Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1166 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1166 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nato in Tunisia il 28 ottobre 1986; NOMECOGNOME nato in Marocco il 20 settembre 1984;
avverso la sentenza del 23 settembre 2022 della Corte d’appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria depositata il 16 ottobre 2023 dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse di COGNOME, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Bologna, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili dei reati di cui agli artt. 588, comma 2 e 110-635, comma 2, cod. pen., perché avrebbero preso parte ad una rissa scoppiata nella casa circondariale di Ferrara, nel corso della quale taluni riportavano lesioni, e cagionavano danni a tavoli e sgabelli di proprietà del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati.
2.1. Il ricorso proposto nell’interesse del COGNOME si c:ompone di cinque motivi di censura.
I primi due, formulati sotto il profilo della violazione di legge, deducono che l’istruttoria dibattimentale non avrebbe fornito la prova di un’effettiva partecipazione del ricorrente alla rissa e una sua conseguente responsabilità per il reato di danneggiamento. L’agente COGNOME e l’isp. COGNOME, esaminati in primo grado, nulla avrebbero riferito sul punto; cosicché l’unico elemento che potrebbe essere valutato sarebbero le lesioni riportate dallo stesso COGNOME, che, isolatamente considerate, sarebbero insufficienti a fondare un giudizio di responsabilità.
Gli ultimi tre, formulati sotto il profilo del vizio di motivazione e, il terzo, anc della violazione di legge, attengono al trattamento sanzionatorio e deducono la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza della recidiva (e alla sua concreta applicazione), al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla effettiva determinazione della pena irrogata.
2.2. Il ricorso proposto nell’interesse del Qasmaoui si compone di un unico motivo di cesura, afferente al profilo della responsabilità e formulato in termini sostanzialmente sovrapponibili ai primi due motivi del ricorso proposto nell’interesse del coimputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso formulati nell’interesse del COGNOME e l’unico motivo formulato nell’interesse del COGNOME sono inammissibili in quanto attengono alla valutazione della prova, che rientra nelle prerogative esclusive del giudice di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità allorché sia fondata su motivazione congrua e non manifestamente illogica.
La Corte territoriale ha dato conto, invero, del fatto che entrambi i testi esaminati in dibattimento (l’agente COGNOME e l’isp. COGNOME, intervenuti per sedare la rissa, hanno visto i detenuti uscire dalle rispettive celle, armati delle gambe del
tavolo che precedentemente avevano rotto, e colpirsi vicendevolmente e, sedata la rissa, hanno individuato i partecipanti. Fra questi anche gli odierni ricorrenti.
Ebbene, per la configurazione del reato di rissa, è necessario e sufficiente che, nella violenta contesa, vi siano gruppi contrapposti, con volontà vicendevole di attentare all’altrui incolumità personale (Sez. 6, n. 24630 del 15/05/2012, COGNOME, Rv. 253107). Ciò che, per l’appunto, risulta essersi verificato, nel caso di specie, secondo il quadro fattuale enucleabile dalla sentenza di seconde cure.
Ugualmente inammissibili i motivi formulati dal COGNOME in ordine al trattamento sanzionatorio.
Quanto, poi, al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale ha ritenuto di escluderne il riconoscimento in mancanza di un congruo dato giustificativo (non evidenziato neanche in questa sede, se non in un generico riferimento alle “modalità della condotta”). E la decisione è coerente con la funzione propria delle stesse circostanze attenuanti generiche che, in sé, non costituiscono oggetto di un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma necessitano, in positivo, di elementi ritenuti idonei a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio alla concreta gravità del fatto (Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, Rv. 271315; Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Rv. 252900; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, Rv. 281590).
Quanto alla determinazione della pena irrogata, va premesso che la relativa graduazione, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Rv. 259142). E sotto tale profilo, deve ritenersi adempiuto l’obbligo di motivazione del giudice di merito sulla determinazione in concreto della misura della pena allorché siano indicati nella sentenza gli elementi ritenuti rilevanti o determinanti nell’ambito della complessiva dichiarata applicazione di tutti i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 9120 02/07/1998, Rv. 211582; Sez. 1, n. 3155 del 25/09/2013, dep. 2014, Rv. 258410). Ciò considerato, in concreto la pena è stata determinata in misura prossima al minimo edittale, per cui, correttamente, in assenza di ulteriori elementi positivamente valutabili, la Corte, evidenziando le particolari modalità dell’azione e il luogo dell’evento, ne ha confermato la determinazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Quanto, in ultimo, alla recidiva, il giudice ha dato atto, alla luce dei criteri cui all’art. 133 cod. pen., del rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e l precedenti condanne, ritenendo chele pregresse condotte criminose siano state indicative di una perdurante inclinazione al delitto, che ha influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice. E tanto dà conto della manifesta infondatezza della censura sollevata.
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati, in solido, al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 29 novembre 2023
Il Presidente sigliere estensore