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Ruolo di organizzatore: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul corretto inquadramento del ruolo di organizzatore in un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti. La Suprema Corte ha annullato con rinvio la decisione di una Corte d’Appello che aveva declassato alcuni imputati da organizzatori a semplici partecipi, nonostante gestissero piazze di spaccio e coordinassero altri affiliati. La sentenza chiarisce che per configurare il ruolo di organizzatore non è necessaria una totale autonomia decisionale dal capo del sodalizio, essendo sufficiente svolgere compiti gestionali e di coordinamento, anche se in nome e per conto del vertice. I ricorsi degli altri imputati sono stati dichiarati inammissibili per vizi procedurali.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ruolo di organizzatore in associazione criminale: quando si configura?

Stabilire la gerarchia e le funzioni all’interno di un’associazione a delinquere è cruciale per determinare la responsabilità penale di ciascun membro. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione sulla definizione del ruolo di organizzatore, distinguendolo da quello di mero partecipe. Il caso in esame, relativo a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, ha permesso alla Suprema Corte di delineare i confini di questa figura chiave, sottolineando che l’autonomia decisionale assoluta non è un requisito indispensabile.

I Fatti: La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso del P.G.

Il procedimento nasce da un’indagine su un vasto sodalizio criminale. In secondo grado, la Corte d’Appello aveva riformato parzialmente la sentenza di primo grado, declassando la posizione di alcuni imputati da promotori e organizzatori a semplici partecipi. Secondo i giudici d’appello, sebbene questi soggetti gestissero attivamente le piazze di spaccio, coordinassero altri affiliati e supervisionassero le attività, agivano “in nome e per conto” dell’indiscusso capo del clan, soprattutto durante i suoi periodi di detenzione. Questa dipendenza gerarchica, a parere della Corte territoriale, escludeva la qualifica apicale.

Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato questa decisione dinanzi alla Cassazione, ritenendo che la motivazione fosse illogica e contraddittoria. Secondo l’accusa, le attività concretamente svolte dagli imputati erano palesemente indicative di un ruolo di organizzatore, e la subordinazione al capo non era un elemento sufficiente per escluderlo.

Il Ruolo di Organizzatore e la Visione della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, individuando una “frattura logica” nel ragionamento della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno evidenziato come la stessa sentenza di secondo grado descrivesse compiti – quali la gestione delle piazze, la supervisione dei pusher e il coordinamento generale in assenza del leader – che sono tipici della figura dell’organizzatore.

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra “capo”, “organizzatore” e “partecipe”:
– Il Capo/Promotore è colui che crea o dirige l’associazione.
– L’Organizzatore è colui che coordina l’attività degli associati e assicura la funzionalità delle strutture del sodalizio. Questo ruolo, a differenza di quello del capo, ha una connotazione più esecutiva e non richiede una posizione di vertice assoluto.
– Il Partecipe è colui che si mette a disposizione dell’associazione, eseguendo ordini semplici senza avere poteri di gestione o autonomia.

La Cassazione ha affermato che agire “in nome e per conto del capo” non esclude il ruolo di organizzatore, ma anzi, ne è spesso una caratteristica. Un’organizzazione criminale, specialmente se strutturata verticalmente, prevede che figure intermedie gestiscano settori specifici sotto la direzione generale del vertice.

La Sorte degli Altri Ricorrenti

Parallelamente al ricorso del P.G., anche numerosi imputati avevano presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, la Corte ha dichiarato la maggior parte di questi ricorsi inammissibile. Le ragioni sono state diverse: alcuni imputati avevano concordato la pena in appello (c.d. patteggiamento in appello), rinunciando implicitamente ai motivi di gravame; altri avevano rinunciato espressamente a specifici motivi, rendendo definitive le statuizioni su quei punti; altri ancora hanno presentato censure generiche o volte a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione della Cassazione si fonda sull’incompatibilità logica tra le premesse fattuali e le conclusioni giuridiche della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che la giurisprudenza costante definisce l’organizzatore come colui che svolge compiti gestionali essenziali per la vita del clan, potendo anche dirigere un’articolazione territoriale specifica. La mancanza di un’autonomia decisionale assoluta è irrilevante se l’imputato ha comunque il potere di coordinare uomini e mezzi per il perseguimento dei fini associativi. La Corte territoriale, pur descrivendo esattamente questo scenario, ha tratto conclusioni errate, dequalificando il ruolo degli imputati senza una giustificazione logico-giuridica coerente. La sentenza impugnata è stata quindi annullata limitatamente alle posizioni di questi imputati, con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio che tenga conto dei principi espressi.

Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa pronuncia consolida un importante principio di diritto in materia di reati associativi. Chiarisce che il ruolo di organizzatore è definito dalle funzioni concretamente esercitate e non dalla posizione formale nella gerarchia criminale. La sentenza fornisce uno strumento interpretativo più efficace per distinguere le figure dirigenziali intermedie dai meri esecutori di ordini, garantendo una più corretta commisurazione della pena in base all’effettivo contributo di ciascuno alla vita e all’operatività del sodalizio criminale. Si tratta di un monito per i giudici di merito a valutare la sostanza delle condotte piuttosto che fermarsi a una visione formale delle gerarchie interne all’associazione.

Per essere considerato ‘organizzatore’ di un’associazione criminale è necessaria la totale autonomia dal capo?
No, la Cassazione chiarisce che il ruolo di organizzatore è compatibile con una posizione di subalternità rispetto al vertice. L’elemento essenziale è lo svolgimento di compiti di coordinamento del contributo degli associati e di gestione delle strutture, anche se si agisce in nome e per conto del capo.

Cosa succede se un imputato rinuncia in appello a specifici motivi di ricorso?
La rinuncia, anche parziale, ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza sui punti oggetto di rinuncia. Di conseguenza, tali censure non possono essere riproposte nel successivo ricorso per cassazione, in quanto le relative statuizioni sono divenute irrevocabili.

Qual è la differenza tra il ruolo di ‘capo’ e quello di ‘organizzatore’?
Il ‘capo’ o ‘promotore’ è colui che si trova al vertice della struttura e la dirige. L”organizzatore’, pur potendo essere in posizione subordinata, ha compiti gestionali e di coordinamento. Svolge un’attività esecutiva che assicura il funzionamento del sodalizio, distinguendosi così dal mero ‘partecipe’, il quale esegue ordini semplici senza autonomia gestionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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