Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5990 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5990 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Iseo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/02/2023 della Corte di appello di Brescia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore general AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 09/02/2023, la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza del GUP presso il Tribunale di Brescia del 19/05/2022, che aveva assolto l’imputato in esito a rito abbreviato, condannava lo stesso alla pena di anni due di reclusione in ordine al delitto di cui all’art. 10 d. Igs. 74/2000.
Avverso tale sentenza ricorre, tramite il proprio difensore di fiducia, il COGNOME.
2.1. Con il primo motivo, lamenta violazione di legge e di norme processuali previste a pena di nullità e segnatamente dell’articolo 442 cod. proc. pen., avendo omesso la Corte di appello, in sede di overtuming della sentenza di primo grado, di operare la riduzione per la scelta del rito abbreviato;
2.2. Con il secondo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ritualmente richiesto.
In data 24/11/2023 l’AVV_NOTAIO faceva pervenire, per il ricorrente, memoria di replica, in cui insisteva per l’accoglimento del primo motivo di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, per ragioni di coerenza sistematica, inizierà lo scrutinio dei motivi di ric dal secondo motivo, in cui il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordin alla mancata concessione del beneficio della pena.
Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, il Collegio evidenzia come – contrariamente a quanto asserito a pagina 3 del ricorso – in sede di discussione la difesa non aveva richiesto la concessione del beneficio in parola, ma solamente (v. pag. 4 sentenza, in fondo, aspetto non contestato), in subordine, «il minimo della pena e l’esclusione della recidiva».
Ad ogni modo la sentenza impugnata, sebbene non investita di tale profilo, motiva ampiamente in relazione alla insussistenza dei presupposti per riconoscere il beneficio in parola (pag. 10), rinviando alla motivazione della sentenza stessa, in cui si sottolinea:
l’entità delle fatture passive occultate (circa 4 milioni di euro);
la sussistenza di una complessa attività, posta in essere dal COGNOME, che, in prossimità delle verifiche fiscali, determinava un «inabissamento» della società, peraltro gestita al di fuo di ogni disposizione civilistica, al solo fine di evadere le imposte dirette e indirette, circost che denota particolare intensità del dolo;
la sottrazione volontaria a qualsiasi contraddittorio con la RAGIONE_SOCIALE nel corso del procedimento;
la particolare gravità della condotta, inserita in un contesto particolarmente allarmante (l Corte di appello richiama una nota di P.G. del 9 dicembre 2000, che individua i legami del COGNOME con soggetti che gestiscono società «cartiere» che hanno realizzato condotte di evasione per importi milionari).
Tale motivazione appare pienamente in linea con il sedimentato orientamento della Corte, secondo cui «in tema di sospensione condizionale della pena, il Giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiama nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti» (S n.57704 del 14/09/2017, Rv.272087; Sez.3,n.35852 del 11/05/2016, Rv.267639; Sez.2, n.37670 del 18/06/2015, Rv.264802; Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534, Sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184; Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136); tale principio
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regola anche la valutazione di concedibilità del beneficio della non menzione della condanna (Sez. 3, n. 26191 del 28/03/2019, Lamaj, Rv. 276041 – 01; Sez.4, n. 34380 del 14/07/2011, Rv.251509; Sez.3, n.35731 del 26/06/2007, Rv.237542; Sez.1, n.560 del 22/11/1994, dep. 1995, Rv.20002).
Sotto il profilo della violazione di legge la doglianza è, quindi, manifestamente infondata.
Quanto al lamentato vizio di motivazione, dalla articolata motivazione resa dalla corte territoriale emergono plurimi elementi di fatto che evidenziano nella condotta dell’imputato pregnanti profili di pericolosità, tali da giustificare una prognosi negativa sulla futura astens dalla commissione di delitti, elementi con cui il ricorrente non si confronta in modo realmente critico, limitandosi ad una generica censura dell’ultimo punto indicato dalla sentenza impugnata, così dimostrandosi inammissibile per difetto di specificità estrinseca.
3. Il primo motivo è, invece, fondato.
La Corte di appello di Brescia, nell’operare un overturning della sentenza di primo grado (che in sede di rito abbreviato aveva assolto l’imputato), ha semplicemente (pag. 10) ritenuto congrua la pena di anni due di reclusione.
Il Collegio rileva come il reato è contestato come commesso nel maggio 2019, ossia prima della modifica normativa (d.l. 26/10/2019, n. 124, convertito con I. 19/12/2019, n. 157) che ha elevato la pena edittale, passando dall’originale pena, prevista in una forbice compresa tra un anno e sei mesi e sei anni di reclusione, all’attuale cornice, da tre a sette anni.
La Corte di appello, che elide la recidiva ma non applica le circostanze generiche, ritiene di discostarsi dal minimo edittale in ragione della gravità del fatto: è quindi evidente, com correttamente evidenziato dal ricorrente, che il secondo giudice ha operato la quantificazione della pena partendo dalla cornice edittale ante riforma (ossia un anno e sei mesi).
Così facendo, tuttavia, non ha operato la riduzione di un terzo per la scelta del rito, ovvero, in alternativa, ha totalmente omesso di dare conto in motivazione della riduzione operata (dovendosi equiparare la mancanza assoluta di motivazione a violazione di legge ex art. 125 cod. proc. pen.).
La sentenza impugnata va pertanto annullata.
Tale esito può assumere la forma dell’annullamento senza rinvio, ove ricorrano i requisiti previsti per tale provvedimento dall’art. 620, lett. I), cod. proc. pen., nell’attuale formulaz introdotta dall’art. 1, comma 67, legge 23 giugno 2017, n. 103.
In proposito, le Sezioni Unite della Corte hanno ritenuto che, in tutti i casi nei quali il r sia superfluo, la Corte può decidere anche con valutazioni discrezionali, purché condotte sulla base degli elementi di fatto accertati e delle statuizioni adottate dal giudice di merito, condizione che non siano necessari ulteriori accertamenti (Sez. U, n. 3464 del 30/11/2017, dep. 2018, Matrone, Rv. 271831).
Si è ancora ritenuto che la possibilità, per la Corte, di procedere direttamente all determinazione della pena, deve ritenersi circoscritta alle ipotesi in cui alla situazione correggere possa porsi rimedio senza accertamenti e valutazioni discrezionali su circostanze e punti controversi, suscettibili di diversi apprezzamenti di fatto, che rimangono in quanto ta operazioni incompatibili con le attribuzioni del giudice di legittimità (Sez. 6, n. 11564 12/03/2009, Masti, Rv. 242932 – 01).
Tali condizioni sono state, ad esempio, ravvisate nel caso in cui i giudici del merito abbiano omesso di applicare una pena accessoria la cui irrogazione consegua di diritto alla condanna e sia predeterminata nella specie e nella durata (Sez. U, n. 47502 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. Rv. 283754 – 02), ovvero nel caso di sentenza di condanna emessa all’esito di giudizio abbreviato che abbia omesso di statuire sull’applicazione di una pena accessoria (Sez. 6, n. 1578 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280582 – 01).
Orbene, non vi è dubbio che siffatte condizioni siano ravvisabili anche nel caso di specie in cui, stante l’assoluta mancanza di discrezionalità nell’applicazione della riduzione «secca» di cui all’articolo 442 cod. proc. pen, l’errore in cui è incorso il giudice di secondo grado può esser emendato dalla Corte senza impingere su valutazioni di fatto ovvero che implichino esercizio di poteri discrezionali incompatibili con la fase di legittimità.
La sentenza va pertanto annullata senza rinvio potendo questa Corte, nell’esercizio dei poteri conferiteli dall’art. 620, comma 1, lettera I), cod. proc. pen., procedere alla diminuzione di terzo della pena i con conseguente rideterminazione del trattamento sanzionatorio in un anno e quattro mesi di reclusione, pena determinata partendo dalla pena di anni due di reclusione irrogata dalla Corte di appello di Brescia.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio che ridetermina in un anno e quattro mesi di reclusione.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso il 30/11/2023.