Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33309 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33309 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MARSALA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/10/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in preambolo la Corte di assise di appello di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di sostituzione del pena dell’ergastolo con isolamento diurno – irrogata a NOME COGNOME con sentenza emessa dalla stessa Corte di assise di appello di Palermo 1 1 11 ottobre 2002, irrevocabile il 2 febbraio 2004 – con quella di anni trenta di reclusione, formulat sul presupposto della violazione degli artt. 6 e 7 CEDU, così come interpretati dalla Corte EDU nel caso COGNOME contro Italia.
Dopo aver osservato che si trattava di istanza analoga ad altre precedentemente formulate dal condannato e disattese dal Giudice dell’esecuzione, la Corte di assise di appello ha posto a fondamento del proprio ulteriore provvedimento reiettivo le argomentazioni espresse da questa Corte di cassazione, con sentenza del 2 febbraio 2004 laddove, nel rigettare il ricorso presentato dal medesimo imputato, aveva affermato la correttezza della scelta del Giudice di appello di non ammettere NOME al giudizio abbreviato, nonostante la tempestiva richiesta, alla stregua del mancato avveramento della condizione della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, ai sensi dell’art. 6 cod. proc. pen.
Osservato, dunque, che NOME, nell’ambito del procedimento definito con sentenza della Corte di assise di appello di Palermo 1’11 ottobre 2002, irrevocabile il 2 febbraio 2004, non era mai stato ammesso al giudizio abbreviato, ha affermato come il caso dell’istante non fosse sovrapponibile a quello valutato nel procedimento COGNOME contro Italia.
Avverso tale decisione ricorre NOME per cassazione, che affida a due motivi.
2.1. Con il primo motivo, dopo avere ricostruito l’iter processuale che aveva interessato la richiesta di ammissione al giudizio abbreviato, lamenta l’esistenza di un vizio di ultra petizione da parte della sentenza della Corte di cassazione che, il 2 febbraio 2004, investita della questione relativa alla tempestività del richiesta di ammissione all’abbreviato sotto il profilo dell’osservanza del termine di cui all’art. 4-ter, comma 3 let. a), d.l. n. 82 del 2000, si era pronunciata anche sul difetto del presupposto della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ne giudizio di secondo grado.
Secondo la tesi del ricorrente, «se la Corte di Assise di appello non avesse erroneamente dichiarato la tardività dell’istanza e la Corte di cassazione nei limit del devoluto avesse rilevato soltanto l’errore di diritto dedotto, NOME sarebbe
stato ammesso al giudizio abbreviato e, quindi, in esecuzione non vi sarebbe la pena dell’ergastolo» (così p. 7 del ricorso).
2.2. Con il secondo motivo deduce la mancanza di motivazione dell’ordinanza in punto d’intervenuta richiesta di rito abbreviato nel corso de giudizio di primo grado.
Risulta dal verbale di udienza del 17 gennaio 2000, allegato al ricorso ai fini dell’autosufficienza, che COGNOME aveva fatto istanza di ammissione al rito abbreviato prima della conclusione dell’istruttoria dibattimentale del giudizio d primo grado. Per tale via, secondo la tesi del ricorrente, avrebbe acquisito nel proprio patrimonio giuridico il diritto a essere giudicato con tale rito premia dovendosi applicare il menzionato art. 4 -ter, comma 3, lett. a) del d.l. n. 82 del 2000.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta in data 22 febbraio 2024, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, essendo basato su motivi manifestamente infondati.
Sui profili ermeneutici sollevati dal ricorrente sono intervenute due fondamentali decisioni delle Sezioni unite, che hanno affrontato in modo esaustivo le diverse questioni sottese al ricorso e, segnatamente, la sentenza n. 34472 del 24/10/2013, Ercolano, Rv. 252933 e quella n. 34233 del 19/04/2012, COGNOME, Rv. 252932.
Secondo quanto affermato nella citata sentenza Ercolano, le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo che evidenziano «una situazione di oggettivo contrasto della normativa interna sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell’ambito del quale è intervenuta la pronuncia della predetta Corte» (cfr. Sez. U, n. 34472 del 24/10/2013, cit.). Deve, inoltre, evidenziarsi che l’adeguamento concreto a tali principi nel diritt interno può essere ricondotto solo ai casi che si trovino in una situazione sovrapponibile a quella esaminata dalla Corte EDU nel caso COGNOME contro Italia.
Infatti, l’applicazione della disciplina del giudizio abbreviato al caso di spec costituisce una fattispecie complessa integrata, nella quale la natura sostanziale del trattamento sanzionatorio applicato deve essere necessariamente collegata
alle modalità e ai tempi del rito speciale, così come si è articolato nella vicend processuale in esame. In questi termini, deve affermarsi l’inapplicabilità del principio discendente dalla sentenza della Corte EDU intervenuta il 17 settembre 2009 nel caso COGNOME contro Italia a tutte quelle ipotesi – come quella in esame – che non sono sovrapponibili, nei loro elementi essenziali, alla situazione valutata dalla stessa Corte sovranazionale.
Ne deriva che la conversione della pena dell’ergastolo in quella degli anni trenta di reclusione è possibile solo quando il rito abbreviato sia stato chiesto ammesso nel periodo compreso tra il 02 gennaio 2000 e il 24 novembre 2000, nella vigenza dell’art. 30, comma 1, lett. b), della legge 16 dicembre 1979, n. 479, secondo cui, in esito al rito speciale, all’ergastolo si sostituiva la pena anni trenta di reclusione; mentre non trova applicazione quando la decisione definitiva sia stata pronunciata dopo il 24 novembre 2000, con applicazione del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4, che ripristinava l’ergastolo senza isolamento diurno, con l’applicazione di un trattamento sanzionatorio sfavorevole al reo in violazione dell’art. 2, comma 4, cod. pen. (cfr. Sez. U, n. 34233 del 19/04/2012, COGNOME, cit.).
Fermo è, dunque, il principio espresso da questa Corte secondo cui «A seguito della sentenza della Grande Chambre della Corte europea dei diritti dell’Uomo n. 10249/03 del 17 settembre 2009, nel caso COGNOME contro Italia, il condannato con sentenza passata in giudicato può richiedere in sede esecutiva la riduzione della pena ex art. 442 cod. proc. pen. a condizione che sia stato ammesso al giudizio abbreviato e che la sentenza di condanna sia stata emessa all’esito di tale giudizio» (Sez.1, n. 11916 del 21/11/2018, dep. 2019, Montenegro, Rv. 275324 Sez. 1, n. 20933 del 04/12/2012, dep. 2013, Gallina, Rv. 255388; Sez. 1, n. 4075 del 04/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254212; Sez. 1, n. 5134 del 11/01/2012, Gelsomino, Rv. 251857).
Legittimo appare, viceversa, il diniego di riconoscimento della cennata diminuente rispetto al condannato mai ammesso al rito alternativo, per non avere egli presentato, nel corso del giudizio di merito, istanze in tal senso ovvero per aver presentato istanze ritualmente dichiarate inammissibili.
Anche nel caso di specie occorre, dunque, soffermarsi sul dirimente criterio, concernente l’avere o meno l’interessato acquisito nel proprio patrimonio giuridico il diritto ad ottenere l’applicazione del rito abbreviato secondo modalità più favorevoli, esistenti anteriormente all’entrata in vigore del d.l. 341 del 2000, conv. dalla legge n. 144 del 2000.
Sotto tale aspetto, può rilevarsi come l’odierno ricorrente non abbia mai conseguito tale diritto, risultando per tabulas che il rito abbreviato, da lui
richiesto in epoca antecedente l’entrata in vigore della citata fonte normativa, legittimamente non gli venne concesso sulla base delle norme processuali protempore vigenti, correttamente applicate secondo quanto irrevocabilmente deciso con sentenza passata in giudicato.
Come già osservato dal Giudice dell’esecuzione, nel caso che ci occupa, e dirimente la circostanza che NOME non è mai stato ammesso a giudizio abbreviato ed è stato giudicato secondo il rito ordinario, sicché difetta presupposto principale per ritenere allo stesso applicabili le norme sostanziali più favorevoli in tema di pena.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente