Rito cartolare: quando l’astensione dell’avvocato non ferma il processo
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un’importante questione procedurale legata al rito cartolare, chiarendo l’inefficacia dell’astensione del difensore in assenza di una richiesta di discussione orale. La decisione sottolinea come le regole emergenziali, introdotte durante la pandemia, abbiano modificato le dinamiche processuali, con conseguenze dirette sul diritto di difesa. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per i reati di truffa e di spendita di banconote false. La Corte d’Appello aveva confermato la sua responsabilità penale, limitandosi a ridurre l’entità della pena. L’imputato, tramite il suo legale, ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su diversi motivi. Il principale argomento difensivo era di natura procedurale: il difensore aveva comunicato la sua adesione a un’astensione collettiva dalle udienze, ma la Corte d’Appello aveva deciso ugualmente la causa, trattandola con il rito scritto. Altri motivi di ricorso riguardavano il merito della vicenda, contestando la consapevolezza della falsità delle banconote e chiedendo una riqualificazione del reato in una fattispecie meno grave.
Rito Cartolare e Validità della Decisione
La Corte di Cassazione ha respinto il primo motivo di ricorso, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che il processo d’appello si era svolto secondo le regole del rito cartolare previsto dalla normativa emergenziale. Questa procedura speciale, pensata per evitare assembramenti durante la pandemia, prevede una trattazione scritta del caso, a meno che una delle parti non faccia esplicita richiesta di discussione orale. Nel caso specifico, né l’accusa né la difesa avevano presentato tale richiesta. Di conseguenza, l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze è stata considerata irrilevante. L’astensione, infatti, ha senso solo in relazione a un’udienza fisica o partecipata che, in questo caso, non era prevista. La Corte ha richiamato un proprio precedente (sentenza n. 42081/2021) per ribadire che, nel rito cartolare senza richiesta di discussione orale, l’astensione del legale non obbliga il giudice a rinviare la decisione, in quanto il diritto di difesa è già garantito attraverso il deposito di memorie scritte.
La Valutazione degli Altri Motivi di Ricorso
Anche gli altri motivi, relativi alla presunta ignoranza della falsità delle banconote e alla mancanza di dolo, sono stati giudicati inammissibili. La Cassazione ha osservato che tali argomenti erano una semplice riproposizione di questioni di fatto già ampiamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello nelle motivazioni della sua sentenza. È principio consolidato che la Corte di Cassazione sia giudice di legittimità, non di merito: il suo compito non è rivalutare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione del giudice precedente. Pertanto, tentare di ottenere una nuova valutazione delle prove in sede di legittimità è una strategia destinata all’insuccesso.
Le Motivazioni
La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla distinzione cruciale tra udienza partecipata e trattazione scritta. Il rito cartolare è un modello processuale autonomo in cui l’interlocuzione tra le parti e il giudice avviene per iscritto. Il diritto di difesa si esercita depositando atti e memorie, non attraverso l’arringa in aula. L’astensione dalle udienze è uno strumento di protesta che incide sulla celebrazione delle udienze fisiche; se l’udienza non è prevista e non è stata richiesta, l’astensione perde la sua funzione e non può paralizzare l’attività giurisdizionale. La Corte ha quindi concluso che non vi è stata alcuna violazione del diritto di difesa, poiché il legale avrebbe potuto esporre tutte le sue argomentazioni negli scritti difensivi. Per quanto riguarda gli altri motivi, la motivazione dell’inammissibilità risiede nella natura stessa del giudizio di cassazione, che preclude un riesame del merito dei fatti, come la valutazione della consapevolezza dell’imputato, già logicamente argomentata dalla Corte d’Appello.
Le Conclusioni
In conclusione, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro. La pronuncia ribadisce un principio fondamentale per la gestione del contenzioso in epoca post-pandemica: nel rito cartolare, l’onere di richiedere la discussione orale è a carico delle parti. In assenza di tale richiesta, il processo procede per iscritto e l’eventuale adesione del difensore a uno sciopero di categoria non ha alcun effetto sulla validità della decisione finale.
L’adesione dell’avvocato all’astensione dalle udienze obbliga il giudice a rinviare un processo trattato con rito cartolare?
No, secondo la Corte di Cassazione, se le parti non hanno richiesto la discussione orale, il processo si svolge per iscritto e l’astensione del difensore è irrilevante ai fini del rinvio.
Perché gli altri motivi di ricorso sono stati dichiarati inammissibili?
Perché erano questioni di fatto, come la consapevolezza della falsità delle banconote, già esaminate e decise dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo la corretta applicazione della legge.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione in ambito penale?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47203 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 28/03/1975
avverso la sentenza del 09/02/2024 della CORTE APPELLO di PERUGIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia che ne ha confermato la condanna per i delitti di cui agli artt. 640 e 455 cod. pen., riducendo però la pena previo giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che eccepisce la nullità della sentenza derivata dalla deliberazione della stessa nonostante il difensore avesse comunicato di aderire alla astensione collettiva dalle udienze, è manifestamente infondata in quanto:
il processo è stato trattato in grado di appello con il rito cartolare ex art. 23 bis di n. 137 del 2020, non avendo le parti chiesto la discussione orale (come risulta pacificamente dall’esame degli atti nonostante, per mero errore materiale, l’intestazione della sentenza riporti l’indicazione “pubblicata mediante lettura del dispositivo”);
nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica che prevede la trattazione in udienza camerale non partecipata, in mancanza di richiesta di discussione orale, l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria non implica l’obbligo per il giudicante di rinviare il procedimento al fine di garantire il diritto d difesa (Sez. 4, n. 42081 del 28/09/2021, Fiorentino, Rv. 282067 – 01);
Considerato che gli ulteriori tre motivi, che deducono l’ignoranza della falsità delle banconote, la mancanza di dolo e invocano la derubricazione nel reato di cui all’art. 457 cod. pen., sono versati in fatto e meramente riproduttivi di doglianze già esaminate dalla Corte di appello (cfr. pagine terza e quarta della motivazione);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024