portano a ritenere che le lacune riscontrate dalle sentenze rescindenti riguardo all’attribuzione a NOME del ruolo di promotore non possano essere colmate.
I riscontri che i giudici di merito hanno via via individuato a sostegno delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME quanto agli impegni assunti da NOME nella fase costitutiva della associazione si sono tutti rivelati insufficienti: in alcuni c perché generici e privi di valenza individualizzante; in altri casi, perché non è stato accertato che le chiamate derivassero da fonti di informazione diverse così essere geneticamente autonome.
Più in generale, si deve prendere atto che – pur essendo stato accertato che NOME fu partecipe della associazione, cooperò nelle attività di spaccio e svolse attività estorsive per assicurare al sodalizio il controllo della “piazza” Battipaglia – i giudici di merito non hanno potuto individuare chiare correlazioni logiche tra gli elementi di prova acquisiti e le dichiarazioni con le quali COGNOME ha attribuito a COGNOME un ruolo determinante nella costituzione del sodalizio. Ed infatti, due successivi giudizi di rinvio non hanno consentito di individuare riscontri adeguati alle dichiarazioni secondo le quali nella fase costitutiva della associazione, NOME si occupò di reclutare la mano d’opera e di individuare i fornitori.
Per quanto esposto, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui attribuisce a NOME COGNOME il ruolo di promotore, ma non è necessario chiedere alla Corte di appello una nuova valutazione sul punto. È ormai evidente, infatti, che i giudici di merito si trovano nell’impossibilità di giungere oltre o
ragionevole dubbio a qualificare il fatto ascritto a COGNOME come violazione dell’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90. Ne consegue che il rinvio deve essere disposto ai soli fini della determinazione del trattamento sanzionatorio che dovrà essere compiuta tenendo conto della qualificazione giuridica del fatto quale violazione dell’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/90.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla qualificazione giuridica di promotore ai sensi dell’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/90 e rinvia per la conseguente determinazione del trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso il 13 febbraio 2024
estensore GLYPH
Il Presidente