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Rivelazione segreti d’ufficio: quando assolvere?

Un pubblico ufficiale, accusato di rivelazione di segreti d’ufficio, è stato condannato in primo grado. In appello, il reato è stato dichiarato prescritto. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha annullato la sentenza di appello, assolvendo l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”. La Suprema Corte ha stabilito che, in caso di prove di innocenza evidenti, l’assoluzione nel merito prevale sulla prescrizione, specialmente in presenza di una parte civile.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rivelazione Segreti d’Ufficio: Assoluzione Piena anche con Reato Prescritto

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha riaffermato un principio fondamentale del diritto processuale penale: l’obbligo del giudice di pronunciare una sentenza di assoluzione nel merito, anche quando il reato è estinto per prescrizione, se l’innocenza dell’imputato emerge in modo evidente dagli atti. Questo caso, riguardante una presunta rivelazione segreti d’ufficio, dimostra come la giustizia sostanziale debba prevalere su quella meramente formale.

I Fatti del Processo

Un vice dirigente della Squadra mobile veniva accusato di aver rivelato a un avvocato informazioni coperte da segreto d’ufficio. Nello specifico, l’informazione riguardava il coinvolgimento della sua squadra in un’operazione di polizia, un dettaglio che, secondo l’accusa, non doveva essere reso pubblico per non compromettere un’indagine più ampia.

Il Tribunale di primo grado lo condannava per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio. Successivamente, la Corte di Appello, pur riformando la prima sentenza, non entrava nel merito della colpevolezza ma dichiarava il reato estinto per intervenuta prescrizione. La difesa dell’imputato, non soddisfatta di una pronuncia che non riconosceva la sua piena innocenza, proponeva ricorso per cassazione.

La questione giuridica: prescrizione vs assoluzione

Il cuore della questione legale risiede nel rapporto tra la causa di estinzione del reato (la prescrizione) e la possibilità di un’assoluzione piena. L’articolo 129, comma 2, del codice di procedura penale stabilisce che, quando ricorre una causa di estinzione del reato ma risulta evidente che il fatto non sussiste, che l’imputato non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice deve pronunciare sentenza di assoluzione.

Questa norma è di cruciale importanza perché una sentenza di prescrizione, pur estinguendo il reato, non cancella il sospetto e può lasciare aperte le questioni relative al risarcimento del danno in sede civile. Un’assoluzione nel merito, invece, ripristina pienamente l’onorabilità dell’imputato.

La decisione della Cassazione sulla rivelazione segreti d’ufficio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di appello senza rinvio e assolvendo l’imputato ‘perché il fatto non sussiste’. La Corte ha rilevato come l’intero impianto accusatorio si fondasse su un’unica prova: un’intercettazione telefonica. Durante la conversazione, l’imputato diceva all’avvocato: ‘compare, stanotte abbiamo fatto il colpaccio con i colleghi di Bologna’.

Secondo i giudici di merito, questa frase avrebbe rivelato un’informazione segreta. La Cassazione, invece, ha ritenuto tale deduzione completamente priva di fondamento. Nel dialogo captato non vi era alcun riferimento a indagini segrete, a gruppi criminali specifici o a qualsiasi altro elemento che potesse integrare il reato di rivelazione segreti d’ufficio.

Le motivazioni

La Corte ha sottolineato che l’assoluzione nel merito si impone quando le prove dell’innocenza sono talmente chiare da essere percepibili ‘ictu oculi’, cioè a colpo d’occhio, senza necessità di ulteriori approfondimenti. In questo caso, l’assenza di elementi a sostegno dell’ipotesi accusatoria era ‘assoluta’ ed ‘evidente’. La condanna si basava su una mera congettura, non supportata da alcun dato oggettivo presente nella conversazione intercettata. Inoltre, la Corte ha logicamente osservato che l’intera costruzione accusatoria perdeva di senso, dato che l’avvocato (presunto destinatario della rivelazione) era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, e l’associazione stessa era stata ritenuta insussistente.

Le conclusioni

Questa sentenza è un importante monito sul dovere del giudice di ricercare la verità sostanziale. Anche di fronte alla prescrizione, non è possibile ‘accontentarsi’ di una declaratoria di estinzione del reato se dagli atti processuali emerge con chiarezza l’innocenza dell’imputato. La tutela della dignità della persona e il diritto a una piena riabilitazione esigono che, in assenza totale di prove, venga pronunciata la formula assolutoria più ampia, chiudendo definitivamente ogni aspetto della vicenda, sia penale che civile.

Quando un giudice può assolvere un imputato anche se il reato è prescritto?
Un giudice ha il dovere di assolvere un imputato, anche in presenza di prescrizione, quando dagli atti del processo emerge in modo evidente che ‘il fatto non sussiste’, ‘l’imputato non lo ha commesso’, ‘il fatto non costituisce reato’ o ‘non è previsto dalla legge come reato’. L’assoluzione prevale sulla prescrizione se la prova dell’innocenza è palese e non richiede ulteriori accertamenti.

Cosa significa ‘annullamento senza rinvio perché il fatto non sussiste’?
È una formula con cui la Corte di Cassazione chiude definitivamente un processo. ‘Annullamento senza rinvio’ significa che la sentenza del giudice precedente viene annullata e la Corte decide direttamente il caso, senza rimandarlo a un altro giudice. ‘Perché il fatto non sussiste’ indica la motivazione dell’assoluzione: l’evento storico descritto nell’accusa non si è verificato o non ha la rilevanza penale che gli era stata attribuita.

Quali prove sono state considerate insufficienti per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio in questo caso?
L’unica prova era un’intercettazione telefonica in cui l’imputato affermava di aver fatto ‘il colpaccio’ con dei colleghi. La Corte di Cassazione ha ritenuto questa prova del tutto insufficiente perché dalla conversazione non emergeva alcun riferimento a informazioni segrete, indagini in corso o dettagli che potessero compromettere operazioni di polizia. La deduzione che fosse avvenuta una rivelazione è stata considerata una mera congettura non supportata da alcun elemento concreto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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