Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31915 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31915 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Latina il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Roma, in data 8 giugno 2022, il quale, all’esito di rito abbreviato, condannava COGNOME NOME alla
pena di anni due e mesi sei di reclusione per i reati di cui agli artt. 326 e 615-ter cod. pen., assolvendolo dal reato di corruzione.
I giudici di merito hanno ritenuto provato che il militare del NOE, NOME, fornisse informazioni sulle indagini in corso, per traffico illecito di rifiu nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, ad COGNOME NOME, ex comandante del NOE di Bologna, in rapporti con la famiglia COGNOME, proprietaria della società suddetta. Le informazioni coperte da segreto investigativo erano veicolate al luogotenente COGNOME attraverso la casella di posta elettronica EMAIL , fittiziamente intestata a tale Bario NOME. Le intercettazioni telefoniche e ambientali, l’analisi dei file di log, gli accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria, l’esame dei tabul avevano consentito di ricostruire che COGNOME acquisiva le informazioni riservate, condivise con il COGNOME, il quale le riferiva ad COGNOME NOME.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 192, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
Rileva il ricorrente che il COGNOME non era stato riconosciuto colpevole dal G.u.p., in quanto la posizione era stata stralciata ed è ancora sub judice in primo grado, avendo tale imputato optato per il rito ordinario; il Luogotenente COGNOME COGNOME non era in servizio al NOE, ma ai Servizi Segreti; il COGNOME aveva sì accesso alla casella EMAIL , ma non esiste alcuna evidenza, se non erronee deduzioni, che con quella casella avesse trasferito i documenti coperti da segreto al COGNOME.
Nella sentenza di primo grado si dice, senza sapere di cosa avessero parlato, che il 28 dicembre 2017 COGNOME e COGNOME si erano confrontati sui loro traffici illeciti, ma il 29 dicembre COGNOME, intercettato in ambientale, riferiva a COGNOME che la sua fonte non era riuscita a ottenere le informazioni richieste.
Nella sentenza non si menziona l’appartenenza dell’imputato al SOC, ritenendolo erroneamente appartenente al NOE, motivo per cui il ricorrente non aveva accesso alla rete e alle cartelle del NOE.
Le indagini del maggiore COGNOME non sono rilevanti: lo stesso non ha seguito la presunta appropriazione di NOME in quanto avrebbe dovuto farlo per il tramite della funzione video che non ha funzionato. Il video telematico non è, inoltre, attestato dalla polizia giudiziaria ed è stato seguito da tecnici non particolarmente capaci.
2.2. Violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 62-bis e 133 cod. pen.
L’imputato è stato sempre presente in udienza e ha reso ampia deposizione. Le pene dei coimputati COGNOME e COGNOME, in sede di patteggiamento, sono più lievi di quella comminata a COGNOME.
2.3. La difesa ha depositato conclusioni scritte, reiterative dei motivi di ricorso, nella quali si sottolinea che il AVV_NOTAIO Generale, erroneamente, nella sua requisitoria continua a richiamare come veri i fatti censurati da questa difesa, ovvero l’appartenenza del COGNOME ai Servizi Segreti e non all’RAGIONE_SOCIALE e l’appartenenza del COGNOME al NOE e non al SOC.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di ricorso appare declinato interamente in fatto e generico.
Come, COGNOME puntualmente evidenziato nella sentenza COGNOME impugnata, COGNOME nel procedimento in esame le prove sono costituite, in larga parte, da captazioni di conversazioni. Sul punto, occorre ricordare che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Contrariamente all’assunto difensivo, la sentenza non incorre nei vizi denunciati, in quanto risulta esaminata ogni censura difensiva e confutata la prospettazione riduttiva o alternativa proposta e nuovamente reiterata, senza minimamente confrontarsi con il coerente percorso giustificativo della sentenza impugnata.
Va osservato che i rilievi difensivi sono stati già proposti in sede di appello e sono stati convincentemente superati dal Collegio, che ha ricostruito in modo puntuale la genesi dell’indagine e gli accertamenti effettuati.
La Corte d’appello, attraverso un poderoso compendio probatorio, quali le intercettazioni telefoniche ed ambientali, i servizi di osservazione, pedinamento e controllo, l’attività tecnica del Maggiore COGNOME, l’analisi dei file di log di accesso alla casella di posta elettronica EMAIL , l’esame del materiale informatico sequestrato a COGNOME, i dati dei tabulati telefonici e “le prenotazioni aree” (idonee a ricostruire gli spostamenti e gli incontri intercorsi fra COGNOME e COGNOME), ha accertato con certezza che NOME, maresciallo Maggiore presso il RAGIONE_SOCIALE
ambientale, ha rivelato le notizie relative alle indagini svolte dal RAGIONE_SOCIALE, le ha condivise con il COGNOME, il quale le riferiva all’COGNOME, che riceveva ulterio informazioni anche da COGNOME NOME. L’COGNOME, poi, riportava le notizie così apprese a COGNOME NOME, COGNOME NOME NOME COGNOME NOME, Presidente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, oltre che AVV_NOTAIO della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE, società anch’esse riconducibili alla famiglia COGNOME.
La Corte di appello ha, altresì, sottolineato che:
era emerso che lo scambio di informazioni illecitamente acquisite dal COGNOME avveniva attraverso la casella di posta elettronica EMAIL , in uso al COGNOME;
i controlli sui file di log avevano permesso di appurare che alla casella di posta accedevano esclusivamente il COGNOME e il COGNOME, da postazioni loro riconducibili ovvero dalle abitazioni o dai posti di lavoro;
l’attività istruttoria compiuta in data 6 marzo 2018, consentiva di accertare che, mediante un’intercettazione telematica sul computer del Maggiore COGNOME, su cui il COGNOME era stato autorizzato ad operare, era stata monitorata l’attivit compiuta da quest’ultimo, il quale aveva effettuato delle ricerche dei documenti presenti nel Desktop, aveva copiato i file, servendosi di una chiave USB, e aveva trasferito tale materiale nel cestino della casella di posta elettronica EMAIL .
2.1. Ciò posto, va rilevato che le obiezioni formulate dal ricorrente riguardano, come si è accennato, questioni di fatto e contestano specifici aspetti della ricostruzione operata dalla Corte d’appello. Quest’ultima ha espressamente sottolineato che la circostanza che gli informatori fossero plurimi, poco rileverebbe, posto che, con riferimento alle specifiche notizie riservate oggetto del delitto di cui al capo B), le risultanze illustrate consentono di ritenere, senza alcun dubbio, che era stato il NOME a parteciparle al COGNOME, il quale le aveva successivamente condivise con l’COGNOME, per poi farle pervenire ai vertici della società RAGIONE_SOCIALE.
Il Collegio ha, dunque, offerto una risposta non illogica a tutti i rilievi difens “in fatto”, riproposti in sede di ricorso. Le censure operate dal ricorrente tendono dunque ad una rilettura del compendio istruttorio non sindacabile in questa sede.
2.2. Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso nella parte in cui ritiene che i fatti accertati non integrino il reato di cui all’art. 326 cod. p avendo il COGNOME riferito le notizie ad un suo superiore.
Al riguardo, come ben evidenziato dalla pronuncia impugnata, risulta che l’imputato ha divulgato notizie d’ufficio ancora segrete, in quanto relative all’attività di indagini in corso di svolgimento da parte dei militari del NOE, i relazione a violazioni della normativa in materia di rifiuti. Il COGNOME, p
essendo un appartenente all’RAGIONE_SOCIALE, superiore in grado rispetto al COGNOME, non era autorizzato a ricevere le informazioni in questione, poiché estraneo all’attività di indagine, delegata ad altri militari operanti.
La doglianza avente ad oggetto la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è generica e manifestamente infondata, facendo esclusivo e apodittico COGNOME riferimento COGNOME al COGNOME comportamento COGNOME processuale COGNOME dell’imputato, caratterizzato dalla presenza a tutte le udienze e all’interrogatorio da lui reso, elementi che non appaiono rilevanti e tali da delineare un comportamento collaborativo. I giudici di merito, peraltro, si sono correttamente conformati al consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02 e Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590), facendo riferimento alla gravità della condotta e alla mancanza di elementi positivi di particolare pregnanza.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 30 aprile 2024
Il Pre idente