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Ruolo di organizzatore: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare per un individuo accusato di avere un ruolo di organizzatore in un’associazione di tipo mafioso. La Corte ha chiarito che per ricoprire tale ruolo non è necessario essere il vertice assoluto dell’organizzazione, ma è sufficiente esercitare funzioni direttive e decisionali. La decisione si è basata su una valutazione complessiva di prove, tra cui dichiarazioni di collaboratori di giustizia e intercettazioni, che hanno superato gli argomenti difensivi volti a qualificare l’indagato come un mero partecipe.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ruolo di Organizzatore in Associazione Mafiosa: La Cassazione Fa Chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale nel diritto penale associativo: la distinzione tra il ruolo di organizzatore e quello di semplice partecipe in un sodalizio di tipo mafioso. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, confermando l’importanza di una valutazione complessiva degli elementi indiziari per definire le gerarchie interne a un clan.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un individuo accusato di essere organizzatore e promotore di un noto clan operante sul territorio napoletano. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo che la gravità indiziaria non fosse sufficiente a giustificare tale accusa, né la misura cautelare in carcere.

Secondo la tesi difensiva, gli elementi a carico si basavano su dichiarazioni di collaboratori di giustizia datate e già valutate in passato, e che in ogni caso delineavano una figura subordinata ad altri capi storici del clan. A sostegno di questa tesi, la difesa evidenziava come l’indagato ricevesse una ‘mesata’ (stipendio mensile) di 2.000 euro, elemento che lo qualificava come un mero ‘stipendiato’ e non come un vertice. Inoltre, si sottolineava come altre intercettazioni, pur provando un suo coinvolgimento, non ne dimostrassero un ruolo apicale.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ruolo di Organizzatore

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando l’ordinanza del Tribunale del riesame. I giudici di legittimità hanno ribadito che il loro compito non è quello di riesaminare nel merito le prove, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la valutazione del Tribunale fosse immune da vizi. Il quadro indiziario, basato non solo su dichiarazioni di collaboratori (alcune delle quali molto recenti), ma anche su numerose intercettazioni, era stato considerato sufficiente a sostenere l’accusa di un ruolo di organizzatore.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della pronuncia risiede nella definizione giuridica di ‘capo’ o ‘organizzatore’ ai sensi dell’art. 416-bis del codice penale. La Cassazione ha ricordato un principio consolidato: non è ‘capo’ solo il vertice assoluto dell’organizzazione, ma anche ‘colui che abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo esplicarsi quotidiano’.

Applicando questo principio, la Corte ha osservato che:

1. Valore delle Prove: Le dichiarazioni dei collaboratori, anche se collocavano l’indagato in una posizione subordinata rispetto ai leader supremi, ne confermavano comunque una posizione sovraordinata rispetto agli altri associati nell’ambito territoriale di competenza.
2. Contenuto delle Intercettazioni: Le conversazioni intercettate mostravano l’indagato mentre discuteva di attività estorsive, impartiva disposizioni sulla riscossione e divisione dei proventi illeciti. Questo comportamento è tipico di chi esercita un potere direttivo.
3. Percezione del Ruolo: Un’intercettazione in cui l’indagato si lamentava di non essere stato convocato da un boss appena scarcerato è stata interpretata non come prova di subordinazione, ma, al contrario, come la chiara conferma del ruolo apicale che egli stesso si attribuiva e che si aspettava gli venisse riconosciuto.
4. Carisma Criminale: Anche elementi apparentemente secondari, come un’intercettazione in cui si vantava del rispetto ricevuto in un locale pubblico, sono stati valorizzati come indici del suo elevato carisma criminale e, di conseguenza, della sua influenza all’interno dell’associazione.

La Corte ha quindi concluso che l’insieme di questi elementi, valutati in modo logico e coerente dal Tribunale, supportava pienamente la qualifica di promotore e organizzatore, rendendo inammissibili le censure difensive che miravano a una diversa e frammentaria lettura del materiale probatorio.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un’interpretazione estensiva e funzionale del ruolo di organizzatore nei reati associativi. Non è necessario trovarsi in cima alla piramide criminale per essere considerati tali; ciò che conta è l’esercizio effettivo di un potere decisionale e direttivo, anche se limitato a un settore specifico o a un determinato territorio. La pronuncia sottolinea, inoltre, l’importanza di una valutazione globale e non atomistica degli indizi, dove intercettazioni, dichiarazioni e comportamenti dell’indagato concorrono a formare un quadro probatorio coeso. Per la difesa, ciò significa che argomenti isolati, come la percezione di uno stipendio, difficilmente possono scardinare un impianto accusatorio fondato su una pluralità di elementi convergenti.

Per essere considerati ‘organizzatori’ di un’associazione criminale è necessario essere il capo assoluto?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ruolo di ‘capo’ o ‘organizzatore’ non spetta solo al vertice dell’organizzazione, ma anche a chiunque abbia incarichi direttivi e risolutivi nella vita del gruppo criminale e nel suo agire quotidiano.

Ricevere uno stipendio (‘mesata’) dal clan esclude automaticamente un ruolo direttivo?
No. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che ricevere uno stipendio non fosse un elemento sufficiente a declassare il ruolo dell’indagato a quello di mero partecipe, a fronte di altre prove (come intercettazioni e dichiarazioni) che dimostravano il suo potere decisionale e direttivo.

Come vengono valutate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia rispetto ad altre prove come le intercettazioni?
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le intercettazioni vengono valutate congiuntamente. La decisione si basa su una valutazione complessiva di tutti gli elementi probatori, che devono logicamente convergere nel delineare il quadro indiziario, senza che un tipo di prova prevalga sull’altro in astratto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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