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Rito abbreviato retroattività: no alla remissione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23569/2024, ha stabilito che non è possibile concedere la remissione in termini a un imputato che, avendo già scelto il rito ordinario, voglia optare per il rito abbreviato per beneficiare della nuova norma (art. 442 co. 2-bis c.p.p.) che prevede un’ulteriore riduzione di pena in caso di mancata impugnazione. La Suprema Corte ha sottolineato che le scelte processuali, una volta effettuate, creano una preclusione e sono regolate dal principio del ‘tempus regit actum’, escludendo una applicazione retroattiva in questo contesto.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rito abbreviato retroattività: la scelta del rito è irrevocabile

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 23569 del 2024 affronta un’importante questione legata al rito abbreviato e alla retroattività delle norme premiali introdotte dalla Riforma Cartabia. In particolare, la Corte ha chiarito che l’imputato che ha già optato per il rito ordinario non può chiedere di essere ‘rimesso in termini’ per accedere al rito abbreviato, neanche a seguito dell’entrata in vigore di una disciplina più favorevole. La decisione riafferma la rigidità delle scelte processuali e il principio del tempus regit actum.

I fatti del caso

Un giovane imputato, condannato in primo e secondo grado per due furti in appartamento, ha presentato ricorso in Cassazione. Il motivo del ricorso era il rigetto, da parte dei giudici di merito, della sua richiesta di essere rimesso in termini per poter scegliere il rito abbreviato. La richiesta era motivata dall’intenzione di beneficiare della nuova disposizione introdotta dal D.Lgs. 150/2022 (Riforma Cartabia), ovvero l’art. 442, comma 2-bis del codice di procedura penale. Tale norma prevede un’ulteriore riduzione di pena di un sesto per l’imputato che, giudicato con rito abbreviato, non proponga appello contro la sentenza di condanna.

La questione giuridica: Rito abbreviato e retroattività della norma più favorevole

Il nucleo della controversia riguardava la possibilità di applicare retroattivamente una norma che, pur incidendo sul trattamento sanzionatorio e avendo quindi natura sostanziale, è strettamente connessa a una scelta processuale. La difesa sosteneva che il carattere più favorevole della nuova legge dovesse prevalere, consentendo di ‘tornare indietro’ sulla scelta del rito ordinario. I giudici di merito, al contrario, avevano ritenuto tale scelta ormai preclusa, in quanto soggetta a precisi termini di decadenza.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che non è consentito rimettere in termini l’imputato per la richiesta di rito abbreviato al solo scopo di usufruire del nuovo e più mite regime sanzionatorio. La scelta del rito processuale, una volta scaduti i termini, diventa irrevocabile.

Le motivazioni

La Corte ha fondato la sua decisione su diverse argomentazioni. In primo luogo, ha ribadito che le norme che regolano l’accesso ai riti alternativi, come il giudizio abbreviato, sono di natura prettamente processuale. Pertanto, ad esse si applica il principio tempus regit actum (l’atto è regolato dalla legge del tempo in cui è compiuto) e non quello del favor rei (applicazione retroattiva della legge più favorevole), che riguarda le norme penali sostanziali.

In secondo luogo, consentire un ripensamento sulla scelta del rito vanificherebbe la ratio stessa del rito abbreviato, che è quella di garantire una rapida definizione del processo in cambio di un beneficio sanzionatorio. Ammettere la richiesta dell’imputato significherebbe disperdere tutta l’attività processuale già svolta nel giudizio di primo grado, in contrasto con gli obiettivi di efficienza e celerità perseguiti dalla stessa Riforma Cartabia.

Infine, la Corte ha sottolineato il ‘silenzio del legislatore’. A differenza di altri istituti (come la messa alla prova, per cui la Riforma ha previsto una specifica disciplina transitoria), per la modifica all’art. 442 c.p.p. non è stata introdotta alcuna norma che permetta di superare le preclusioni processuali già maturate. Tale silenzio è stato interpretato come una scelta deliberata di non concedere questa possibilità.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale della procedura penale: le scelte processuali strategiche, come quella tra rito ordinario e rito abbreviato, sono soggette a termini perentori e, una volta compiute, sono definitive. La sopravvenienza di una normativa più vantaggiosa non è una causa idonea a giustificare una ‘remissione in termini’ per modificare una decisione già presa. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che la valutazione sulla scelta del rito deve essere effettuata con la massima attenzione, poiché le sue conseguenze sono destinate a rimanere stabili per l’intero corso del procedimento.

È possibile chiedere la remissione in termini per accedere al rito abbreviato dopo l’entrata in vigore di una norma più favorevole?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, una volta scaduti i termini e optato per il rito ordinario, la scelta è preclusa e irrevocabile, anche se interviene una legge che rende il rito abbreviato più vantaggioso.

La nuova norma sulla riduzione di pena per chi non appella la sentenza del rito abbreviato (art. 442 co. 2-bis c.p.p.) ha efficacia retroattiva?
No, non nel senso di consentire a chi ha già scelto il rito ordinario di cambiare idea. La sua applicazione è legata a una scelta processuale che deve essere compiuta nei termini previsti dalla legge, secondo il principio ‘tempus regit actum’.

Perché la Cassazione ha applicato il principio ‘tempus regit actum’ invece di quello del ‘favor rei’?
Perché le norme che disciplinano i termini e le modalità di accesso ai riti processuali sono considerate norme procedurali, non sostanziali. Il principio del ‘favor rei’ (retroattività della legge più favorevole) si applica alle norme penali sostanziali (quelle che definiscono i reati e le pene), mentre alle norme processuali si applica il principio ‘tempus regit actum’ (la legge vigente al momento del compimento dell’atto).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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