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Ruolo apicale nel clan: la Cassazione conferma

Un soggetto è stato condannato per avere un ruolo apicale in un’associazione mafiosa. In ricorso, sosteneva che l’assoluzione dei suoi familiari smontasse l’accusa. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno chiarito che un ruolo di vertice può esistere in una struttura criminale più ampia, anche senza la prova di un sottogruppo familiare. La decisione si fonda su una rilettura di tutte le prove, incluse condanne precedenti e la partecipazione a riunioni strategiche, che dimostravano il suo potere decisionale. Il caso definisce i parametri per accertare un ruolo apicale in reati di tipo mafioso.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ruolo Apicale: la Cassazione consolida i criteri probatori

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15508/2025, torna a pronunciarsi sulla complessa questione della prova del ruolo apicale all’interno di un’associazione di tipo mafioso. La decisione offre importanti chiarimenti su come il giudice di merito debba valutare il compendio probatorio, anche a fronte di sentenze assolutorie nei confronti di altri membri del gruppo familiare. Questo caso evidenzia la differenza tra l’appartenenza a una ‘ndrina familiare e il rivestire una posizione di comando in una struttura criminale più ampia e articolata.

I fatti del processo

Il procedimento giudiziario ha avuto un iter lungo e complesso. L’imputato era stato condannato in primo grado per partecipazione ad associazione mafiosa con un ruolo di vertice. A seguito di un primo annullamento con rinvio da parte della Cassazione, la Corte d’Appello aveva escluso tale aggravante, basandosi sull’assoluzione dei familiari dell’imputato e ritenendo non provata l’esistenza di una ‘ndrina familiare da lui capeggiata.

Tuttavia, un secondo ricorso in Cassazione, questa volta proposto dal Procuratore Generale, portava a un nuovo annullamento. La Suprema Corte evidenziava come i giudici del rinvio non avessero adeguatamente considerato elementi probatori cruciali, tra cui una precedente condanna definitiva che già attribuiva all’imputato un ruolo organizzativo in un altro clan e la sua partecipazione a un summit di alto livello. La Corte d’Appello, nel terzo giudizio, si è quindi uniformata a tali indicazioni, riconoscendo nuovamente il ruolo apicale e determinando la pena di conseguenza. È contro questa ultima decisione che l’imputato ha proposto il ricorso ora esaminato.

L’analisi del ruolo apicale nel giudizio di rinvio

Il ricorrente ha contestato la logicità della motivazione, sostenendo che l’assoluzione dei suoi congiunti impedisse di configurare una sua posizione di capo. Inoltre, ha fornito una lettura alternativa di alcuni episodi chiave, come la sua partecipazione a un incontro tra esponenti di spicco, sostenendo che non dimostrasse una sua autorità.

La difesa ha anche lamentato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a suo dire negato sulla base della sola gravità astratta del reato, in violazione dei principi consolidati.

La valutazione della Corte di Cassazione sul ruolo apicale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, ritenendo la sentenza impugnata immune da vizi logici o giuridici. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la Corte d’Appello, nel giudizio di rinvio, ha correttamente adempiuto al suo compito: colmare le lacune motivazionali indicate dalla precedente sentenza di annullamento, procedendo a una piena e autonoma rivalutazione di tutto il materiale probatorio.

Il punto centrale è la distinzione tra il concetto di ‘ndrina familiare e quello di ‘Locale’. L’assoluzione dei familiari ha fatto cadere l’ipotesi di una cosca a base familiare, ma non ha escluso che l’imputato potesse rivestire un ruolo apicale nella più ampia struttura territoriale della ‘Locale’.

Gli elementi probatori decisivi

La conferma del ruolo di vertice si è basata su una serie di elementi convergenti:

1. Sentenza precedente: Una condanna irrevocabile aveva già accertato il suo ruolo di organizzatore e cassiere di un clan fino al 2000.
2. Il summit del 2012: La sua partecipazione a una riunione convocata dal capo di una ‘Locale’ egemone per risolvere un conflitto interno è stata interpretata come un chiaro segno del suo peso e della sua autorità. In quella sede, gli è stato riconosciuto il potere decisionale sulla gestione di un importante villaggio turistico, centro strategico per le attività del clan.
3. Dichiarazioni dei collaboratori e intercettazioni: Hanno confermato il suo potere egemone sul territorio, la sua capacità di influenzare assunzioni e di gestire attività economiche per conto dell’organizzazione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha concluso che la motivazione della sentenza impugnata è logica, coerente e completa. I giudici del rinvio hanno correttamente spiegato perché, nonostante l’assoluzione dei familiari, l’imputato fosse stato ‘riposizionato’ dopo la scarcerazione in un ruolo di vertice, non di semplice partecipe, ma di referente apicale di uno dei centri nevralgici del clan. L’analisi non si è limitata a un singolo elemento, ma ha abbracciato l’intero quadro probatorio, dimostrando come il potere dell’imputato non derivasse dal comando di un piccolo gruppo familiare, ma dalla sua posizione strategica all’interno dell’intera associazione. Anche il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo, in quanto fondato sulla personalità dell’imputato e sui suoi precedenti, parametri previsti dall’art. 133 c.p., e non sulla mera gravità del reato.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio fondamentale: la prova del ruolo apicale in un sodalizio mafioso non è legata a rigidi schemi organizzativi, ma deve essere desunta da un’attenta analisi del ruolo funzionale e del potere effettivo esercitato dal soggetto nel contesto criminale. Il giudice di merito, specialmente in sede di rinvio, ha il potere e il dovere di rivalutare l’intero compendio probatorio per giungere a una decisione fondata su una motivazione logica e completa, senza essere vincolato a soluzioni parziali. La decisione impugnata ha superato questo vaglio, dimostrando con coerenza la sussistenza di una posizione di vertice qualificata.

L’assoluzione dei familiari dall’accusa di far parte di una cosca familiare esclude automaticamente il ruolo apicale di un altro membro della stessa famiglia?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ruolo apicale può sussistere all’interno della più ampia struttura criminale (la ‘Locale’), anche se non viene provata l’esistenza di una ‘ndrina a base strettamente familiare.

Quali elementi possono essere usati per provare un ruolo apicale in un’associazione mafiosa?
La prova può derivare da una valutazione complessiva di molteplici elementi, tra cui sentenze definitive precedenti, la partecipazione a riunioni di vertice, il potere decisionale in settori strategici per il clan (come la gestione di attività economiche) e la capacità di risolvere conflitti interni all’organizzazione.

Il giudice può negare le attenuanti generiche basandosi solo sulla gravità del reato?
No, ma può negarle basandosi su una valutazione di elementi specifici indicati dall’art. 133 c.p., come la personalità dell’imputato e le sue precedenti condanne. Anche un solo elemento, se ritenuto prevalente, può essere sufficiente a giustificare il diniego.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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