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Rivelazione di segreti militari: condanna e segreto NATO

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 29 anni e 2 mesi di reclusione per un ufficiale militare accusato di rivelazione di segreti militari. L’ufficiale aveva fotografato documenti classificati, alcuni dei quali ‘NATO SECRET’, salvandoli su una micro SD che ha poi consegnato a un diplomatico straniero in cambio di denaro. La difesa ha contestato la violazione del diritto di difesa, poiché i documenti NATO non sono stati resi accessibili nel processo. La Corte ha stabilito che il ‘segreto NATO’, derivante da trattati internazionali, costituisce una categoria autonoma dal ‘segreto di Stato’ e che la sua inviolabilità è necessaria. Il processo è stato ritenuto equo perché la mancata ostensione diretta è stata bilanciata dalla possibilità di esaminare testimoni qualificati che avevano visionato i documenti, garantendo così il contraddittorio. Il reato è stato considerato consumato e non tentato, poiché la consegna del supporto informatico ha perfezionato la rivelazione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rivelazione di Segreti Militari: la Cassazione tra Segreto NATO e Diritto di Difesa

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso di spionaggio di eccezionale delicatezza, che solleva questioni cruciali sul bilanciamento tra la sicurezza nazionale e il diritto a un giusto processo. Al centro della vicenda vi è la condanna di un ufficiale militare per la rivelazione di segreti militari, in un contesto che coinvolge informazioni classificate NATO. Questa decisione offre importanti chiarimenti sulla natura giuridica del ‘segreto NATO’ e sui limiti della conoscibilità delle prove in un processo penale.

I Fatti: Spionaggio in un Parcheggio

L’indagine ha avuto origine da una segnalazione dei servizi di informazione, che indicava un potenziale ‘pericolo di fuoriuscita di informazioni’ da un ufficio dello Stato Maggiore della Difesa. A seguito di ciò, è stata installata una microcamera nell’ufficio di un ufficiale, che ha registrato i suoi comportamenti per diversi giorni. Le registrazioni hanno mostrato l’ufficiale mentre fotografava documenti, sia cartacei che digitali, e trasferiva le immagini su una scheda micro SD. Successivamente, nascondeva la scheda in una scatola di medicinali.

Il culmine della vicenda si è verificato il 30 marzo 2021, quando l’ufficiale, pedinato dalle forze dell’ordine, si è incontrato con un diplomatico straniero in un parcheggio. Durante l’incontro, è avvenuto lo scambio: la micro SD in cambio di una somma di cinquemila euro. L’intervento immediato della polizia giudiziaria ha portato all’arresto dell’ufficiale e al recupero sia della scheda di memoria, in possesso del diplomatico, sia del denaro.

La Questione del Segreto NATO e il Diritto di Difesa

Il principale nodo processuale ha riguardato la gestione dei documenti contenuti nella micro SD. Dalle indagini è emerso che, dei 19 documenti fotografati, 13 erano classificati come segreti o riservati, e di questi ben 9 avevano la qualifica ‘NATO SECRET’.

In virtù della Convenzione di Ottawa del 1951, ratificata dall’Italia, gli archivi e i documenti NATO sono ‘inviolabili’. Di conseguenza, i cinque documenti ‘NATO SECRET’ più importanti non sono stati resi disponibili alla difesa, né al giudice nella loro interezza, generando una situazione di discovery parziale.

La difesa dell’imputato ha sostenuto che tale mancata ostensione avesse irrimediabilmente compromesso il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, rendendo nulle le accuse. Secondo i legali, senza poter analizzare direttamente le prove, era impossibile difendersi efficacemente. Inoltre, hanno argomentato che il ‘segreto NATO’ dovesse essere ricondotto alla disciplina del ‘segreto di Stato’ italiano, che prevede specifiche procedure di opposizione e conferma da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, procedure non seguite nel caso di specie.

La Decisione della Corte sulla Rivelazione di Segreti Militari

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’imputato, confermando la condanna. I giudici hanno stabilito che il ‘segreto NATO’ costituisce una categoria giuridica autonoma, la cui fonte risiede direttamente nel diritto internazionale pattizio (gli Accordi di Ottawa) e non nelle leggi interne sul segreto di Stato. Essendo la norma internazionale ‘auto-applicativa’, non necessita di alcuna procedura di conferma interna per essere efficace.

Di conseguenza, l’autorità giudiziaria ha agito correttamente nel non acquisire fisicamente i documenti, rispettando l’obbligo di inviolabilità. La Corte ha inoltre ritenuto che il diritto di difesa non fosse stato violato. Il principio del giusto processo, infatti, non è stato leso perché la mancata conoscenza diretta del contenuto dei documenti è stata adeguatamente ‘compensata’ da altre garanzie procedurali.

Le Motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un attento bilanciamento di interessi. Da un lato, la necessità imprescindibile di proteggere informazioni strategiche per la sicurezza dell’Alleanza Atlantica. Dall’altro, il diritto dell’imputato a un processo equo.

La Corte ha spiegato che il contraddittorio è stato pienamente garantito attraverso le deposizioni di testimoni altamente qualificati (ufficiali dello Stato Maggiore della Difesa) che avevano visionato integralmente i documenti. Questi testi hanno potuto descrivere in dibattimento la ‘cornice’ e la tipologia delle informazioni (es. analisi sui rischi di missioni militari, aspetti organizzativi della vigilanza aerea), senza rivelarne il contenuto specifico. Ciò ha permesso al giudice e alla difesa di comprendere la natura e la gravità delle informazioni oggetto della rivelazione di segreti militari, consentendo una corretta qualificazione giuridica del fatto.

Inoltre, la Corte ha respinto la tesi del reato tentato. Il delitto di rivelazione si considera consumato nel momento in cui l’agente perde il controllo dell’informazione e questa entra nella sfera di disponibilità del destinatario. La consegna della micro SD al diplomatico ha perfezionato il reato, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia stato bloccato prima di poter consultare i file.

Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante principio: la protezione del ‘segreto NATO’ può legittimamente limitare l’accesso diretto alle prove, a condizione che tale limite sia strettamente necessario e bilanciato da meccanismi processuali che assicurino comunque un contraddittorio effettivo e un equo processo. La testimonianza ‘indiretta’ di soggetti qualificati che hanno avuto accesso alle fonti segrete è stata ritenuta uno strumento idoneo a raggiungere tale equilibrio. La decisione chiarisce anche la distinzione netta tra segreto di Stato, disciplinato da norme interne, e segreto derivante da obblighi internazionali, che operano direttamente nell’ordinamento nazionale. Per gli operatori del diritto, questa pronuncia rappresenta un punto di riferimento fondamentale nella gestione di procedimenti penali che toccano la sicurezza nazionale e le relazioni internazionali.

Un processo può essere considerato equo anche se la difesa non ha accesso a tutte le prove perché coperte dal ‘segreto NATO’?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che il processo può essere considerato equo se la mancata ostensione diretta delle prove segrete è bilanciata da adeguate garanzie procedurali. In questo caso, la possibilità per la difesa di contro-esaminare i testimoni qualificati che avevano visionato i documenti è stata ritenuta una compensazione sufficiente a garantire il contraddittorio e il diritto di difesa.

Il ‘segreto NATO’ è la stessa cosa del ‘segreto di Stato’ italiano?
No, la Corte ha chiarito che il ‘segreto NATO’ è una categoria giuridica autonoma che deriva direttamente da trattati internazionali ratificati dall’Italia (Accordi di Ottawa). La sua disciplina non è quella prevista dalla legge italiana sul segreto di Stato (L. 124/2007) e non richiede le procedure di conferma da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Quando si considera consumato il reato di rivelazione di segreti militari?
Il reato si considera consumato nel momento in cui l’informazione segreta viene materialmente consegnata ed entra nella sfera di disponibilità del destinatario non autorizzato. Non è necessario che il destinatario abbia effettivamente preso conoscenza del contenuto. Nel caso di specie, la consegna della micro SD al diplomatico ha integrato la consumazione del reato, rendendo irrilevante il fatto che sia stato fermato subito dopo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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