Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 840 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 840 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME nata l’ 11/08/1967 a Eboli avverso l’ordinanza del 15/06/2023 del Tribunale di Salerno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procu generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiarars l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Salerno ha confermato sede di riesame la misura cautelare degli arresti domicíliarí emessa dal Giudice le indagini preliminari di Salerno il 03/04/2023 nei confronti di NOME COGNOME introdotto nel carcere di Salerno sostanza stupefacente del tipo hash occultata all’interno di borse e scarpe, su indicazioni del figlio NOME COGNOME
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso, tramite il s difensore di fiducia, articolando tre motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 292 cod. proc. pen. e viz motivazione per assenza di una valutazione critica degli elementi indiziari rinvio all’indagini di polizia giudiziaria; oltreché per omessa motivazione esigenze cautelari, fondate sui soli precedenti penali, mancando la specificazi delle condotte e delle fonti di prova senza prognosi di recidiva.
2.2. Vizio di motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza in quanto ricorrente in sede di interrogatorio aveva rappresentato la propria buona f allorché si era rivolta al tappezziere per modificare la borsa da portare in ca come d’altra parte risulta dalle telefonate intercettate dalle indagini da c risulta né che COGNOME fosse a conoscenza dei motivi per realizzare il doppiofo né che avesse inserito la droga nella borsa.
2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e di motivazione in ordine alle esigenze cautelari per insussistenza dell’attu concreto pericolo di reiterazione del reato, stante sia la risalenza delle co che lo stato detentivo, per espiazione pena, della ricorrente sino all’il. 2027, tale da meritare l’obbligo di dimora nel comune di Eboli.
In data 3 novembre 2023 è pervenuta memoria difensiva con cui insiste per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché riversato esclusivamente in fatto generico.
I motivi possono essere trattati congiuntamente visto che non distinguon i profili di censura.
2.1. Premesso che in sede di legittimità non è consentito valutare nel mer la ricostruzione del fatto, a meno che questa non sia affetta da manifesta illo o contraddittorietà, è sufficiente evidenziare come il Tribunale, diversamente quanto prospettato dalla ricorrente con obiezioni apodittiche, ha analiticamente autonomamente esaminato tutti gli elementi sui quali ha fondato il propr giudizio, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in ba dichiarazioni, plurime e riscontrate, dei collaboratori di NOME
intercettazioni telefoniche; alle captazione audiovideo e al sequestro dello stupefacente.
2.2. Con un corretto iter motivazionale aderente alle risultanze investigative, il provvedimento, dopo avere collocato le condotte contestate a NOME COGNOME nel più ampio contesto di un organigramma associativo operante all’interno del carcere di Salerno per la vendita di droga, telefoni ed altro materiale vietato ai detenuti, ha descritto le modalità con le quali la ricorrente, su indicazioni precise del figlio, NOME COGNOME, a capo dell’organizzazione, aveva commissionato a un tappezziere di fiducia (NOME COGNOME) la realizzazione di un doppio fondo sia in un paio di scarpe che in due borse, per occultarvi lo stupefacente da destinare ai detenuti.
Il Tribunale ha ritenuto il coinvolgimento consapevole della ricorrente non solo in base al contenuto delle intercettazioni telefoniche, riportate nel provvedimento, ma anche grazie al riscontro fornito dal ritrovamento, in entrambi i casi contestati, dello stupefacente sia nelle scarpe che nelle borse, oltre che dalla circostanza che la donna parlasse in piena libertà, insieme al tappezziere, con il proprio figlio da un telefono cellulare che questi usava dal carcere.
Detti stringenti e puntuali argomenti non sono stati né presi in esame dal ricorso, né contrastati con altri di tenore uguale e contrario, ma solo genericamente contestati.
2.3. Il Tribunale, per suffragare sia l’esistenza delle esigenze cautelari che l’adeguatezza degli arresti domiciliari, ha dato atto della gravità dei fatti posti in essere dalla ricorrente nell’ambito di un ampio contesto associativo, radicato da tempo, volta ad introdurre nel carcere di Salerno telefoni cellulari e droga, intessendo una fitta rete di contatti con i familiari dei detenuti.
Argomenti a fronte dei quali non sono stati forniti elementi concreti idonei a superare né la necessità di una misura custodiate, né della sufficienza di una misura non detentiva, anche in ragione dei precedenti della COGNOME e della circostanza che eseguisse con continuità e senza obiezioni le direttive del figlio, capo del sodalizio.
2.4. Con riguardo al lasso temporale risulta che le condotte illecite sono state consumate sino all’ottobre 2021, in una fitte rete di legami con detenuti e loro parenti liberi, tale da rendere necessario un contenimento custodiate – peraltro appare non applicato il braccialetto elettronico pur obbligatorio in assenza di motivazione difforme – per evitare la reiterazione delle condotte illecite.
2.5. Infine, la circostanza che COGNOME si trovi in contestuale stato restrittiv per esecuzione pena non fa venire meno il pericolo di reiterazione in quanto, secondo il costante orientamento di questa Corte, nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla
possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà (Sez. 4, n. 484 del 12/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282416).
A ciò si aggiunge, sempre in termini generali, che «Qualunque titolo detentivo (cautelare o definitivo) può andare incontro a estinzione a causa dell’incidenza delle più varie situazioni, la cui cognizione e valutazione implica, ordinariamente, la competenza di organi di differenti, ciascuno dei quali può influire come ovvio unicamente nell’ambito del procedimento devoluto la sua sfera decisionale, potendo un determinato titolo restrittivo essere caducato per cause non sottoposte al controllo del giudice vestito dall’altro titolo. Diversità di perimetro cognitivo oltre che di competenze, che rende impraticabile una valutazione prognostica, da parte di quel giudice, riferita ad altri titoli, in specie se afferenti altri a procedimentali (cautelari o esecutivi)» (Sez. 1, n. 3762 del 04/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv.278498, in motivazione).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente va condannata, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2023