Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23526 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23526 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 28/06/1996
sentite le conclusioni del PG in persona del Sostituto gen. NOME COGNOME che ha avverso l’ordinanza del 24/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
udito il difensore avvocato COGNOME del foro di REGGIO CALABRIA in difesa di COGNOME
che ha insistito per l’accoglimento del ricorso
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RITENUTO IN FATTO
1. NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, per l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale del riesame di Palermo del 14 gennaio 2025, con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dal predetto ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. avverso l’ordinanza del G.I.P., con cui gli è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione ai reati di cui agli artt. 81, 110 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 2).
Con un primo motivo lamenta violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c) e 309, comma 6, cod. proc. pen. per l’omessa valutazione della memoria difensiva depositata in sede di udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame.
Il ricorrente ripercorre la cronologia degli atti (14/12/2024 deposito della richiesta di riesame, 18/12/2024 ricezione del decreto di fissazione della udienza in camera di consiglio per il 24/12/2024 ore 10,45, 23/12/2024 ore 13,42 deposito di memoria difensiva ai sensi dell’art. 309 comma 6 cod. proc. pen.).
Ebbene il COGNOME si duole che di tale memoria non si faccia menzione alcuna nell’ordinanza impugnata, che non tratterebbe alcuno degli argomenti difensivi introdotti con la stessa.
Richiama a sostegno della impugnazione sul punto i dicta di Sez. 1, n. 39091/2022 e Sez. 5 n. 11579/2022 ed evidenzia che la difesa si era limitata a depositare istanza di riesame senza indicare alcun motivo a sostegno della medesima decidendo poi di proporre gli argomenti difensivi a sostegno della stessa a mezzo proprio della memoria difensiva di cui si tratta.
Con il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 73 d.P.R. 309/90 (capo 2), 125 comma 3 e 273 cod. proc. pen. e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di un grave quadro indiziario a carico del COGNOME nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha ritenuto riscontrata ab externo ed in termini individualizzanti la chiamata in reità mossa ai danni del ricorrente dall’indagato in procedimento connesso COGNOME COGNOME.
In particolare, si ricorda in ricorso che, secondo l’ordinanza impugnata (pagg. 5/6), in relazione alla posizione processuale di Monarchi° Manuel le dichiarazioni del COGNOME sarebbero riscontrate da tre circostanze:
1. il fatto che la notte tra il 1 e il 2 giugno 2022 vi sono stati dei sopralluoghi (finalizzati alla verifica sui luoghi dove sarebbe avvenuta la rapina secondo quanto COGNOME aveva descritto nella denuncia dallo stesso sporta alle ore 12.26 del 1.6.2022 ai carabinieri di Villabate) per come descritti a pag. 23 dell’ordinanza custodide. In particolare, alle ore 03.31 i coimputati Binario e Genova sarebbero stati raggiunti presso l’area di parcheggio di. INDIRIZZO da tre soggetti a bordo di una autovettura “LAND ROVER EVOQUE bianca con tettuccio nero” della
quale tuttavia, dalla analisi delle immagini di videosorveglianza non era visibile la targa; tutti questi soggetti si sarebbero poi allontanati da tale luogo autonomamente (Binario e Genova a bordo di una autovettura di colore nero) al fine di effettuare i detti “sopralluoghi”, per poi fare ritorno presso la medesima area di parcheggio alle successive ore 06.27;
2. il fatto che nell’anno 2022 (maggio e luglio), COGNOME NOME era stato sottoposto a due controlli di polizia alla guida di una autovettura LAND ROVER EVOQUE bianca con tettuccio nero (stessa marca, modello e colore di quella giunta presso l’area di parcheggio di INDIRIZZO) targata CODICE_FISCALE, intestata però a persona diversa dallo stesso;
3. il fatto che alle ore 06.34 del 2 giugno 2024, l’utenza cellulare intestata a Monorchio NOME ha agganciato la cella radioelettrica di copertura del Comune di Termini Imerese, sicché vi sarebbe compatibilità con la presenza del Monorchio registrata quella stessa notte a Palermo.
A tal riguardo, il tribunale del riesame così motiva: “Se ne trae dunque che Monorchio, in un arco di tempo compatibile con le dichiarazioni rese dal COGNOME e con i riscontri restituiti dalle immagini di videosorveglianza, abbia raggiunto in piena notte Palermo dalla Calabria a bordo della LAND ROVER EVOQUE, che è stata poi osservata dapprima avvicinare il duo palermitano Binario – Genova, e successivamente fare più volte andirivieni dal parcheggio in questione, durante le primissime ore del 2.6.22, nel tentativo di verificare se realmente NOME avesse subito la violenta sottrazione dei 180.000 euro che erano stati corrisposti da Monorchio e Corso a saldo dell’acquisto della partita di droga».
Orbene, tale motivazione per il ricorrente appare del tutto illogica e frutto di un argomentare di tipo congetturale.
Invero, quanto alla circostanza che alle ore 3.31 Binario e Genova sarebbero stati raggiunti presso l’area di parcheggio di INDIRIZZO da tre soggetti a bordo di una autovettura LAND ROVER EVOQUE bianca con tettuccio nero, che sarebbe della stessa marca, modello e colore della autovettura targata CODICE_FISCALE a bordo della quale nel corso dell’anno 2022 COGNOME NOME è stato sottoposto a controlli di Polizia, si osserva in ricorso come erroneamente tale elemento di prova sia stato qualificato quale “puntuale riscontro” esterno di natura individualizzante rispetto alle dichiarazioni del COGNOME, poiché certamente non caratterizzato dai requisiti della gravità e della precisione in relazione alla persona di COGNOME NOME, giacché le autovetture di quella medesima marca, modello e colore sono assai numerose, sicché affermare che la autovettura immortalata quella notte dalle videocamere di sorveglianza installate presso l’area di parcheggio di INDIRIZZO sia quelle, utilizzata dal COGNOME in due precedenti occasioni sul territorio di Reggio Calabria si traduce in una mera congettura.
Quanto invece alla circostanza che alle ore 6.34 del 2 giugno 2024, l’utenza cellulare intestata a COGNOME NOME ha agganciato la cella radioelettrica di copertura del Comune di Termini Imerese, sicché vi sarebbe compatibilità con la presenza del COGNOME registrata quella stessa notte a Palermo, si osserva in ricorso come il tribunale del riesame non si sia avveduto di una circostanza che avrebbe dovuto escludere il fatto che COGNOME NOME potesse essere uno dei soggetti reggini che si trovavano quella notte presso l’area di parcheggio di INDIRIZZO
Tale dato, ove correttamente letto, per il ricorrente appare al contrario fornire prova a discarico di COGNOME NOME. Ciò perché costituisce dato oggettivo insuperabile quello per il quale il tempo medio di percorrenza tra Palermo e Termini Imerese (distanti fra loro circa 40 km) è di almeno 40 minuti.
Pertanto, partendo dal dato oggettivo ed inconfutabile emergente dalla stessa ordinanza del GIP per il quale i tre soggetti a bordo delta autovettura LAND ROVER EVOQUE bianca con tettuccio nero (tra i quali si afferma vi sarebbe anche COGNOME NOME) si sono definitivamente allontanati dall’area di parcheggio di INDIRIZZO esattamente alle ore 6.27 del 2 giugno 2024, i dispositivi cellulari di costoro avrebbero potuto agganciare la cella radioelettrica di Termini Imerese non prima delle successive ore 7.07 (almeno 40 minuti dopo).
È, dunque, del tutto impossibile che tale aggancio possa essere avvenuto appena 7 minuti dopo (alle ore 6.34) l’orario di partenza (delle ore 6.27).
Pertanto, per il ricorrente si dimostrerebbe manifestamente illogica l’affermazione del tribunale cautelare laddove si legge: “Peraltro, l’utenza telefonica in uso al Monorchio (la numero 3713414296) sino alla mezzanotte del giorno 1.6.2022 aveva agganciato la cella in territorio di Reggio Calabria, ma nelle prime ore del giorno seguente aveva agganciato una cella ubicata nel comune di Termini Imerese (PA). Segno del suo improvviso spostamento, a notte inoltrata, dalla Calabria al territorio palermitano” (cfr.; pag. 5 dell’ordinanza impugnata).
Chiede pertanto che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.
Il PG ha anticipato con memoria scritta in data 29/05/2025 le proprie conclusioni.
Le parti hanno reso all’udienza camerale partecipata, richiesta dal difensore, le conclusioni riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono infondati e pertanto il proposto rico va rigettato.
2. Quanto al primo profilo di doglianza, va preliminarmente ricordato il costante orientamento della Corte di legittimità, secondo cui, in tema di impugn zione di misure cautelari personali, l’omessa valutazione di una memoria difensiv da parte del giudice del riesame determina la nullità del provvedimento nel so caso in cui siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad profondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate ex art. 309, comma 6, cod. proc. pen., ma contengano autonome e inedite censure del provvedimento impugnato, che rivestano carattere di decisività (Sez. 5, n. 11579 del 22/02/202 Adiletta, Rv. 282972; Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578).
In tema di ricorso per Cassazione, pertanto, l’omessa considerazione da parte del giudice dell’impugnazione di una memoria difensiva, non comporta, per ciò solo, una nullità per violazione del diritto di difesa, ma può determinar vizio della motivazione per la mancata valutazione delle ragioni ivi illustrate, a riguardo alle questioni devolute con l’impugnazione.
Costituisce ius receptum anche che l’omesso esame, da parte del giudice di merito, di una memoria difensiva può essere dedotto in sede di legittimità com vizio di motivazione purché, in virtù del dovere di specificità dei motivi di ric per Cassazione, si rappresenti puntualmente la concreta idoneità scardinante de temi della memoria pretermessa rispetto alla pronunzia avversata, evidenziando il collegamento tra le difese della memoria e gli specifici profili di carenza, traddittorietà o manifesta illogicità argomentativa della sentenza impugnata; motivo lambisce l’inammissibilità nel momento in cui si limita a trasporre testua mente il contenuto della memoria senza chiarire a quale argomento di contrasto a questa o quella proposizione della sentenza avversata si riferisse o come l’omes valutazione delle deduzioni articolate abbia inciso sulla sua completezza e su logicità del provvedimento impugnato, il che si risolve in un’impostazione ai lim dell’aspecificità, dato che i motivi di ricorso sono inammissibili non solo qua risultino intrinsecamente indeterminati, ma anche quando difettino della necessa ria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 11967 del 12/11/2024, dep. 2025, F.T., non massimata).
Del resto, il giudice non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tut le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risult processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazio
globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo (Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, COGNOME, Rv. 254107).
Nella fattispecie in esame la difesa si duole dell’omesso esame della memoria difensiva, senza però chiarire le ragioni della ritenuta decisività delle argo-, mentazioni ivi contenute, al fine di GLYPH 959- -IIM la carenza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità dell’apparato motivazionale.
A tal fine non è sufficiente – come pure è avvenuto – la mera allegazione della memoria difensiva al ricorso per Cassazione.
In ogni caso, come si avrà modo di evidenziare analizzando il secondo motivo di ricorso, la memoria in questione era imperniata sugli stessi temi riproposti in questa sede, ovvero l’insufficienza di riscontri esterni alle dichiarazioni accusatorie del COGNOME. E si tratta di temi ampiamente trattati nell’ordinanza impugnata, tanto e vero che il ricorrente stesso contesta la motivazione sul punto, che dunque c’è stata.
Per poter dire, dunque, che una memoria non è stata per nulla valutata non basta, pertanto, come pare opinare l’odierno ricorrente, che il provvedimento impugnato non ne faccia menzione, ma occorre anche che i temi trattati nello scritto difensivo non siano stati affrontati. Il che non è accaduto nel caso che ci occupa, a dimostrazione che è solo mancata nel provvedimento impugnato l’indicazione formale dell’avvenuta valutazione della memoria, ma questa in concreto c’è stata.
3. Quanto al secondo motivo di ricorso va ricordato che, secondo l’orientamento consolidato di questa giurisprudenza di legittimità, in tema di motivi di ricorso per Cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire ai diversi indizi o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spesso della valenza indiziaria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747). Sono quindi precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601).
L’impugnazione di legittimità non è proponibile quando attiene a censure che – benché formalmente prospettanti una violazione di legge o un vizio di motivazione – mirano in realtà a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti o una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997).
Va ancora ricordato come la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (Sez. 5 n. 36079 del 05.06.2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagatoti in ordine a reati addebitati.
In altri termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2 cod. proc. pen. Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma ibis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurimis Sez. 2, n. 26764 del 15/03/2013, COGNOME, Rv. 256731; Sez. 6 n. 7793 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255053; Sez. 4 n. 18589 del 14/02/2013, Superbo, Rv. 255928).
Alla Corte di cassazione spetta soltanto di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, la congruenza logica e l’adeguatezza della motivazione sul punto (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460), senza alcun potere di revisionare le circostanze fattuali della vicenda. E il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno a provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
Nello specifico dei riscontri alle chiamate in correità va ricordato che gli “altri elementi di prova” da valutare, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., unitamente alle dichiarazioni del chiamante, non devono possedere necessariamente i requisiti propri degli indizi di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., essendo sufficiente che siano precisi nella loro oggettiva consistenza e idonei
a confermare, in un apprezzamento unitario, la prova dichiarativa dotata di propria autonomia rispetto a quella indiziaria (Sez. 1, n. 31004 del 10/05/2023, COGNOME, Rv. 284840). E che il riscontro alla chiamata in correità può dirsi individualizzante quando non consiste semplicemente nell’oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offre elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell’attribuzione a quest’ultimo del reato contestato altresì precisato che, in tema di chiamata in correità, i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all’imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità (Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, Campo, Rv. 276744).
Ai fini dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, il riscontro alla chiamata in correità può dirsi individualizzante quando non consiste semplicemente nell’oggettiva conferma del fatto riferito dal chiamante, ma offre elementi che collegano il fatto stesso alla persona del chiamato, fornendo un preciso contributo dimostrativo dell’attribuzione a quest’ultimo del reato contestato (Sez. 6, n. 45733 del 11/07/2018, P., Rv. 274151).
Se questi sono i canoni ermeneutici cui questa Corte di legittimità è ancorata, va rilevato che nel caso all’odierno esame non risultdéssersi verificata né violazione di legge e nemmeno vizio di motivazione rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
La motivazione del tribunale del riesame è stata prospettata in concreto e diffusamente in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
I giudici del gravame cautelare, come peraltro riconosce lo stesso ricorrente, hanno evidenziato i seguenti elementi di riscontro individualizzante al narrato del correo COGNOME COGNOME: a. l’arrivo al parcheggio di INDIRIZZO di un veicolo LAND ROVER EVOQUE di colore bianco con tettuccio nero, dal quale scendevano tre soggetti, tra i quali, con elevato grado di probabilità, il COGNOME, essendo egli l’utilizzatore di un’autovettura con le medesime caratteristiche (come emerso dai controlli di p.g. eseguiti nei suoi confronti nel maggio e nel luglio
2022); b. l’aggancio da parte dell’utenza in uso al Monorchio di una cella ubicata in Reggio Calabria e, nelle prime ore del giorno seguente, di una cella insistente
nel Comune di Termini Imerese. Nell’ordinanza impugnata sono evidenziati altresì
ulteriori elementi di riscontro sebbene non individualizzanti.
I riscontri suindicati non rivestono le caratteristiche degli indizi, ma, diver- samente da quanto opina il ricorrente, appaiono precisi e idonei a confermare la
prova dichiarativa.
La difesa deduce l’insufficienza dell’identificazione del veicolo in ragione dell’esistenza di molte Land Rover delle medesime caratteristiche e la presunta
incompatibilità dei tempi di percorrenza del Monorchio in ragione dei tempi di per- correnza del veicolo tra Palermo e Termini Imerese (senza però documentare il
proprio assunto, in violazione del principio di autosufficienza).
Essa, peraltro, non si confronta con l’ulteriore dato decisivo del riconosci- mento, effettuato dal COGNOME in sede di denunzia del soggetto, successivamente
identificato nel Monorchio, il quale gli aveva amputato una parte del dito (pag. 3
dell’ordinanza impugnata).
Né peraltro, va evidenziato conclusivamente, l’odierno ricorrente spiega la ragione per cui si sarebbe spostato dalla Calabria a Termini irnerese.
Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94 c. 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. Pen.
Così deciso il 11/06/2025