Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24097 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI RIMINI dalla parte civile COGNOME NOME dalla parte civile COGNOME NOME nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/04/2023 del GIUDICE DI PACE di RIMINI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi; lette le conclusioni depositate dalla difesa dell’imputato, che ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 13/04/2023, il Giudice di Pace di Rimini ha assolto NOME COGNOME dal reato ascritto ai sensi dell’art.590, comma 2, cod.pen. contestato per avere cagionato a NOME COGNOME lesioni personali per imprudenza, negligenza e imperizia tenuta alla guida del proprio motociclo Yamaha RI durante le sessioni di qualifica per la gara denominata “Coppa Italia”, all’interno dell’autodromo di Misano Adriatico, specificamente tamponando il mezzo della persona offesa che stava cercando di condurlo, dopo essere andato in folle nell’affrontare la curva n.3 del circuito, verso la zona di sicurezza sita all’esterno della pista.
Il Giudice procedente ha premesso la ricostruzione del fatto desumibile dal video rappresentante il sinistro e dalle prove orali acquisite nel corso del giudizio, con specifico riferimento alle dichiarazioni rese dalla persona offesa; elementi sulla base dei quali era emerso che, il giorno 19/05/2018 e durante le predette sessioni di qualifica, il COGNOME – a causa di un problema tecnico incorso tra la curva n.3 e la curva n.4 (segnatamente al cambio della moto) – si era portato sul cordolo sito alla sinistra della pista, senza uscire dalla stessa e procedendo a bassa velocità mantenendo la propria traiettoria; lo stesso COGNOME aveva quindi esposto che, dopo alcuni secondi, era stato urtato da dietro venendo sbalzato in aria e ricadendo in mezzo alla pista, riportando quindi le gravi lesioni descritte nel capo di imputazione; il giudice procedente ha altresì dato atto che – sulla base degli elementi raccolti nel corso dell’istruzione dibattimentale – l’imputato, uscendo dalla curva n.3 a forte velocità – aveva allargato la propria traiettoria sul cordolo e, stante la presenza della persona offesa che viaggiava a bassa velocità, l’aveva colpita da tergo.
In punto di diritto, il giudice procedente ha fatto riferimento ai principi giurisprudenziali in punto di c.d. rischio consentito, la cui area doveva ritenersi coincidente con quella delineata dal rispetto RAGIONE_SOCIALE regole della competizione sportiva; desumendone che doveva ritenersi lecita, con conseguente non formulabilità di addebito colposo, la condotta mantenuta entro i limiti del regolamento pur se concretamente la stessa avesse cagionato un danno nei confronti di altri concorrenti e non essendo ipotizzabili standard di cautela ulteriori; ha quindi rilevato che, nel caso di specie, non era ravvisabile alcuna violazione del regolamento, come esposto in sede di testimonianza da parte del direttore di gara, ritenendo quindi la non ipotizzabilità della responsabilità ascritta nel capo di imputazione.
Avverso la predetta sentenza hanno presentato appello – depositato il 26/05/2023 presso il Tribunale di Rimini – le parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente persona offesa e convivente della stessa, tramite il proprio difensore; articolando un unitario motivo di impugnazione con il quale hanno dedotto l’erronea valutazione del fatto-reato in relazione agli ipotizzati profili di responsabilità colposa dell’imputato, la contraddittoria e illogica motivazione in ordine agli elementi emersi dall’istruzione dibattimentale e l’omessa considerazione della causalità della condotta rispetto all’evento lesivo.
Hanno previamente esposto la ricostruzione del fatto risultante dalle riprese filmate dell’evento e sulla base del quale era risultato che il COGNOME era stato urtato da tergo dalla moto condotta dall’imputato, il quale aveva omesso di rallentare all’uscita della curva n.INDIRIZZO, in tal modo violando la correlativa regola cautelare che impone che il concorrente sopraggiunto da dietro debba evitare di invadere il cordolo già occupato da un concorrente rallentato.
Hanno quindi riassunto gli esiti dell’istruzione dibattimentale, RAGIONE_SOCIALE testimonianze acquisite e RAGIONE_SOCIALE considerazioni tecnico-cinematiche assunte al processo anche in ragione dell’escussione dei consulenti tecnici di parte; prove i cui esiti sono stati riassunti nel corpo dell’esposizione del motivo di impugnazione e dalle quali sarebbe risultata la correttezza del comportamento tenuto dalla persona offesa nonché la circostanza in base alla quale il rallentamento del COGNOME non sarebbe stato segnalato dai commissari di gara mediante l’esibizione della bandiera di colore corrispondente; riassumendo altresì gli esiti della testimonianza resa dal direttore di gara, a propria volta costituente uno dei principali argomenti utilizzati nella sentenza impugnata e attinente, in particolare, alla nozione di “linea ideale” e al fatto che l’imputato avrebbe sostanzialmente tenuto la stessa anteriormente rispetto all’impatto.
Gli appellanti hanno quindi riassunto le dichiarazioni rese dal consulente della parte civile, dalle quali era conclusivamente emerso che il COGNOME aveva correttamente operato, portandosi sull’estremità del cordolo sito al lato sinistro della pista e non creando alcun ostacolo agli altri concorrenti, che ben avrebbero dovuto notarlo sopraggiungendo da dietro; esponendo altresì, al fine di confutarne i presupposti e le conclusioni, quanto riferito dal consulente nominato dall’imputato.
Ciò posto, hanno evidenziato i capi e i punti della sentenza appellata asseritamente caratterizzati da travisamento dei fatti processuali; hanno dedotto che il giudice di prime cure avrebbe illogicamente valorizzato la testimonianza del direttore di gara, senza tenere conto di quanto esposto dai testi oculari, dalle cui dichiarazioni sarebbe emersa la violazione regolamentare posta in essere dall’imputato mediante la percorrenza di un cordolo già occupato da un veicolo
rallentato e senza operare una necessaria decelerazione alla vista di un mezzo che procedeva dinanzi a sé; hanno dedotto che dovevano ritenersi errate le considerazioni spiegate dal giudice procedente in punto di diritto, atteso che anche sulla base della lettura giurisprudenziale citata dal giudicante in ordine ai confini della responsabilità colposa per fatti occorsi durante eventi sportivi agonistici – si sarebbe dovuti giungere a un giudizio di penale responsabilità dell’imputato, derivante dall’omesso rispetto di regole sportive da porre in rapporto causale con l’evento lesivo nonché dei generali parametri di diligenza, prudenza e perizia; hanno quindi concluso chiedendo di dichiarare la penale responsabilità dell’imputato e di condannarlo al risarcimento di tutti i danni nei confronti RAGIONE_SOCIALE costituite parti civili.
Con atto depositato il 29/05/2023, ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Rimini.
Ha premesso la ricostruzione dei fatti emergente dal filmato accluso agli atti nonché gli esiti RAGIONE_SOCIALE testimonianze acquisite e RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai consulenti tecnici di parte, in senso corrispondente a quanto operato nell’ambito dell’appello proposto dalle parti civili; ha quindi dedotto il travisamento dei costituiti processuali operato dalla sentenza e la conseguente necessità di una riforma della stessa, sia in fatto e sia in diritto; deducendo che il giudice di prime cure non si era confrontato con il compendio testimoniale complessivamente analizzato e dal quale sarebbe emersa la colposa violazione regolamentare posta in essere da parte dell’imputato.
Con provvedimento del 12/12/2023, il Tribunale di Rimini ha rilevato l’inammissibilità dell’appello proposto dalle parti civili in relazione al disposto dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen. (inserito dall’art.34, comma 1, lett.a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150) e – in relazione all’art.568, comma 5, cod.proc.pen. – ne ha disposto la conversione in ricorso per cassazione, trasmettendo gli atti presso questa Corte.
In data 26/03/2024, la difesa RAGIONE_SOCIALE parti civili ha depositato memoria contenente motivi aggiunti.
Nella stessa ha chiesto: 1) di annullare i capi e i punti della sentenza relativi alla dichiarazione di non responsabilità dell’imputato per mancanza e contraddittorietà della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. – e per il travisamento di prove decisive emerse nell’istruttoria dibattimentale.
Ha specificamente richiamato gli esiti RAGIONE_SOCIALE testimonianze rese dal COGNOME (ispettore di gara) dall’COGNOME (pilota), dal COGNOME (pilota) e dalla stessa persona offesa oltre che le osservazioni rese dal consulente di parte civile COGNOME, deducendo che il giudice di primo grado avrebbe omesso di svolgere qualsiasi valutazione sul contenuto RAGIONE_SOCIALE videoripresa allegata agli atti; essendosi il giudicante basato sulla sola valutazione, peraltro parziale, RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal teste COGNOME, direttore di gara; derivandone un’errata valutazione in punto di effettivo rispetto RAGIONE_SOCIALE regole di gara da parte del concorrente e dei canoni di normale perizia e prudenza.
Ha ulteriormente chiesto: 2) di annullare i capi e i punti della sentenza impugnata alla luce dell’erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE norme extrapenali quali le regole e le buone prassi di gara e le direttive imposte nei briefing pre-gara, tali da influire sui profili di colpa generica e specifica ravvisabili nel caso concreto; -con riferimento specifico all’obbligo per il pilota di prestare attenzione a chi lo preceda, di non utilizzare il cordolo già occupato nonché all’obbligo di mantenere la traiettoria gravante sul pilota rallentato o in avaria; ha quindi ritenuto che, erroneamente, il giudice di primo grado avrebbe applicato la scriminante del rischio consentito anziché quelli ordinari in tema di accertamento della colpa.
In linea subordinata, ha chiesto alla Corte adita di valutare la questione di legittimità costituzionale dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen., nella parte in cui aveva eliminato la possibilità di un secondo giudizio di merito per tutto il catalogo dei reati di competenza del Giudice di Pace.
In data 27/03/2024 l’imputato ha depositato memoria scritta, nella quale ha dedotto l’illegittimità della conversione dell’atto di appello proposto dalle parti civil in ricorso per cassazione, atteso che l’impugnazione mirava esclusivamente a una riforma e non a un annullamento della sentenza; ha altresì dedotto l’inammissibilità di entrambe le impugnazioni data l’omessa e necessaria specificazione dei motivi di gravame; in ogni caso, ha dedotto l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALE impugnazioni in quanto manifestamente infondate.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi.
Il difensore RAGIONE_SOCIALE parti civili ha fatto pervenire ulteriore memoria in replica alle conclusioni del Procuratore Generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione proposta dalle parti civili va dichiarata inammissibile, mentre va accolta quella del p.m..
2. Le parti civili impugnanti, in sede di motivi aggiunti, hanno invitato questa Corte a valutare la legittimità costituzionale del vigente testo dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen., in relazione agli artt. 3, 25, 27, 32, 97, 102, 106 e 111 Cost. nonché in riferimento all’art.6 della CEDU, nella parte in cui priva la persona offesa del diritto alla celebrazione di un secondo giudizio di merito in caso di proscioglimento, non per i soli reati puniti con la pena pecuniaria ma anche per quelli sanzionati con pena alternativa.
La questione è manifestamente infondata.
Sul punto, vanno richiamati i principi già espressi da questa Corte in relazione alla speciale disciplina contenuta nell’art.37 del d.lgs. 28 agosto 2000, n.274 recante disposizioni in materia di procedimenti di fronte al Giudice di Pace – il quale ha previsto che l’imputato possa proporre appello avverso le sole sentenze applicative di una pena diversa da quella pecuniaria (Sez. 5, n. 4965 del 06/12/2006, dep. 2007, Triolo, Rv. 236310 e, successivamente e in senso analogo, Sez. 5, n. 7325 del 11/10/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 239106).
In tali pronunce, nel dichiarare non fondata la questione, questa Corte ha fatto previo riferimento al principio – ripetutamente espresso dal giudice RAGIONE_SOCIALE leggi – in base al quale l’ordinamento costituzionale garantisce solo un grado di merito ed uno di legittimità, di modo che un doppio grado di merito non ha copertura costituzionale (in senso analogo, più recentemente, Sez. 5, n. 3235 del 22/11/2019, dep. 2020, Leardi, Rv. 278150).
Specificamente, è stato rilevato che la predetta disciplina risponde ad una scelta legislativa del tutto legittima, in virtù della quale sulle sentenze concernenti fatti di modesta rilevanza, per i quali sia stata irrogata la sola pena pecuniaria, è consentito il solo vaglio di legittimità, e non corrisponderebbe ad esigenza logica di sorta l’appellabilità anche RAGIONE_SOCIALE sentenze in questione; non sussistendo quindi contrasto né con l’art.3 e nemmeno con l’art. 24 Cost., non negandosi le garanzie della giurisdizione, che rimangono comunque assicurate dal giudizio di primo grado e dallo scrutinio di legittimità della sentenza pronunciata in quella sede; mentre non vi è contrasto con l’art. 111 Cost., che garantisce il “giusto processo regolato dalla legge”, atteso che il legislatore si è avvalso legittimamente del potere di regolare il procedimento penale in casi di scarso rilievo sociale rilevando che, del resto l’art. 111 Cost., ultimo comma, garantisce per l’appunto proprio il ricorso per cassazione.
Deve ritenersi che le predette considerazioni possano essere richiamate anche a proposito del previgente testo dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen. (che escludeva l’appello avverso le sentenze di condanna applicative della sola pena dell’ammenda e le sentenze di proscioglimento relative a contravvenzioni punite
con la sola pena dell’ammenda o con pena alternativa); avendo questa Corte ritenuto non contraria all’assetto costituzionale (richiamando le considerazioni espresse in parte motiva da Corte Cost. 31 marzo 2008, n.85) la previsione della limitazione al diritto all’appello da parte dell’imputato avverso sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda (Sez. 3, n. 18154 del 16/04/2021, Rossetti, Rv. 281330).
In relazione al testo dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen. introdotto dall’art.34, comma 1, lett.a) del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 – che ha previsto l’inappellabilità RAGIONE_SOCIALE sentenze di condanna per le quali sia stata applicata la sola pena dell’ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità ovvero RAGIONE_SOCIALE sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la pena pecuniaria o con pena alternativa – deve quindi escludersi, anche alla luce dei predetti principi, che sussista un vulnus rispetto ai richiamati principi costituzionali.
Atteso che la limitazione dell’appello – come sottolineato nella relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 – persegue il fine, da considerare rientrante nell’esercizio della legittima discrezionalità legislativa, di implementare l’efficienza del sistema RAGIONE_SOCIALE impugnazioni attraverso una riduzione dell’appellabilità oggettiva RAGIONE_SOCIALE sentenze, con conseguente manifesta infondatezza della questione (per le ragioni suddette) in relazione agli artt. 3, 25, 27 e 111 Cost.; previsione peraltro riferita – con conseguente inconferenza dei richiami agli artt. 102 e 106 Cost. – a tutto il catalogo di reati prevedenti il suddetto sistema sanzionatorio e non a quelli di sola competenza del Giudice di Pace.
Vanno altresì richiamati i suddetti principi in punto di mancata copertura costituzionale del principio del doppio grado di giurisdizione; nonché – in riferimento alla posizione della persona offesa – la sussistenza della facoltà di adire in via alternativa la giurisdizione di rango civile al fine della tutela dei propri dirit patrimoniali e non patrimoniali.
L’impugnazione proposta dalle parti civili costituite deve essere dichiarata inammissibile per la mancanza dei presupposti per dare luogo alla relativa conversione del mezzo di impugnazione; rilevando pregiudizialmente come – a differenza di quanto previsto dall’art.580 cod.proc.pen. in punto di conversione del ricorso per cassazione in appello nel caso in cui siano stati presentati diversi motivi di impugnazione – non esista nell’attuale assetto processuale una disposizione che consenta la conversione dell’appello proposto avverso una sentenza inappellabile (in relazione al disposto dell’art.593, comma 3, cod.proc.pen.) in ricorso per cassazione.
3.1 A tale proposito, questa Corte ha enunciato in più occasioni il principio in base al quale – allorché un provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla
parte interessata con un mezzo di gravame diverso da quello legislativamente previsto – il giudice che riceve l’atto deve limitarsi, in relazione alla richiamata disposizione, a verificare l’oggettiva impugnabilità del provvedimento e l’esistenza di una voluntas impugnationis consistente nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale e quindi trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto giurisdizionale, al giudice competente (Sez. U, Ordinanza n. 45371 del 31/10/2001, COGNOME, Rv. 220221; Sez. 6, n. 38253 del 05/06/2018, COGNOME, Rv. 273738; Sez. 5, n. 313 del 20/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280168).
3.2 A precisazione del principio generale suddetto – espressivo di quello della conservazione degli atti processuali – questa Corte ha peraltro espresso un ulteriore principio al quale si intende, in questa sede, dare continuità; ovvero quello in forza del quale, qualora l’impugnazione sia proposta con un mezzo diverso rispetto a quello prescritto, la stessa deve considerarsi inammissibile quando, dall’esame dell’atto, emerga in modo univoco che la parte abbia effettivamente voluto proporre il mezzo non consentito medesimo.
Difatti, il precetto di cui al quinto comma dell’art. 568 cod. proc. pen., secondo cui l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l’ha proposta, deve essere inteso nel senso che solo l’erronea attribuzione del nomen juris non può pregiudicare l’ammissibilità di quel mezzo di impugnazione di cui l’interessato, ad onta dell’inesatta “etichetta”, abbia effettivamente inteso avvalersi; ciò significa che il giudice ha il potere-dovere di provvedere all’appropriata qualificazione del gravame, privilegiando rispetto alla formale apparenza la volontà della parte di attivare il rimedio all’uopo predisposto dall’ordinamento giuridico.
Ma proprio perché la disposizione indicata è finalizzata alla salvezza e non alla modifica della volontà reale dell’interessato, al giudice non è consentito sostituire il mezzo d’impugnazione effettivamente voluto e propriamente denominato ma inammissibilmente proposto dalla parte, con quello, diverso, che sarebbe stato astrattamente ammissibile: in tale ipotesi, infatti, non può parlarsi di inesatta qualificazione giuridica del gravame, come tale suscettibile di rettifica ope iudicis, ma di una infondata pretesa da sanzionare con l’inammissibilità; dovendosi quindi accertare che la parte abbia deliberatamente voluto impugnare il provvedimento con un mezzo o con motivi diversi rispetto a quelli consentiti con la consapevolezza sia dell’improponibilità del mezzo strumentalmente prescelto e dichiarato e sia dell’esistenza di un altro e unico rimedio processuale predisposto dall’ordinamento (principio espresso sin da Sez. U, n. 16 del 26/11/1997, dep. 1998, Nexhi, Rv. 209336 e poi, più recentemente, ribadito da Sez. 2, n. 41510 del 26/06/2018, COGNOME, Rv. 274246 Sez. 5, n. 55830 del 08/10/2018, NOME, Rv. 274624 – rese
in fattispecie relative ad appello proposto avverso sentenza di condanna a pena pecuniaria del Giudice di Pace – Sez. 3, n. 1589 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277945; Sez. 4, n. 1441 del 21/11/2023, dep. 2024, COGNOME Rv. 285634; in senso conforme altresì Sez. 5, Sentenza n. 35442 del 03/07/2009. COGNOME, Rv. 245150, relativo a fattispecie di appello proposto dal Procuratore Generale avverso la sentenza di assoluzione del Giudice di Pace, convertita in ricorso per cassazione dal Tribunale, ex art. 36, comma secondo, d.lgs. n. 274 del 2000).
3.3 Nel caso di specie, deve quindi rilevarsi che le parti impugnanti hanno espressamente qualificato il proprio gravame come appello, ribadendo tale intenzione nel petitum conclusivo, che non ha a oggetto l’annullamento della sentenza impugnata bensì la sua totale riforma in punto di merito con richiesta di riconoscimento della responsabilità penale dell’imputato e di condanna dello stesso al risarcimento dei danni con istanza di liquidazione di una provvisionale immediatamente esecutiva; d’altra parte, la relativa volontà è univocamente confermata dal tenore testuale dell’intero atto di impugnazione, esponente un unico motivo con il quale è stata censurata la valutazione compiuta dal primo giudice in ordine alla ricostruzione del fatto-reato con richiesta di integrale rivalutazione nel merito RAGIONE_SOCIALE argomentazioni spese dal giudice stesso mediante istanza di totale rivisitazione del materiale probatorio; con specifico riferimento alla visione dell’allegato filmato, al tenore RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni testimoniali e agli elementi introdotti dai consulenti di parte escussi nel corso dell’istruzione dibattimentale.
Risulta quindi univoca la volontà RAGIONE_SOCIALE parti di proporre un mezzo di impugnazione non consentito alla luce del vigente assetto processuale.
3.4 Né può ritenersi che tale radicale ragione di inammissibilità possa essere stata sanata per effetto della successiva memoria depositata dalle parti civili e contenenti “motivi aggiunti”, mediante i quali le originarie censure sono state specificate e inquadrate nell’ambito RAGIONE_SOCIALE categorie previste dall’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen.; ciò in quanto i motivi aggiunti fanno seguito a un’impugnazione principale che – per il complesso RAGIONE_SOCIALE ragioni sopra esposte deve considerarsi radicalmente inammissibile e tanto in applicazione della disposizione contenuta nell’art.585, comma 4, cod.proc.pen., in base alla quale «l’inammissibilità dell’impugnazione si estende ai motivi nuovi».
Tale ultima norma – difatti – è di carattere generale ed è iperaltro, applicabile anche al ricorso per cassazione.
Ne consegue che l’inammissibilità dei motivi originari dell’impugnazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, in quanto si trasmette a questi ultimi il vizio radicale da cui sono inficiati i motivi originari pe
l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi (Sez. 6, n. 9837 del 21/11/2018, dep. 2019, Montante, Rv. 275158) e, si aggiunga, anche al fine di evitare surrettizi spostamenti in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850).
4. Il ricorso del p.m. (specificamente, alle pagg. 14 e ss.) contiene un’adeguata esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di censura della sentenza impugnata in riferimento alle ipotesi regolate dall’art.606 cod.proc.pen.; essendo stato dedotto, da un lato, il complessivo travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e, dall’altro, un errore in punto di diritto in ordine alla configurazione dei presupposti della responsabilità colposa per fatti verificatisi durante lo svolgimento di eventi sportivi.
4.1 In ordine al primo profilo, va ricordato che il relativo vizio di travisamento della prova può concretizzarsi tanto nell’utilizzazione di un’informazione inesistente quanto nella omessa valutazione della prova esistente agli atti (Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, COGNOME, Rv. 276567; Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, COGNOME, Rv. 280117).
In particolare, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente o adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività , ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085).
4.2 Nel caso di specie, deve ritenersi che il p.m. abbia adempiuto al complesso dei predetti oneri, specificamente identificando i dati probatori emergenti dall’istruzione dibattimentale idonei a giustificare una conclusione diversa rispetto a quella raggiunta in sentenza e quindi tali da compromettere la complessiva coerenza dell’apparato motivazionale.
In particolare, come argomentato dalla parte impugnante, la sentenza gravata ha desunto in modo univoco il dato del rispetto del regolamento sportivo applicabile nel caso concreto sulla scorta RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dal direttore di gara NOME COGNOME e, specificamente, dalle affermazioni rese in ordine al
rispetto da parte dell’imputato – nel frangente in questione – della cosiddetta “traiettoria ideale”.
Peraltro, come esposto nel motivo, la sentenza impugnata ha del tutto omesso di confrontarsi con gli ulteriori esiti dell’istruzione dibattimentale.
In particolare, la stessa non ha espresso alcuna considerazione in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’evento desumibile dal filmato depositato in atti; così come non viene dato conto del contenuto RAGIONE_SOCIALE altre testimonianze assunte nel corso del giudizio, con particolare riferimento a quella resa dall’ispettore di gara NOME COGNOME, posizionato nella curva dopo la quale era avvenuto lo scontro.
Mentre la stessa non contiene alcun argomento confutativo rispetto a quanto riferito dal consulente tecnico RAGIONE_SOCIALE parti civili; il quale ha offerto una ricostruzione cinematica del sinistro che non è stata smentita da altri elementi tecnici assunti in sede dibattimentale e sulla base della quale la percorrenza del cordolo da parte dell’imputato era da ascrivere a un errore di traiettoria, avendo esposto altresì che l’imputato aveva avuto uno spazio temporale stimato in almeno sei secondi per potere avvistare la moto in avaria e correggere quindi la traiettoria medesima, atteso anche l’ampio raggio della precedente curvatura, sussistendo quindi – sulla base RAGIONE_SOCIALE deduzioni del consulente – l’oggettiva percepibilità della presenza sul cordolo del mezzo condotto dalla persona offesa.
Deve quindi rilevarsi come alcun passaggio della sentenza di primo grado faccia riferimento a tali elementi probatori – da ritenersi non smentiti, sulla base dell’apparato argonnentativo, neanche in modo implicito – con la conseguenza che sussiste il dedotto vizio motivazionale rilevante ai sensi dell’art.606, comma 1, lette), cod.proc.pen..
4.3 Deve altresì rilevarsi, in riferimento alla denunciata violazione di legge, che non appaiono comunque condivisibili le considerazioni spiegate dal giudice di primo grado in punto di presupposti idonei a fondare la responsabilità colposa per eventi occorsi durante lo svolgimento di una competizione sportiva; aspetto in relazione al quale il giudicante, pure nella consapevolezza di orientamento di segno contrario, ha ritenuto di fare riferimento all’orientamento per il quale l’evento lesivo occorso durante la competizione sportiva può ritenersi non punibile – in relazione a una causa di giustificazione non codificata – sulla scorta del solo rispetto RAGIONE_SOCIALE norme regolamentari e in riferimento al criterio del c.d. rischio consentito.
In tale prospettiva, si è sostenuto che l’esercizio, specie con i caratteri agonistici RAGIONE_SOCIALE gare di maggior rilievo, di una disciplina sportiva, che implichi l’uso necessario (es. pugilato, lotta, ecc.) o anche solo eventuale (calcio, rugby, pallacanestro, pallanuoto, ecc.) di forza fisica, costituisce un’attività rischiosa consentita dall’ordinamento, per plurime ragioni, a condizione che il rischio,
appunto, venga controbilanciato sia da adeguate misure prevenzionali sotto forma di regole precauzionali, sia dall’imposizione di obblighi di cure e trattamento a carico RAGIONE_SOCIALE società sportive operanti (in tal senso, v. Sez. 4, n. 9559 del 26/11/2015 – dep. 2016, Rv. 266561; sulla stessa linea cfr. Sez. 4, n. 20595 del 28/4/2010, Rv. 247342, nonché, in parte motiva, Sez. 5, n. 15170 del 15/02/2016, Ferretti, Rv. 266398).
In ordine alla relativa problematica, peraltro, la più recente giurisprudenza di questa Corte ha ritenuto che, nell’analisi dell’eventuale responsabilità dell’atleta per fatti dannosi commessi durante l’attività sportiva, debba essere abbandonato l’orizzonte del cd. “rischio consentito” e dell’agente modello, foriero di eccessive incertezze nell’applicazione giudiziale, per approdare ai consueti criteri di accertamento della responsabilità penale nei reati caratterizzati dall’evento: verifica oggettiva del fatto dannoso (azione e nesso causale) e configurabilità della colpevolezza dell’agente, sotto il profilo della sussistenza del dolo o della colpa.
Argomenti sulla base dei quali è stato ritenuto superfluo e privo di utilità pratica richiamare la teoria della scrinninante non codificata, ponendosi invece il problema di stabilire se il fatto dannoso commesso durante una specifica competizione sportiva sia conseguenza di un’azione dolosa o colposa penalmente rilevante, in quanto commessa con consapevole volontà lesiva (dolo) ovvero in violazione di una regola cautelare scritta (colpa specifica) o non scritta che avrebbe dovuto essere osservata dal soggetto agente, in relazione alle caratteristiche e peculiarità della pratica sportiva esercitata in quel momento; conseguendone che la verifica della colpa sportiva non potrà, quindi, prescindere dagli ordinari criteri stabiliti dall’art. 43 cod. pen., in particolare riscontrando l’eventuale violazione della regola cautelare, generica o specifica, non corrispondente alla regola tecnicosportiva in astratto applicabile considerando anche la non sovrapponibilità tra regola sportiva e regola cautelare (in tal senso, Sez. 4, n. 3284 del 21/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282705; Sez. 4, n. 8609 del 28/10/2021, dep. 2022, Contin, Rv. 282764).
Ne consegue che – nel valutare la sussistenza della responsabilità colposa dell’imputato con riferimento al criterio del mero rispetto della regola sportiva – il giudice di primo grado non si è comunque attenuto ai necessari parametri di valutazione imposti dall’art.43 cod.pen..
5. Sulla base RAGIONE_SOCIALE predette considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, individuandosi il giudice di tale ulteriore fase in altro Giudice di Pace appartenente al medesimo ufficio (trovando applicazione il principio enucleabile dall’art. 623 cod. proc. pen. in forza del quale, fatta salva l’ipotesi del ricorso per saltum disciplinata dall’art. 569, comma 4, cod. proc. pen.,
il giudice di rinvio è il giudice equiordinato a quello che ha emesso la sentenza annullata, Sez. 5, n. 10970 del 28/11/2019, dep. 2020, P., Rv. 278791).
Le parti civili vanno condannati al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali; mentre non si dà luogo alla condanna al pagamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE ammende pur in presenza della dichiarata inammissibilità dell’impugnazione, atteso che – come sopra sottolineato – la trasmissione dell’atto di appello presso questa Corte è stata disposta dal Tribunale in assenza di una norma che disponesse la conversione dello stesso nel ricorso per cassazione; ragione per la quale non si dà luogo alla condanna alle rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dall’imputato in questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di pace di Rimini, in diversa persona fisica – . Dichiara inammissibile l’impugnazione della parte civile, che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Così deciso il 16 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Prei.e te