LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Rivelazione segreti d’ufficio: elementi del reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30568/2025, annulla una condanna per rivelazione segreti d’ufficio, chiarendo gli elementi essenziali del reato. La Corte sottolinea che la notizia deve essere segreta, specifica e concretamente idonea a ledere la P.A. Il caso viene rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione della pena e per considerare l’applicabilità di istituti come la messa alla prova, precedentemente esclusa a causa di una errata qualificazione del reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rivelazione Segreti d’Ufficio: la Cassazione detta i confini del reato

La rivelazione segreti d’ufficio, disciplinata dall’art. 326 del codice penale, è un reato che tutela il buon andamento e l’imparzialità della Pubblica Amministrazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30568/2025) ha offerto importanti chiarimenti sugli elementi costitutivi di questo delitto, annullando con rinvio una sentenza di condanna e aprendo la strada a una nuova valutazione del caso, inclusa la possibilità di applicare la messa alla prova.

Il Caso in Esame

Il procedimento nasce dal ricorso di un imputato condannato dalla Corte di Appello per il reato di rivelazione di segreti d’ufficio. La difesa ha contestato la decisione, sostenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente valutato diversi aspetti cruciali, tra cui:

* L’indeterminatezza della notizia rivelata.
* La genericità e vaghezza dell’informazione.
* La materiale impossibilità per l’imputato di disporre di tale informazione.
* L’assenza di un rapporto di amicizia tra l’imputato e il presunto beneficiario della rivelazione.

Inoltre, la difesa lamentava che la riqualificazione del reato da parte del giudice di primo grado (da una forma aggravata a quella base) non era stata seguita dalla corretta valutazione della richiesta di messa alla prova, che era stata subordinata proprio a tale riqualificazione.

I Requisiti della Rivelazione Segreti d’Ufficio secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire quali siano gli elementi imprescindibili affinché si configuri il reato di rivelazione segreti d’ufficio. Non basta una qualsiasi fuga di notizie da un ufficio pubblico. Ai sensi dell’art. 326 c.p., la notizia deve possedere caratteristiche ben precise:

1. Segretezza: L’informazione deve essere destinata a rimanere segreta. Non rientra in questa categoria un’informazione che il destinatario avrebbe comunque titolo legittimo a conoscere.
2. Specificità: Non può trattarsi di una rivelazione generica o vaga. La notizia deve avere un contenuto specifico e definito.
3. Disponibilità Fattuale: L’informazione deve essere nella disponibilità materiale e giuridica del pubblico ufficiale in ragione del suo incarico.
4. Idoneità Lesiva: La rivelazione deve essere concretamente idonea a compromettere il buon andamento della pubblica amministrazione.

La Corte ha inoltre precisato che la condotta del pubblico ufficiale che rivela un segreto d’ufficio è interamente prevista dal primo comma dell’art. 326 c.p., anche quando la rivelazione avviene per ottenere un’utilità patrimoniale, configurando in tal caso un concorso con il reato di corruzione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata perché la Corte d’Appello non aveva adeguatamente valutato le deduzioni difensive. Secondo gli Ermellini, il giudice del rinvio dovrà effettuare una nuova e più approfondita analisi del fatto, verificando la sussistenza di tutti i requisiti sopra elencati.

Inoltre, la Cassazione ha stabilito che, a seguito della corretta qualificazione del fatto nel reato previsto dal primo comma dell’art. 326 c.p., la Corte d’Appello dovrà riconsiderare le istanze difensive che erano state accantonate. In particolare, dovrà valutare la possibilità di applicare l’istituto della messa alla prova (art. 168-bis c.p.), che era stato erroneamente ritenuto inapplicabile a causa del superamento dei limiti di pena legati alla contestazione originaria (forma aggravata). Allo stesso modo, dovranno essere riesaminate le richieste di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e delle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.).

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce il rigore con cui deve essere accertato il reato di rivelazione segreti d’ufficio. La decisione non solo definisce con chiarezza i contorni della fattispecie, ma sottolinea anche l’importanza di una corretta qualificazione giuridica del fatto per garantire l’accesso a tutti gli istituti processuali previsti dalla legge, come la messa alla prova. Per i pubblici ufficiali, è un monito sulla necessità di custodire con la massima diligenza le informazioni legate alla propria funzione. Per gli operatori del diritto, è una conferma che l’analisi del fatto deve essere meticolosa e che le garanzie procedurali devono essere sempre assicurate, a prescindere dalla gravità dell’accusa.

Quali sono i requisiti affinché si configuri il reato di rivelazione di segreti d’ufficio?
Secondo la sentenza, la notizia rivelata deve essere segreta, specifica, nella disponibilità fattuale del pubblico ufficiale e concretamente idonea a compromettere il buon andamento della pubblica amministrazione.

La riqualificazione di un reato in una forma meno grave può avere conseguenze su istituti come la messa alla prova?
Sì. La sentenza chiarisce che la riqualificazione del reato in una forma meno grave, con una pena edittale inferiore, impone al giudice di riconsiderare l’ammissibilità di istituti come la messa alla prova (art. 168-bis c.p.), la cui applicazione è legata a specifici limiti di pena.

Cosa significa che la Cassazione annulla una sentenza con rinvio?
Significa che la Corte di Cassazione ha riscontrato un errore di diritto nella decisione del giudice precedente (in questo caso, la Corte d’Appello) e l’ha cancellata. Il processo non è finito, ma viene ‘rinviato’, cioè rimandato a un altro giudice dello stesso grado (un’altra sezione della Corte d’Appello) che dovrà decidere nuovamente la questione, attenendosi ai principi di diritto stabiliti dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati