Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24571 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24571 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata il 13/07/1991 a PALERMO COGNOME NOME nata il 20/04/1962 a PALERMO COGNOME NOME nato il 18/05/1960 a PALERMO avverso la sentenza in data 12/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME letta la nota dell’Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per il tramite del comune procuratore speciale, ma con ricorsi separati, impugnano la sentenza in data 12/11/2024 della Corte di appello di Palermo che, per quello che qui interessa, ha confermato la sentenza in data 09/12/2019 del Tribunale di Palermo, che li aveva condannati per il reato di rapina pluriaggravata.
Deducono:
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Tutti e tre i ricorrenti denunciano la violazione dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità, là dove ha spiegato che le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato devono essere supportate da riscontri estrinseci per acquisire valore probatorio.
Osservano, dunque, che le dichiarazioni rese da COGNOME, coimputato nel medesimo reato, dovevano essere riscontrate, ma non con le dichiarazioni di COGNOME NOMECOGNOME che di COGNOME era la compagna di vita, così configurandosi un’ipotesi di circolarità delle dichiarazioni.
Secondo i ricorrenti «il Giudice del merito avrebbe dovuto accertare se i fatti si siano effettivamente svolti così come l’accusa li ha ricostruiti nell’imputazione; basta un ragionevole dubbio in merito a tale prospettazione affinché il fatto di cui all’i mputazione non possa ritenersi accertato».
Osservano, quindi, che la validità della ricostruzione accusatoria risulta compromessa dall’assoluzione di COGNOME COGNOME e dalla mancata verifica delle dichiarazioni rese da COGNOME, imputato nel medesimo reato.
«La decisione adottata dalla Corte giudicante nel merito -scrive la difesa-, che si è limitata ad assolvere COGNOME COGNOME ritenendo le dichiarazioni di COGNOME quantomeno lacunose conduce a precisare quanto segue: se il COGNOME ha mentito in ordine alla posizione di COGNOME il dubbio che siano menzognere le dichiarazioni poste in essere con riferimento rimane invariato e ancor più forte di prima della sentenza della Corte».
Si denuncia, quindi, la violazione del principio del ragionevole dubbio.
3. NOME COGNOME.
Violazione di legge in relazione agli artt. 62 e 62bis cod. pen..
«Nella fattispecie -scrive la difesava rilevata la necessità di un’attenta verifica della sentenza impugnata, da parte del supremo collegio; occorre valutare se l’organo giudicante nel merito abbia correttamente applicato le norme vigenti e se possa ritenersi corretto il fatto di aver considerato soltanto i reati contro il patrimonio commessi dalla Trapani in date antecedenti al fatto che occupa e non la reale non gravità della rapina al fine della condanna della Trapani ad una pena di gran lunga maggiore a quella inflitta a tutti i presunti correi (si ricorda la mancata prosecuzione dell’azione civile in seno al processo e la lievità del danno arrecato alla persona offesa)».
Si denuncia la mancata considerazione di quanto prospettato con le memorie difensive in relazione alla riconoscibilità di circostanze attenuanti generiche.
4. Ciò premesso, i ricorsi sono inammissibili.
4.1. Tutti e tre i ricorrenti si dolgono genericamente dalla violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. -per la mancata ricerca di riscontri esterni alle dichiarazioni rese da COGNOME– e della violazione del principio di ragionevole dubbio.
4.2. Quando i ricorrenti pongono l’accento sulle dichiarazioni di COGNOME (coimputato, condannato con rito abbreviato) e sulla loro capacità probatoria, anche in punto di attendibilità, trascurano di considerare che la Corte di appello ha valorizzato molteplici elementi a carico degli imputai, tra i quali (oltre alle dichiarazioni della persona offesa, alle conversazioni intercettate presso la saletta del Commissariato di San Lorenzo e -appunto- alle dichiarazioni rese dal coimputato COGNOME), anche quanto riferito da NOME COGNOME le cui dichiarazioni assumono una particolare valenza quanto alla loro capacità di fornire un riscontro alla chiamata in correità di COGNOME ove si consideri che è stata assolta “per non aver commesso il fatto”.
In presenza di una prova così strutturata, costituita da molteplici elementi che, secondo i giudici di merito, hanno disvelato la dinamica della vicenda predatoria, sin dalla sua fase ideativa, le censure relative alla -asserita- mancanza di riscontri alle dichiarazioni di COGNOME si mostrano una mera rivalutazione delle emergenze dibattimentali, non scrutinabili in sede di legittimità.
4.3. Anche le ulteriori censure esposte in relazione alla credibilità di COGNOME e all’attendibilità di COGNOME all’indomani dell’assoluzione di COGNOME , si presentano come valutazioni di merito che, in quanto tali, non sono scrutinabili in sede di legittimità, trattandosi di valutazioni di fatto non sindacabili in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sullo i d quod plerumque accidit , ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (in tal senso cfr. Sez. 4, Sentenza n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609 -01).
4.4. Quanto alla denuncia di violazione del principio del ragionevole dubbio, va ribadito che «in tema di giudizio di legittimità, l’introduzione nel disposo dell’art. 533 cod. proc. pen. del principio dell'”oltre ogni ragionevole dubbio” ad opera della legge 20 febbraio 2006, n. 46, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, sicché la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, segnalata dalla difesa, non integra un vizio di motivazione se sia stata oggetto di disamina da parte del giudice di merito» (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 -01).
Nel caso in esame, i ricorrenti non indicano la ricostruzione alternativa eventualmente trascurata dai giudici, limitandosi a eccepire assertivamente che non è stata verificata la tesi accusatoria, senza tuttavia dedurre vizi della sentenza impugnata astrattamente riconducibile ad alcuno dei vizi sindacabili in sede di legittimità.
4.5. La sola Trapani, infine, si duole della negazione delle circostanze attenuanti generiche.
A tale proposito va ricordato che «al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità
del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente» (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 -02); più in generale, va ribadito che «l’applicazione di attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola» (in tal senso, tra molte, Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 -01).
La Corte di appello, non solo ha ritenuto l’insussistenza di elementi positivamente valutabili, ma anche rimarcato la presenza di un elemento ostativo al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ossia la capacità a delinquere dimostrata dai numerosi precedenti penali a suo carico per reati contro il patrimonio, così valorizzando un connotato della personalità evidentemente ritenuto decisivo e prevalente rispetto a quanto evidenziato dalla difesa.
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 18/06/2025