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Rischio di reiterazione: reato datato, custodia attuale

La Corte di Cassazione ha confermato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di stupefacenti, rigettando il ricorso di un indagato. La difesa sosteneva che il reato, risalente al 2021, rendesse non attuale il pericolo di recidiva. La Corte ha chiarito che il rischio di reiterazione va distinto dalla data del reato e può essere desunto dalla gravità dei fatti e dalla professionalità della condotta, giustificando la misura anche per fatti non recenti.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rischio di reiterazione: anche un reato datato può giustificare la custodia cautelare

La valutazione del rischio di reiterazione è uno dei pilastri su cui si fonda l’applicazione delle misure cautelari nel nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32595/2024, offre un’importante chiarificazione: l’attualità di tale rischio non va confusa con la data in cui è stato commesso il reato. Anche un fatto criminoso risalente nel tempo può essere sufficiente a dimostrare un pericolo concreto e attuale, giustificando così la misura della custodia in carcere.

I fatti del caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di un soggetto, gravemente indiziato per un reato di cessione di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’indagato era accusato di aver venduto una partita di cocaina per un valore di 30.000 euro.

La difesa dell’indagato ha proposto ricorso al Tribunale del Riesame, contestando due aspetti fondamentali: la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e la presenza delle esigenze cautelari. Secondo la tesi difensiva, il debito in questione non derivava da una transazione di droga, ma da una fornitura di materiale edile. Inoltre, si sosteneva che, essendo il fatto contestato risalente a circa tre anni prima (2021), fosse venuto meno il requisito dell’attualità del rischio di reiterazione del reato.

Il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza, confermando la misura cautelare. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione.

Le censure della difesa e il concetto di rischio di reiterazione

I motivi del ricorso in Cassazione si sono concentrati su due punti principali:

1. Vizio di motivazione sulla gravità indiziaria: La difesa ha accusato il Tribunale di aver fornito una motivazione apparente, senza confrontarsi adeguatamente con la tesi alternativa della fornitura edile e travisando il contenuto delle intercettazioni.
2. Mancanza di attualità del pericolo di reiterazione: Si è ribadito che la distanza temporale tra il fatto e il momento della decisione cautelare avrebbe dovuto escludere l’attualità del pericolo, anche in considerazione di precedenti penali dell’indagato piuttosto datati.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato in ogni sua parte. La sentenza fornisce chiarimenti cruciali su entrambi i punti.

Per quanto riguarda la gravità indiziaria, la Cassazione ha ricordato che il suo ruolo non è quello di una terza valutazione del merito, ma un controllo sulla logicità e coerenza della motivazione del provvedimento impugnato. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente ricostruito la vicenda, evidenziando le incongruenze della tesi difensiva (la fattura prodotta riguardava lavori di sbancamento e non una fornitura di materiali) e valorizzando le conversazioni che parlavano esplicitamente di un credito di 30.000 euro.

Il punto più rilevante della decisione, tuttavia, riguarda l’attualità del rischio di reiterazione. La Corte ha stabilito un principio fondamentale: l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non devono essere concettualmente confuse con l’attualità delle condotte criminose. In altre parole, il pericolo che un soggetto torni a delinquere può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche se queste sono risalenti nel tempo. La gravità dei fatti, la professionalità dimostrata nell’esecuzione del reato e la presenza di precedenti penali specifici sono elementi sufficienti a delineare un pericolo concreto e attuale. Citando un precedente conforme (Cass. n. 38299/2023), la Corte ha ribadito che il giudice deve valutare la personalità dell’indagato e la sua propensione al crimine, che non svanisce automaticamente con il passare del tempo.

Conclusioni

La sentenza n. 32595/2024 della Corte di Cassazione consolida un importante orientamento giurisprudenziale in materia di misure cautelari. Stabilisce con chiarezza che il tempo trascorso dal reato non è, da solo, un elemento sufficiente a escludere il rischio di reiterazione. I giudici devono compiere una valutazione complessiva, basata sulla gravità del fatto, sulle modalità della condotta e sulla storia criminale del soggetto. Questa pronuncia riafferma la necessità di un’analisi sostanziale e non meramente formale delle esigenze cautelari, garantendo che le misure restrittive siano applicate solo quando esiste un pericolo reale e attuale per la collettività, un pericolo che può persistere anche a distanza di anni dal crimine commesso.

Un reato commesso anni fa può giustificare oggi una misura cautelare come il carcere?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’attualità del rischio di reiterazione non coincide con l’attualità della condotta criminale. Il pericolo può essere considerato attuale e concreto anche per fatti risalenti nel tempo, se la loro gravità e le modalità di esecuzione rivelano una spiccata pericolosità sociale dell’indagato.

Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare gli indizi per una misura cautelare?
La Corte di Cassazione non riesamina nel merito le prove, ma svolge un controllo di legittimità. Verifica cioè che la motivazione del provvedimento del Tribunale del Riesame sia logica, coerente, non contraddittoria e basata su una corretta applicazione dei principi di diritto.

Come viene valutato il rischio di reiterazione del reato?
Il rischio viene valutato sulla base di elementi specifici e concreti, quali la gravità dei fatti contestati, le modalità della condotta (che possono indicare professionalità nel crimine) e la presenza di precedenti penali, anche se non recenti. Non è sufficiente una motivazione generica o stereotipata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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