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Risparmio di spesa: reato ex art. 316-ter cod. pen.

La Corte di Cassazione conferma la condanna per un amministratore che aveva ottenuto un indebito risparmio di spesa compensando contributi previdenziali non dovuti. La sentenza chiarisce che, ai fini del reato ex art. 316-ter c.p., anche la concessione di un’esenzione dal pagamento, e non solo l’erogazione diretta di denaro, costituisce indebita percezione di fondi pubblici. Viene inoltre ribadita la responsabilità penale dell’amministratore di fatto.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risparmio di Spesa Illecito: la Cassazione Conferma il Reato ex Art. 316-ter c.p.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13088 del 2025, ha consolidato un principio fondamentale in materia di reati contro la pubblica amministrazione. Il caso analizzato chiarisce che anche un indebito risparmio di spesa, ottenuto tramite compensazione illecita di contributi, integra a tutti gli effetti il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.). La decisione sottolinea anche la figura e le responsabilità dell’amministratore di fatto.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda l’amministratore unico di una società che, tra la fine del 2018 e l’inizio del 2019, aveva simulato nei rapporti con l’INPS l’erogazione di somme ai propri dipendenti a titolo di malattia, maternità e assegni familiari. Queste somme, in realtà mai corrisposte ai lavoratori, venivano utilizzate per compensare i contributi previdenziali e assistenziali dovuti dalla società. Di fatto, l’azienda otteneva un significativo vantaggio economico, percependo indebitamente erogazioni dall’Istituto per un importo variabile tra i 30.000 e i 60.000 euro mensili.

L’imputato si era difeso sostenendo di aver cessato la carica di amministratore unico nel gennaio 2019, mantenendo solo un ruolo ‘strategico’ e che la gestione operativa era passata a un nuovo amministratore (peraltro assolto nel medesimo processo). Tuttavia, le corti di merito hanno accertato una realtà diversa.

L’analisi del ruolo di amministratore e il concetto di risparmio di spesa

La Corte di Appello, la cui decisione è stata confermata dalla Cassazione, ha stabilito la responsabilità dell’imputato sulla base di due pilastri fondamentali.

La Responsabilità dell’Amministratore di Fatto

I giudici hanno evidenziato che, sebbene l’imputato avesse formalmente lasciato la carica, aveva continuato a operare come amministratore di fatto. Egli aveva infatti mantenuto l’intero pacchetto azionario e gestito in prima persona le questioni societarie più delicate, come le trattative con gli enti pubblici per la gestione degli ammortizzatori social. Questa continuità gestionale ha reso irrilevante la cessazione formale dalla carica, attribuendogli la piena responsabilità per le condotte illecite poste in essere anche dopo il cambio di amministratore.

La Configurabilità del Reato nel Risparmio di Spesa

Il punto giuridico cruciale della vicenda riguardava la possibilità di qualificare un risparmio di spesa come ‘indebita percezione’ ai sensi dell’art. 316-ter del codice penale. La difesa sosteneva che il reato si configurasse solo in caso di ricezione materiale di una somma di denaro.

La Cassazione, richiamando una recente decisione delle Sezioni Unite (informazione provvisoria n. 17/2024), ha rigettato questa interpretazione. I supremi giudici hanno stabilito che nel concetto di ‘erogazione pubblica’ rientra non solo l’elargizione di denaro, ma anche ‘la concessione di un’esenzione di pagamento’. L’indebita compensazione di contributi, permettendo alla società di non versare somme dovute, costituisce a tutti gli effetti un illecito conseguimento di un vantaggio economico a danno dello Stato, integrando così pienamente la fattispecie di reato contestata.

Le Motivazioni della Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, sottolineando che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti, ma di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano fornito una motivazione logica e coerente sia nell’identificare l’imputato come amministratore (prima di diritto e poi di fatto) sia nel qualificare la sua condotta. La Corte ha ritenuto insindacabile la valutazione sull’inattendibilità di un testimone a difesa, la cui deposizione era stata interpretata come un tentativo di evitare il proprio coinvolgimento.

Sulla base del principio espresso dalle Sezioni Unite, la condotta dell’imputato rientrava pienamente nell’ambito applicativo dell’art. 316-ter c.p. Il risparmio di spesa ottenuto illecitamente è stato equiparato a un’erogazione pubblica, confermando la condanna.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori di società. In primo luogo, ribadisce che le responsabilità penali non cessano con le dimissioni formali se si continua a esercitare un potere gestionale di fatto. In secondo luogo, e in modo ancora più significativo, consolida un’interpretazione estensiva dell’art. 316-ter c.p., chiarendo che qualsiasi vantaggio economico indebito ottenuto a danno dell’erario, incluso il mancato pagamento di somme dovute, costituisce reato. Questa decisione rafforza gli strumenti di contrasto alle frodi contributive e fiscali che si realizzano attraverso meccanismi di compensazione illecita.

Un ‘risparmio di spesa’ ottenuto tramite compensazione illecita di contributi integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una decisione delle Sezioni Unite, ha stabilito che il concetto di ‘erogazione pubblica’ previsto dall’art. 316-ter c.p. include non solo l’elargizione diretta di denaro, ma anche la concessione di un’esenzione dal pagamento. Pertanto, un risparmio di spesa ottenuto illecitamente rientra in questa fattispecie di reato.

Chi cessa formalmente dalla carica di amministratore può essere ritenuto responsabile per fatti successivi?
Sì, può essere ritenuto responsabile se viene provato che ha continuato a operare come ‘amministratore di fatto’, ovvero gestendo concretamente la società e prendendo le decisioni operative e strategiche più importanti, nonostante la mancanza di una carica formale.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No. Il ruolo della Corte di Cassazione è quello di giudice di legittimità. Non può riesaminare nel merito gli elementi di fatto e le prove, ma deve limitarsi a controllare che la decisione del giudice precedente sia stata presa nel rispetto della legge e con una motivazione logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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