Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12454 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12454 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/11/2018
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato il 21/11/1983;
Avverso la sentenza n. 459/2016 della Corte di Appello di Catania in 14/11/2017;
Udita la relazione svolta dal Consigliere dott. NOME COGNOME
Udite le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in 15/12/2014 il Tribunale di Catania, in esito a rito abbreviato, condannava COGNOME NOME alla pena di mesi quattro di arresto per mancato versamento della cauzione a lui imposta. Osservava il Tribunale che il 28/03/2012 il Tribunale di Catania aveva inflitto al COGNOME la sorveglianza speciale di p.s. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, imponendogli altresì il versamento di una cauzione pari alla somma di C 2.000,00 entro trenta giorni dall’applicazione della misura di prevenzione; tuttavia la locale Questura nel settembre 2012 aveva comunicato l’inadempimento dell’imputato, per cui la condotta di non ottemperanza all’obbligo era conclamata: quanto all’incapacità finanziaria, essa era stata genericamente dedotta dall’imputato e non era supportata da alcun elemento oggettivo, a fronte di una serie di reati da cui aveva certamente tratto reddito. La personalità dell’imputato, i numerosi precedenti penali e la nuova condotta criminosa impedivano di riconoscere le circostanze attenuanti generiche.
Interponeva appello l’imputato lamentando il mancato riconoscimento della impossibilità di versamento e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Con sentenza in data 14/11/2017 la Corte di Appello di Catania confermava la condanna di primo grado. Rilevava la Corte territoriale che la prova della impossibilità di pagare la cauzione gravava sull’imputato, il quale aveva un onere di allegazione che non poteva dirsi soddisfatto con la mera affermazione dell’indigenza: sul punto l’appello aveva soltanto reiterato le argomentazioni già respinte, mentre gli atti del processo individuavano nell’imputato un soggetto inserito in contesti criminali legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. I precedenti penali annoverati e l’assenza di qualsiasi segno positivo non consentivano di diminuire la pena o di riconoscere le circostanze attenuanti generiche.
Avverso detta sentenza propone ricorso l’interessato a mezzo del difensore Avv. NOME COGNOME
4.1. Con il primo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della motivazione: sostiene che l’impossibilità economica determina l’inesigibilità della condotta e che l’impossibilità era stata provata con un certificato di stato di famiglia e co certificato ISEE e non poteva pretendersi altro, poiché in mancanza di redditi non vi f i (7 0( poteva essere documentazione producibile, oltre all’ISEE a reddito zero e l’attestazione di una lunga detenzione, che la Corte di Appello aveva superato in modo presuntivo.
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4.2. Con il secondo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della motivazione: lamenta che la condotta del ricorrente era stata regolare e rispettosa delle prescrizioni, per cui era stata comunque raggiunta la finalità della cauzione e potevano riconoscersi le circostanze attenuanti generiche.
4.3. Con il terzo motivo deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., erronea applicazione di legge: sostiene che la pena finale era stata determinata con la riduzione di un terzo della pena-base in virtù della scelta del rito abbreviato, m non si era considerato che la Legge n. 103 del 2017 aveva novellato l’art 442 cod.proc.pen., imponendo per le contravvenzioni la riduzione della pena nella misura della metà e non più di un terzo; detta norma andava applicata anche alle violazioni anteriori alla riforma menzionata, per i riflessi di natura sostanziale del trattament sanzionatorio.
In udienza il P.G. ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il solo terzo motivo di ricorso è fondato, mentre le altre doglianze devono essere rigettate.
Il primo motivo di ricorso attiene al tema della dedotta impossibilità economica, la quale avrebbe determinato l’inesigibilità della condotta e sarebbe stata provata con un certificato di stato di famiglia e con il certificato ISEE (dati che la Corte Appello avrebbe superato in modo soltanto presuntivo).
L’argomentazione non è accoglibile.
Premesso che sussiste continuità normativa tra il reato di mancato versamento della cauzione, previsto dall’abrogato art. 3-bis della Legge n. 575 del 1965, e quello oggi sanzionato dagli artt. 31, 32 e 76 del D.Lgs. n. 159 del 2011 (Sez. 2, n. 27021 del 27/03/2012, Rv. 253409), va detto che restano validi i principi espressi da questa Corte con riferimento al menzionato art. 3 bis: la prova dell’impossibilità d provvedere al pagamento della cauzione imposta dalla norma penale, per indisponibilità di mezzi economici non preordinata ne’ colposamente determinata, grava sull’imputato, il quale ha un onere di allegazione che non può dirsi soddisfatto dall’apodittica affermazione di versare in uno stato di indigenza (Sez. 5, n. 32615 del 13/07/2007, Rv 237106; Sez. 1, n. 22628 del 21/05/2014, Rv. 262266).
Nella fattispecie, il ricorrente sostiene di avere prodotto documentazione adeguata a tale dimostrazione: ma la Corte territoriale ha richiamato sul punto la sentenza di primo grado, nella quale si sottolineava che l’attestazione ISEE prodotta dall’imputato non riguardava la sua persona bensì quella di COGNOME COGNOME
componente del nucleo familiare di cui faceva parte il ricorrente (più esattamente, si trattava del suocero del COGNOME); così, in definitiva, al ricorrente non è sta contestato che, in via di principio, una attestazione ISEE sia inidonea allo scopo dimostrativo, ma è stato precisato che una siffatta attestazione, relativa a persona diversa dall’imputato, non può assumere un rilievo particolare in questa peculiare allegazione di dati che conducano ad una inesigibilità di condotta: e, peraltro, non risponde al vero che la Corte territoriale si sia limitata ad una sorta di congettur presuntiva per superare quel dato, poiché la sentenza impugnata ha fatto riferimento alla “vita giudiziaria” del ricorrente, ai fatti riportati nel certificato penale elementi che lo facevano ritenere quale soggetto inserito nella attività di cessione illecita di sostanze stupefacenti, produttiva di reddito.
La relativa motivazione appare congrua e priva di vizi logici o giuridici.
La seconda doglianza concerne il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Ma nemmeno essa può essere accolta, poiché il giudice ha motivato congruamente su questo punto, negando il beneficio per la sussistenza di diversi precedenti penali e per la mancanza di qualsiasi segno valutabile in modo positivo.
Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dal Collegio, in tema di circostanze attenuanti generiche, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibil profilo, l’affermata insussistenza.
Al contrario, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamen sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richies dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi del plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comport tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Sez. 1, n. 11361 del 19.10.1992, Rv 192381).
Dunque, per come scritto in precedenza, il giudice ha motivato in modo congruo sul punto, richiamando i fattori valutativi presi in considerazione e dipanando la sua convinzione sulla base delle dinamiche dell’accaduto e della personalità dimostrata dal ricorrente: la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è
giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rileva dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decis comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazio (Sez. 2, sent. n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME e altri, Rv. 249163).
4. L’ultima doglianza del ricorrente è fondata.
Infatti, come precisato in motivazione da Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., pur essendo norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali, “disciplinando la severità della pena da infliggere in caso condanna secondo il rito abbreviato”, per cui “deve soggiacere al principio di legalità convenzionale di cui all’art. 7, § 1, CEDU, così come interpretato dalla Corte di Strasburgo, vale a dire irretroattività della previsione contenuto nell’art. 25, comma secondo, Cost.), ma retroattività o ultrattività della previsione meno severa”. più sev ra (principio già anche, e implicitamente,
In proposito va sottolineato che, sebbene l’art. 442 nell’ambito della disciplina processuale e non di quella modo peculiare, un più favorevole trattamento penale cod.proc.pen. si inserisca sostanziale e preveda, in in considerazione di una condotta dell’imputato successiva al reato, tuttavia la diminuzione della pena è senz’altro un aspetto sostanziale, che ricade, dunque, nell’ambito app,licativo dell’art 25, secondo comma, Cost., sicché ne consegue che i profili processuali sono intimamente ed inscindibilmente connessi a quelli sostanziali (così in motivazione già Sez. U, n. 2977 del 06/03/1992, Rv. 189399). In definitiva, è ormai acquisito nel nostro sistema giuridico il principio secondo cui il trattamento sanzionatorio, anche laddove collegato alla scelta del rito, finisce sempre con avere ricadute sostanziali ed è, dunque, soggetto alla complessiva disciplina di cui all’art. 2 cod.pen.
In conclusione, il motivo in esame va accolto, in quanto la riduzione di pena conseguente alla scelta del rito abbreviato, incidendo sul trattamento sanzionatorio concreto, ha ricadute necessariamente sostanziali, la cui natura non muta nonostante siano collegate non all’illecito penale in sé, ma ad un comportamento successivo, consistente nell’esercizio di una facoltà processuale. Pertanto, l’art. 442, secondo comma, cod.proc.pen., come novellato dalla Legge n. 103 del 2017, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anziché di un terzo, se si procede per una contravvenzione, pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più favorevole e si applica, come stabilisce l’art. 2, quart comma, cod.pen., anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Nella fattispecie, ciò non è avvenuto, pur procedendosi con il rito abbreviato per una contravvenzione: si deve, dunque, procedere alla rideterminazione della pena in mesi tre di arresto (pena-base indicata dal giudice in mesi sei di arresto, diminuita della metà per scelta del rito), giacchè questa rideterminazione può avvenire automaticamente in base alla statuizione del giudice di merito, non comportando il relativo calcolo alcun profilo di discrezionalità, ma derivando direttamente dall’applicazione dei nuovi criteri legali collegati alla scelta del rito in consideraz della quantificazione già effettuata dal giudice di merito.
Dunque la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente alla determinazione della pena, precisata come sopra indicato.
P.Q.M
Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza limitatamente alla riduzione della pena per la scelta del rito abbreviato. Ridetermina, dunque, la pena in mesi tre di arresto. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 27 novembre 2018.