Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21332 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ALFONSINE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che, in parziale riforma della pronuncia resa dal G.u.p. del Tribunale di Ravenna (all’esito di giudizio abbreviato), ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti per il delitto di ricorso abusivo al credito, per intervenuta prescrizione, rideterminando in mitius la pena, confermandone la condanna per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – che si duole della mancata escussione del teste NOME COGNOME – è manifestamente infondato, in quanto:
la Corte di appello ha correttamente disatteso in parte qua il gravame, in conformità al principio secondo cui «è preclusa all’imputato che, dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizioNOME, abbia optato per il rito abbreviato “secco”, la possibilità di contestazione successiva della legittimità del provvedimento di rigetto, in quanto la sua opzione per il procedimento senza integrazione probatoria è equiparata al mancato rinnovo “in limine litis”, ai sensi dell’art. 438, comma 6, cod. proc. pen., della richiesta di accesso al rito subordinata all’assunzione di prove integrative» (Sez. 2, n. 13368 del 27/02/2020, COGNOME, Rv. 278826 – 01);
e, comunque, ha indicato in maniera logica le ragioni per cui non ha ritenuto, alla luce delle dichiarazioni già acquisite, la sussistenza dei presupposti per disporre l’esame testimoniale, il che non consente in questa sede un sindacato sul punto (dato che, nel giudizio abbreviato d’appello le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice ex officio nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen. – la cui valutazione è rimessa allo stesso 0 -gano giudicante -, non potendosi in sede di appello riconoscersi alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e più ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado: cfr. Sez. 2, n. 5629 del 30/11/2021 – dep. 2022, COGNOME, Rv. 282585 – 01; Sez. 6, n. 51901 del 19/09/2019, COGNOME, Rv. 278061 – 01; Sez. 2, n. 17103 del 24/03/2017, A., Rv. 270069 – 01; e la valutazione del Giudice «può essere sindacata, in sede di legittimità, ex art. 603, comma 3, cod. proc. pen., soltanto qualora sussistano, nell’apparato motivazionale posto a base della conclusiva decisione impugnata, lacune, manifeste illogicità o contraddizioni, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza» (Sez. 2, n. 40855 del 19/04/2017, Giampà, Rv. 271163 – 01);
ritenuto che il secondo motivo – che deduce la violazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine alla condanna dell’imputato per bancarotta fraudolenta distrattiva, segnatamente sub specie dell’elemento soggettivo – non si confronta con la decisione impugnata, che ha ricostruito il fatto distrattivo dando conto specificamente degli elementi di prova da cui l’ha tratto e dello specifico ruolo del COGNOME nelle operazioni della fallita, ivi compresa quella in discorso; ed anzi prospetta irritualmente un diverso apprezzamento di merito, qui non consentito, senza neppure denunciare il travisamento della prova (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.