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Rito abbreviato: la scelta preclude il patteggiamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21511/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La scelta del rito abbreviato, secondo la Corte, comporta una rinuncia implicita alla richiesta di patteggiamento, rendendo irrilevante un eventuale diniego ingiustificato del PM. La Corte ha inoltre confermato la gravità del reato, escludendo l’ipotesi di ‘lieve entità’ e negando le attenuanti generiche per mancanza di elementi positivi.

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Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rito Abbreviato e Patteggiamento: una scelta che non ammette ripensamenti

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla natura dei riti speciali, chiarendo in modo definitivo il rapporto tra la richiesta di rito abbreviato e quella di patteggiamento. La decisione sottolinea come la scelta di un rito alternativo implichi una rinuncia all’altro, senza possibilità di ‘conversione’ o ripensamenti, anche di fronte a un presunto diniego ingiustificato del Pubblico Ministero. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 1, del d.p.r. 309/1990. La Corte d’Appello di Brescia aveva confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo, emessa all’esito di un rito abbreviato, che condannava l’imputato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione e 20.000 euro di multa.

L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi principali:
1. La violazione di legge in merito all’irretrattabilità del consenso al patteggiamento, lamentando che la sua scelta per il rito alternativo era stata condizionata da un ingiustificato diniego del PM.
2. La mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie di ‘lieve entità’ prevista dal comma 5 dell’art. 73.
3. Il diniego delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessività della pena inflitta.

La decisione della Corte e il principio sul rito abbreviato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa. La decisione si fonda su principi giurisprudenziali consolidati sia in materia processuale che sostanziale, offrendo importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha esaminato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo una motivazione chiara e ancorata alla giurisprudenza pregressa.

L’alternatività tra rito abbreviato e patteggiamento

Sul primo motivo, i giudici hanno ribadito la netta alternatività tra i due riti speciali. La scelta di formulare l’istanza di rito abbreviato determina, per sua natura, una rinuncia implicita e definitiva alla richiesta di applicazione della pena (patteggiamento). Questa rinuncia si verifica indipendentemente dalle ragioni che l’hanno determinata, compreso un illegittimo rifiuto del consenso da parte del Pubblico Ministero. La Corte ha specificato che non esiste una ‘convertibilità’ tra i due procedimenti. Pertanto, anche se il giudice del rito abbreviato dovesse ritenere ingiustificato il precedente diniego del PM al patteggiamento, non potrebbe comunque pronunciare una sentenza di accoglimento di tale richiesta. La scelta processuale, una volta effettuata, è irrevocabile.

L’esclusione della ‘lieve entità’

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha ritenuto corretto l’operato della Corte territoriale nell’escludere l’ipotesi della lieve entità. La valutazione, come stabilito dalle Sezioni Unite, deve essere complessiva e tenere conto di tutti gli indici sintomatici. Nel caso di specie, il rilevante dato qualitativo e quantitativo della sostanza (quasi 58 grammi di principio attivo) e il suo grado di purezza sono stati considerati elementi decisivi. Tali fattori, secondo i giudici, dimostravano un radicato inserimento dell’imputato nel mercato dello spaccio e una non trascurabile capacità di approvvigionamento, incompatibili con la qualificazione di lieve entità.

Diniego delle attenuanti e determinazione della pena

Infine, la Corte ha respinto la censura relativa alle circostanze attenuanti generiche. La loro concessione non è un diritto conseguente alla sola assenza di elementi negativi sulla personalità dell’imputato, ma richiede la presenza di elementi di segno positivo. La confessione, in questo caso, non è stata ritenuta sufficiente a tal fine. Per quanto riguarda la determinazione della pena, è stata riaffermata la piena discrezionalità del giudice di merito. Una motivazione che definisce la pena ‘congrua’ o che fa riferimento alla gravità del reato è sufficiente, a meno che la sanzione non sia di gran lunga superiore alla media edittale, caso in cui sarebbe necessaria una spiegazione più dettagliata.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida tre principi fondamentali. Primo, la scelta di un rito abbreviato è una decisione strategica che preclude altre vie processuali come il patteggiamento. Secondo, la valutazione della ‘lieve entità’ nello spaccio di stupefacenti è un giudizio di fatto complesso, dove la quantità e la qualità della sostanza giocano un ruolo preponderante. Terzo, le circostanze attenuanti generiche non sono un automatismo, ma devono essere meritate attraverso elementi positivi concreti. La decisione ribadisce la necessità di scelte processuali ponderate e la centralità della valutazione del giudice di merito sui fatti e sulla personalità dell’imputato.

Se un imputato sceglie il rito abbreviato, può ancora beneficiare del patteggiamento se il diniego del PM era ingiustificato?
No. Secondo la Corte, la scelta di procedere con il rito abbreviato costituisce una rinuncia implicita e definitiva alla richiesta di patteggiamento. La scelta tra i due riti è alternativa e non convertibile, indipendentemente dalle ragioni che hanno portato alla richiesta di rito abbreviato.

Quali elementi ha considerato la Corte per escludere la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’?
La Corte ha escluso la lieve entità basandosi sul rilevante dato qualitativo e quantitativo della sostanza stupefacente (quasi 58 grammi di principio attivo) e sull’elevato grado di purezza. Questi elementi indicavano un radicato inserimento dell’imputato nel mercato dello spaccio e la sua capacità di procurarsi ingenti quantità di droga ‘pesante’.

È sufficiente l’assenza di elementi negativi sulla personalità dell’imputato per ottenere le circostanze attenuanti generiche?
No. La sentenza chiarisce che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto derivante dalla semplice assenza di elementi negativi. È invece necessaria la presenza di elementi di segno positivo che giustifichino una riduzione della pena, elementi che nel caso di specie non sono stati riscontrati (nemmeno nella confessione).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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