Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 10008 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 10008 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a PATTI il 06/10/1967
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME dato atto che si Ł proceduto nelle forme della trattazione scritta; letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; lette le memorie di replica del difensore, che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 27/09/2024 la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Patti in data 20/11/2023 che ha ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 75 d.lgs. n. 159/2011, commesso con condotta continuata in Sinagra dal 13/07/2014 al 26/11/2015 e, ritenuta la recidiva, lo ha condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione.
A COGNOME era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Sinagra con decreto emesso dal Tribunale di Messina in data 20/05/2009 e vi era stato risottoposto il 12/07/2014, dopo un periodo di sospensione dovuto all’esecuzione di una sentenza di condanna a suo carico che lo aveva condotto in carcere il 13/07/2012 (in forza di sentenza divenuta irrevocabile il 04/07/2012) per restarvi ristretto l’11/07/2014.
Il Tribunale riteneva accertati i fatti contestati e considerava irrilevante il mancato rinnovo della valutazione di attualità della pericolosità sociale, dopo la sua scarcerazione, da parte della sezione misure di prevenzione, perchØ la sospensione della misura di prevenzione già in precedenza applicata era stata di durata inferiore a due anni e, ai sensi dell’art. 14, comma 2ter , d.lgs.n. 159/2011, non comportava l’obbligo di un nuovo pronunciamento del Tribunale competente.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME articolando i
seguenti motivi.
2.1 Illegittimità del provvedimento, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. per contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta integrazione del reato di cui all’art. 75 d.lgs.n. 159/2011.
NOME al momento in cui commetteva le condotte contestate non era legittimamente sottoposto alla misura di prevenzione, perchØ in considerazione del lungo periodo trascorso in detenzione sarebbe stata necessaria la rivalutazione della sua pericolosità sociale; nella motivazione della sentenza della Corte di appello di Messina, peraltro, si riscontravano sul punto argomenti contraddittori.
2.2 Illegittimità del provvedimento, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione delle norme di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, con specifico riferimento al disposto di cui all’art. 14, comma 2ter , d.lgs.n. 159/2011 rispetto alla contestazione di cui all’art. 75 d.lgs.cit.; manifesta illogicità.
Nel calcolo del periodo di concreta esecuzione della pena (data effettiva dal 13/07/2012 all’11/07/2014, inferiore solo di due giorni a due anni) la Corte avrebbe omesso di considerare il periodo trascorso prima in custodia cautelare.
2.3 Violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. per inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine al rigetto della richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche e motivazione apparente, travisamento della prova richiesta ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. e motivazione contraddittoria sul punto.
2.4 Illegittimità del provvedimento, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale in ordine alla ritenuta sussistenza della contestata recidiva con motivazione apparente o comunque illogica.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso depositando memoria scritta e chiedendo il rigetto del ricorso.
Il difensore dell’imputato ha depositato memorie di replica e ha insistito nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e va accolto.
Dato pacifico perchØ incontestato Ł che NOMECOGNOME dopo che gli era stata applicata misura di prevenzione della sorveglianza speciale in forza di provvedimento emesso in data 20/05/2009, era stato sottoposto a detenzione per l’esecuzione di una pena nell’arco di un periodo di pochi giorni inferiore a due anni.
La misura di prevenzione era stata quindi concretamente messa in esecuzione dopo l’11/07/2024, quindi a distanza di oltre cinque anni dall’emissione del decreto che valutava la pericolosità sociale dell’imputato.
Il Tribunale ha ritenuto legittimo ed efficace quel provvedimento in forza del dettato di cui all’art. 14, comma 2ter , d.lgs.n. 159/2011, che impone la rivalutazione della pericolosità sociale del proposto solo in caso di sospensione dell’esecuzione che raggiunga il termine di due anni.
Orbene con sentenza n. 162 del 24/09/2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma, limitatamente alle parole «se esso si Ł protratto per almeno due anni», facendo venire meno il riferimento normativo sulla base del quale si fonda la motivazione della sentenza impugnata che riteneva superflua nel caso di specie una rivalutazione dell’attualità della pericolosità sociale.
Le considerazioni svolte dal giudice delle leggi evidenziano che l’omessa rivalutazione pregiudica irrimediabilmente la legittimità dell’esecuzione del provvedimento applicativo risalente a
data precedente all’inizio dell’espiazione di una pena detentiva, anche se il tempo trascorso Ł inferiore a due anni; e da ciò derivano evidenti conseguenze sulla sussistenza del reato, che si connota per la violazione di prescrizioni contenute in quel provvedimento.
Secondo la Corte Costituzionale, l’art. 14, comma 2ter , d.lgs.n. 159/2011 «contrasta anche con il principio della necessaria finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma, Cost. Se Ł vero, infatti, che il successo di un trattamento rieducativo non Ł mai scontato, la presunzione legislativa in esame muove (…) dal non condivisibile presupposto che un trattamento penitenziario in ipotesi protrattosi fino a due anni sia radicalmente inidoneo a modificare l’attitudine antisociale di chi vi Ł sottoposto. Se ritenuto corretto, un simile presupposto varrebbe a determinare di per sØ l’incompatibilità con l’art. 27, terzo comma, Cost. di tutte le pene detentive di breve durata (sulla non sacrificabilità della funzione rieducativa della pena in favore di ogni altra, pur legittima, funzione della pena, sentenza n. 149 del 2018, punto 7 del Considerato in diritto, e ivi ulteriori riferimenti).
Pur nella consapevolezza dei molti ostacoli di ordine fattuale che si frappongono alla realizzazione dell’obiettivo costituzionalmente imposto dall’art. 27, terzo comma, Cost., l’ordinamento non può invece che muovere dalla premessa della idoneità anche delle pene detentive di durata non superiore ai due anni a svolgere una funzione rieducativa nei confronti del condannato.
Il che impone, per ovvie ragioni di coerenza rispetto a quella premessa, di lasciare aperta la porta a una verifica caso per caso se questo risultato sia stato raggiunto, o se invece persista, nonostante l’avvenuta espiazione della pena, una situazione di pericolosità sociale dell’interessato, che deve ancora essere contrastata mediante l’effettiva esecuzione della misura precedentemente disposta».
In mancanza di tale verifica, quindi, la risottoposizione alla misura di prevenzione deve considerarsi illegittima e la violazione delle prescrizioni da essa derivante non possono essere perseguite.
E difatti, come precisa la stessa Corte Costituzionale, la rimozione dall’art. 14, comma 2ter , d.lgs.n. 159/2011 delle parole «se esso si Ł protratto per almeno due anni», determina che «dopo la cessazione dello stato di detenzione, il tribunale sarà tenuto a verificare, anche d’ufficio, la persistenza della pericolosità sociale dell’interessato, con le modalità prescritte dalla disposizione in esame. Sino a tale rivalutazione, la misura di prevenzione in precedenza disposta dovrà considerarsi ancora sospesa, e le prescrizioni con essa imposte non potranno avere effetto nei confronti dell’interessato».
Il reato oggetto dell’imputazione a carico di NOME COGNOME deve pertanto considerarsi insussistente, senza che sia necessario alcun ulteriore accertamento.
Gli ulteriori motivi di ricorso rimangono assorbiti.
Per queste ragioni, dall’accoglimento del primo motivo di ricorso consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l’imputato va mandato assolto perchØ il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perche’ il fatto non sussiste
Così Ł deciso, 19/12/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME