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Risparmio di spesa e reato: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la questione sulla qualificazione giuridica del cosiddetto ‘risparmio di spesa’. Il caso riguarda un’impresa che ha ottenuto sgravi contributivi per l’assunzione di lavoratori in mobilità, omettendo di comunicare all’INPS l’esistenza di un collegamento societario ostativo al beneficio. La Corte d’Appello aveva qualificato il fatto come indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). La Cassazione dubita che un mancato versamento di somme dovute possa equivalere a una ‘percezione’ di una ‘erogazione’ e chiede alle Sezioni Unite di chiarire se il risparmio di spesa rientri in tale fattispecie e, in caso affermativo, se il reato si configuri come unico a consumazione prolungata o come una pluralità di illeciti.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risparmio di spesa: è reato? La Cassazione chiama le Sezioni Unite

L’indebita fruizione di sgravi contributivi, che si traduce in un risparmio di spesa per l’azienda, integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche previsto dall’art. 316-ter del codice penale? A questa domanda cruciale, che tocca il cuore del diritto penale dell’economia, la Corte di Cassazione ha deciso di non rispondere direttamente, rimettendo la questione alle Sezioni Unite. Con l’ordinanza n. 27639/2024, la Sesta Sezione Penale ha sollevato un fondamentale dubbio interpretativo sull’esatta portata della norma, le cui implicazioni pratiche sono enormi per le imprese e i professionisti.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un’operazione aziendale complessa. Un’impresa, facente parte di un consorzio, assumeva un numero considerevole di lavoratori (210) provenienti dalle liste di mobilità di un’altra società. Grazie a queste assunzioni, l’impresa richiedeva e otteneva importanti agevolazioni contributive, riducendo significativamente l’importo da versare all’INPS.

Tuttavia, l’impresa ometteva di comunicare un dettaglio fondamentale: esisteva un’identità sostanziale negli assetti proprietari tra la società che assumeva e quella da cui provenivano i lavoratori. Questa circostanza, secondo la legge n. 223/1991, rappresentava una condizione ostativa che avrebbe dovuto impedire l’accesso ai benefici.

La Corte di Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva riqualificato il fatto, originariamente contestato come truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.), nel delitto di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), ritenendo che la condotta non integrasse gli ‘artifizi e raggiri’ tipici della truffa, ma una mera omissione di informazioni dovute.

Il dubbio sul concetto di “erogazione” e il risparmio di spesa

Il nucleo del problema giuridico sollevato dalla Cassazione risiede nell’interpretazione letterale dell’art. 316-ter c.p. La norma punisce chi consegue indebitamente ‘contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni’. La Corte si interroga se un risparmio di spesa, cioè un mancato esborso di denaro, possa essere equiparato alla ‘percezione’ di una ‘erogazione’.

Secondo l’ordinanza di rimessione, il termine ‘erogazione’ presuppone un atto positivo, un flusso finanziario in uscita da un ente pubblico e in entrata nel patrimonio del beneficiario. Al contrario, il risparmio di spesa è un vantaggio economico che si realizza evitando un’uscita. Estendere la norma fino a ricomprendere quest’ultima ipotesi potrebbe violare il principio di tassatività e il divieto di analogia in materia penale, sanciti dall’art. 25 della Costituzione.

Reato unico o pluralità di illeciti?

Qualora le Sezioni Unite dovessero ritenere che anche il risparmio di spesa rientri nell’ambito applicativo dell’art. 316-ter, si aprirebbe una seconda, altrettanto importante, questione. Poiché i benefici contributivi venivano goduti mensilmente, tramite la presentazione periodica dei modelli di denuncia all’INPS, bisogna stabilire la natura del reato. Si tratta di:

1. Un reato unico a consumazione prolungata: in questo caso, la condotta illecita si considera unitaria e il reato si perfeziona solo con la cessazione dei pagamenti indebiti. Questa interpretazione ha conseguenze dirette sul calcolo della prescrizione, che inizierebbe a decorrere solo dall’ultimo episodio.
2. Una pluralità di reati: ogni mancato versamento mensile costituirebbe un reato autonomo, eventualmente unificato dal vincolo della continuazione. In questa ipotesi, la prescrizione decorrerebbe autonomamente per ogni singolo episodio, con il rischio che i fatti più risalenti nel tempo non siano più perseguibili.

Anche su questo punto esiste un contrasto nella giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione, rendendo necessario un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Le motivazioni della rimessione

La Corte ha motivato la decisione di rimettere gli atti alle Sezioni Unite sulla base di due principali ragioni. La prima è il potenziale contrasto con un precedente orientamento delle stesse Sezioni Unite (sentenza ‘Pizzuto’ del 2010), che aveva adottato un’interpretazione ampia del concetto di ‘erogazione’, includendovi anche l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario. La Sesta Sezione, tuttavia, ritiene che tale principio vada riconsiderato alla luce del rigoroso principio di legalità e del significato letterale delle parole usate dal legislatore, come più volte ribadito anche dalla Corte Costituzionale. Il linguaggio della legge penale deve essere chiaro e non può essere esteso oltre il suo significato semantico per colpire fatti che non vi rientrano espressamente.

La seconda ragione è il significativo contrasto giurisprudenziale interno alla Corte riguardo alla natura del reato (unico o plurimo) in caso di percezioni periodiche. La soluzione a questa divergenza è fondamentale per garantire la certezza del diritto e un’applicazione uniforme della legge su tutto il territorio nazionale, specialmente per quanto riguarda l’istituto della prescrizione.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza della Corte di Cassazione pone due quesiti di massima e particolare importanza alle Sezioni Unite:

1. Se il risparmio di spesa derivante dal versamento parziale di contributi previdenziali, ottenuto tramite l’omessa comunicazione di informazioni ostative, rientri o meno nel reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.).
2. In caso affermativo, se le ripetute percezioni periodiche configurino un reato unitario a consumazione prolungata o una pluralità di reati distinti.

La futura sentenza delle Sezioni Unite avrà un impatto determinante, destinata a diventare un punto di riferimento per la qualificazione giuridica di tutte le condotte elusive in materia contributiva e fiscale, definendo i confini tra illecito penale e illecito amministrativo.

Ottenere uno sgravio contributivo non dovuto costituisce il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.)?
La Corte di Cassazione, nell’ordinanza in esame, ha espresso forti dubbi in merito. Ritiene che un ‘risparmio di spesa’ potrebbe non coincidere con la ‘percezione di un’erogazione’, come richiesto letteralmente dalla norma. Per questo motivo, ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite per un chiarimento definitivo.

Qual è la differenza principale tra la truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) e l’indebita percezione (art. 316-ter c.p.)?
Secondo la giurisprudenza consolidata (sentenza ‘Carchivi’), la differenza sta nella condotta dell’agente. La truffa richiede un comportamento attivo e ingannatorio (‘artifizi e raggiri’) che induce in errore l’ente pubblico. L’indebita percezione, invece, è un reato a carattere residuale che può essere integrato anche da una semplice condotta omissiva, come la mancata comunicazione di informazioni dovute per legge, senza che sia necessaria un’induzione in errore.

Se le percezioni indebite sono periodiche, il reato è unico a consumazione prolungata o si tratta di più reati distinti?
Questo è il secondo grande quesito posto alle Sezioni Unite, poiché la giurisprudenza attuale è divisa. Un orientamento considera la condotta come un reato unico che si consuma con l’ultima percezione, facendo decorrere da quel momento la prescrizione. Un altro orientamento, invece, la considera come una serie di reati autonomi, per ciascuno dei quali la prescrizione decorre singolarmente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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