Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20085 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Milano il giorno DATA_NASCITA, NOME, nata in Romania il giorno DATA_NASCITA, NOME NOME, nato a Rho il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato in Romania il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Milano in data 29/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comrna 8, d.l. 28 ottobr 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del Tribunale di Milano in data 19 aprile 2022, NOME, NOME, NOME, NOME e NOME furono condannati, con la recidiva reiterata e infraquinquennale, alla pena di 1. anno e 3 mesi di reclusione in quanto riconosciuti colpevoli del delitto di cui agli artt. 588 cod. pen.,
per avere partecipato in concorso ad una rissa in cui NOME, NOME e NOME avevano riportato lesioni personali lievissime.
Con sentenza in data 29 maggio 2023, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolse NOME COGNOME dal reato ascrittole, confermando nel resto le precedenti statuizioni.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione NOME e NOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo cinque distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 588 cod. pen., nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte di appello, le dichiarazioni rese dagli operanti sarebbero state difficoltose nell’esposizione, contraddittorie e lacunose, tali da non poter costituire prova, oltre ogni ragionevole dubbio, della responsabilità degli imputati per il reato loro ascritto. Gli stessi elementi d riscontro esterno indicati a pagina 7 della sentenza di appello dimostrerebbero: quanto ai verbali di pronto soccorso, che gli COGNOME erano stati aggrediti; quanto ai verbali di perquisizione e sequestro, che le armi improprie erano state trovate, nell’immediatezza, solo nella disponibilità dei NOME.
Quanto a NOME, nulla si leggerebbe in sentenza a proposito della sua posizione. In ogni caso, ella, così come NOME COGNOME, si sarebbe difeso dall’aggressione dei NOME, i quali, come riconosciuto dalla Corte di appello a pagina 7 motivazione avrebbero dato inizio alla rissa, organizzando una spedizione punitiva ai danni dei rivali per questioni legate indirettamente a NOME COGNOME.
Quanto, poi, all’affermazione secondo cui i due non avrebbero fatto nulla per evitare la rissa, preferendo lo scontro, essa dimenticherebbe che essi dimoravano in INDIRIZZO, sicché una via di fuga non poteva esserci, trovandosi essi già nella propria abitazione.
Né varrebbe quanto affermato a pagina 10 della sentenza, ovvero che le dichiarazioni di NOME COGNOME «dimostrano che lo scontro nacque non tanto per difendere la libertà di NOME, quanto per l’inclinazione delle parti all’uso della forza e della violenza quale strumento per definire i rapporti sociali».
3.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza della scriminante della legittima difesa.
Dopo avere premesso che la rissa aveva avuto inizio per volontà dei NOME, i quali avrebbero organizzato una spedizione punitiva ai danni dei COGNOME per questioni legate indirettamente alla COGNOME (pagina 7 della motivazione) la Corte di appello, contraddittoriamente, affermerebbe «tutti i presenti abbiano preso parte attivamente al tafferuglio», laddove gli NOME, accerchiati dai rivali muniti di armi improprie, si sarebbero limitati a difendersi, senza alcuna volontà aggressiva, rimasta del tutto indimostrata, secondo quanto emergerebbe dalle testimonianze degli operanti COGNOME e COGNOME.
Né varrebbe richiamare il litigio occorso due giorni prima tra NOME e NOME COGNOME per questioni legate a NOME COGNOME, fidanzata di NOME; episodio che escluderebbe la legittima difesa degli COGNOME, i quali, pur aspettandosi un’ulteriore aggressione, non avrebbero fatto nulla per evitarla, posto che essi abitavano nell’immobile nel cui cortile erano stati aggrediti.
Quanto a NOME, nessuno, tantomeno il teste COGNOME, l’avrebbe vista partecipare in qualche modo alla zuffa.
3.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 62, n. 2, cod. pen. Richiamato l’orientamento che ammette la configurabilità della provocazione in caso di rissa quando l’azione offensiva di uno dei due gruppi contendenti «sia stata preceduta e determinata da una pretesa tracotante e illecita o da una gravissima offesa proveniente esclusivamente dall’altro gruppo», il ricorso lamenta che COGNOME avesse tentato di arginare, con modalità lecite, le pretese dei NOME e che l’azione criminosa fosse stata organizzata e posta in essere due giorni dopo la prima aggressione.
3.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, c:omma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivaz,!one in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, nonostante il positivo comportamento processuale di COGNOME, sottopostosi ad interrogatorio. La circostanza che egli non abbia offerto un contributo alla ricostruzione dei fatti, come affermato nella sentenza impugnata, non potrebbe essere, al contrario, valorizzata, considerato che l’imputato avrebbe finanche diritto di mentire nel processo, senza che da ciò possano derivargli conseguenze negative.
3.5. Con il quinto motivo, il ricorso lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla eccessività della pena, determinata in misura non vicina ai minimi edittali senza alcuna spiegazione e senza differenziare la posizione dei due
imputati rispetto a quella dei NOME, a causa dei quali, secondo la Corte di appello, la rissa avrebbe avuto inizio.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 588 cod. pen. Infatti, secondo la sentenza impugnata l’aggressione sarebbe stata portata dai NOME, mentre gli NOME non avrebbero fatto nulla per evitarla. Tuttavia, dal momento che i due gruppi erano vicini di casa, gli NOME non avrebbero potuto «cambiare» casa per evitare lo scontro. Inoltre, se si accettano le dichiarazioni auto-confessorie di NOME COGNOME, queste dovrebbero essere prese nel loro totale contenuto e, dunque, anche laddove egli aveva affermato di avere solo cercato di proteggere i propri familiari levando dal campo una delle armi portate dai NOME, “distraendo” il gruppo e compiendo il danneggiamento dell’auto. Gli stessi operanti, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata alle pagine 7 e 8, parlerebbero di «parapiglia», senza specificare che gli uni stessero picchiando gli altri e viceversa. Ciò non smentirebbe la versione difensiva secondo cui gli NOME si siano semplicemente difesi, non avendoli i testimoni visti colpire qualcuno dei NOME ed avendo l’imputato colpito unicamente la loro autovettura.
Tutto il gruppo degli COGNOME, quindi, dovrebbe «beneficare» della legittima difesa, anche in considerazione delle poche lesioni subite dal gruppo dei NOME.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla aggressione di NOME da parte di NOME, che gli operanti non avrebbero visto, come confermato dagli stralci delle trascrizioni riportate dei verbali di udienza di primo grado.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione anche NOME a mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
5.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) , cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto. La Corte ometterebbe di considerare che: 1) le lesioni erano state lievissime; 2) NOME non avrebbe usato alcuna arma impropria; 3) egli sarebbe stato aggredito dall’altro gruppo e, solo dopo, avrebbe reagito. Dunque, l’imputato avrebbe rivestito un
ruolo marginale, tenendo una condotta assolutamente occasionale: elementi che la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare.
5.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale per intervenuta prescrizione del reato. NOME ha commesso il reato in data 10 aprile 2015, mentre la sentenza impugnata, emessa in data 29 maggio 2023, sarebbe intervenuta ben oltre il termine di prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITrO
I ricorsi proposti da NOME COGNOME, NOME e NOME NOME sono infondati e, pertanto, devono essere respinti. Il ricorso proposto da NOME è, invece, inammissibile.
Muovendo dal ricorso presentato nell’interesse di NOMECOGNOME NOME e da NOME COGNOME, i relativi motivi di impugnazione sono complessivamente infondati.
2.1. Con il primo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla configurabilità del delitto previsto dall’art. 588 cod. pen.
Invero, dalla ricostruzione fattuale adottata dai Giudici del merito con motivazione conforme nei due gradi di giudizio, è emerso che, come condivisibilnnente osservato dal Procuratore generale in sede di requisitoria, entrambi i gruppi erano animati da un intento aggressivo e che i componenti avevano partecipato attivamente alla colluttazione. Pertanto, anche ipotizzando che l’iniziativa dello scontro fosse stata assunta dai NOME, l’altro gruppo familiare non si era limitato a difendersi, ma aveva assunto un atteggiamento parimenti violento, facendo finanche uso di armi improprie, al pari del gruppo dei rivali.
Tale ricostruzione, congrua e logica, non appare in alcun modo scalfita dalle argomentazioni svolte dalla difesa con l’odierno ricorso, che non ha riprodotto, né tantomeno allegato, l’integrale contenuto delle deposizioni di entrambi gli operanti, ma solo uno stralcio di quella del teste COGNOME, palesando, pertanto, un evidente difetto di autosufficienza delle relative prospettazioni.
2.2. La Corte territoriale ha anche evidenziato come l’azione offensiva posta in essere dal gruppo dei NOME non fosse affatto imprevedibile. Essa, infatti, era stata preceduta, due giorni prima, da un altro scontro con il gruppo dei NOME. I componenti di quest’ultimo, dunque, erano ben consapevoli delle intenzioni aggressive dei rivali, alle quali avevano nondimeno reagito, con pari aggressività, in uno spazio aperto, nel quale la fuga sarebbe stata, all’evidenza, possibile.
Su tali premesse deve escludersi la fondatezza delle censure difensive mosse con il secondo motivo, con cui la difesa prospetta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alla sussistenza della scriminante della legittima difesa. Invero, l’accertamento dei fatti compiuto in sede di merito, come sopra riassunto, non consente di ritenere che gli imputati siano stati vittime di un’aggressione e che, pertanto, siano stati costretti a difendersi, con conseguente inapplicabilità della invocata scriminante, la quale postula, come noto, la necessità della difesa in capo a chi intenda reagire all’offesa ingiusta di cui sia vittima. Va, dunque, richiamato il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui è inapplicabile al reato di rissa la causa di giustificazione della legittima difesa, considerato che i corrissanti sono ordinariamente animati dall’intento reciproco di offendersi ed accettano la situazione di pericolo nella quale volontariamente si pongono, con la conseguenza che la loro difesa non può dirsi necessitata; essa può, tuttavia, essere eccezionalmente riconosciuta quando, sussistendo tutti gli altri requisiti voluti dalla legge, vi sia stata un’azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia un’offesa che, per essere diversa a più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta (Sez. 5, n. 15090 del 29/11/2019, dep. 2020, Titone, Rv. 279085 – 01).
2.3. Con il terzo motivo i ricorsi deducono violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione prevista dall’art. 62, n. 2, cod. pen., nonostante le accertate condotte agite da parte dei NOME, che avrebbero dato causa allo scontro.
Sul punto, deve essere richiamato, innanzitutto, l’indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’attenuante in questione è tendenzialmente incompatibile con il delitto di rissa, salvo che l’azione offensiva di uno dei due gruppi contendenti sia stata «preceduta e determinata da una pretesa tracotante e illecita o da una gravissima offesa proveniente esclusivamenl:e dall’altro gruppo» (così Sez. 5, n. 8020 del 13/12/2012, dep. 2013, Saitta, Rv. 255218 – 01).
Tuttavia, non è chiaro, nemmeno alla luce dell’odierno ricorso, quali siano state le ragioni «tracotanti e illecite» che avevano portato i NOME alla scontro. E ciò tanto più ove si considerino le dichiarazioni, sostanzialmente obliterate dal ricorso, con cui NOME COGNOME ha escluso di sapere alcunché della ragazza; con ciò escludendo, pertanto, qualunque relazione causale tra le vicende di NOME COGNOME e la successiva rissa oggetto dell’odierno giudizio.
2.4. Infondato è, poi, il quarto motivo, con cui il ricorso deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. I Giudici di merito, infatti, hanno congruamente esercitato il potere discrezionale agli stessi rimesso, dando atto dell’assenza di consistenti elementi suscettibili di un favorevole apprezzamento, i quali, del resto, non sono stati nemmeno prospettati dalla difesa con il presente ricorso. Va, peraltro, ricordato che il riconoscimento delle attenuanti generiche deve essere fondato sull’accertamento di situazioni idonee a giustificare un trattamento di speciale
benevolenza in favore dell’imputato. Ne consegue che, quando la relativa richiesta non specifica gli elementi e le circostanze che, sottoposte alla valutazione del giudice, possano convincerlo della fondatezza e legittimità dell’istanza, l’onere di motivazione del diniego dell’attenuante è soddisfatto con il solo richiamo alla ritenuta assenza dagli atti di elementi positivi su cui fondare il riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 54179 del 17/7/2018, D., Rv. 275440 – 01; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266460 -01).
2.5. Quanto, infine, alla violazione di legge e al vizio di motivazione in ordine all’eccessività della pena, le due sentenze di merito, le cui motivazioni sono destinate a integrarsi reciprocamente, hanno offerto adeguata spiegazione della concreta scelta dosimetrica, incentrata essenzialmente sulla complessiva gravità del fatto. Tale riferimento deve ritenersi sufficiente a soddisfare l’onere incombente sul giudice di dare conto delle proprie scelte, anc:he tenuto conto del fatto che la pena si è attestata su valori prossimi al minimo edittale.
Venendo, indi, al ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME, il primo motivo, con cui la difesa deduce violazione di legge in ordine alla ritenuta configurabilità del delitto di rissa, ritiene il Collegio che le censure difensi debbano essere disattese.
3.1. Anche con riferimento a tale ricorso, infatti, le argomentazioni svolte in ricorso non intaccano la puntuale ricostruzione fattuale compiuta dai Giudici di merito, che hanno escluso la tesi difensiva dell’aggressione unilaterale da parte dei NOME e hanno, invece, valorizzato le condotte attive poste in essere dal gruppo familiare riferibile agli NOME, oggetto di diretta percezione delle Forze dell’ordine intervenute nell’occorso e asseverate dai referti medici che hanno riguardato NOME.
3.2. Del pari, le considerazioni svolte con il secondo motivo, con cui vengono dedotti vizi della motivazione in relazione alla prospettata sussistenza della legittima difesa, si infrangono con la ricostruzione fattuale compiuta dal complesso motivazionale delle due sentenze di merito, che hanno efficacemente evidenziato la possibilità per gli imputati di sottrarsi all’occasione di scontro propiziata da NOME, escludendo, in tal modo, la inevitabilità altrimenti del pericolo di un’offesa ingiusta.
Venendo, infine, al ricorso proposto nell’interesse di NOME, esso è complessivamente inammissibile.
4.1. Tale è, invero, il primo motivo, con cui il ricorso deduce violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto.
Infatti, le censure difensive si connotano in termini di assoluta genericità, prospettandosi, in maniera assai vaga, la mancata valorizzazione di elementi di
fatto asseritamente pretermessi, ma senza confrontare la puntuale motivazione del provvedimento impugnato che, in maniera congrua e con apprezzamento fattuale non sindacabile in questa sede, ha ritenuto di disattendere la richiesta, considerate: le modalità dell’azione, posta in essere anche con l’uso di armi improprie; l’intensità del dolo, che emerge dal fatto che per sedare la rissa è stato necessario l’intervento di più volanti delle Forze dell’ordine; l’entità delle lesioni tutt’altro che irrisorie (v. pag. 10 della sentenza di appello).
4.2. Quanto, in ultimo, al secondo motivo del ricorso di NOME, secondo cui la prescrizione del reato sarebbe maturata prima della pronuncia della sentenza di appello, la prospettazione difensiva appare manifestamente infondata.
A carico dell’imputato, infatti, è stata ritenuta l’aggravante della recidiva reiterata, da cui consegue l’innalzamento della metà del termine necessario affinché il delitto de quo possa prescriversi. Ne consegue, pertanto, che il termine prescrizionale, ad oggi, non è ancora decorso.
Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME devono essere rigettati, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Viceversa, il ricorso proposto da NOME deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta i ricorsi di NOME, NOME e NOME NOME e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricorso di NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 12 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente