Rischio di Recidiva e Detenzione Domiciliare: La Decisione della Cassazione
La concessione di misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, rappresenta un momento cruciale nel percorso di esecuzione della pena. Tuttavia, non è un diritto automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come un elevato rischio di recidiva, basato su elementi concreti, possa precludere l’accesso a tali benefici. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire le logiche che guidano i giudici in queste delicate valutazioni.
Il Caso in Esame: La Richiesta di Misura Alternativa
Un detenuto, con una pena residua contenuta da scontare, presentava istanza per essere ammesso alla detenzione domiciliare. Il Tribunale di Sorveglianza, tuttavia, respingeva la richiesta. La ragione del diniego era chiara e netta: la valutazione di una persistente pericolosità sociale del soggetto, che rendeva la permanenza in carcere l’unica opzione idonea a tutelare la collettività. Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, contestando il giudizio del Tribunale.
La Valutazione del Tribunale e l’Alto Rischio di Recidiva
Il Tribunale di Sorveglianza aveva motivato la sua decisione sulla base di due pilastri fondamentali.
Trascorsi Criminali e Comportamento Carcerario
In primo luogo, il giudice ha considerato la storia criminale del condannato, caratterizzata da una serie ininterrotta di illeciti commessi in un arco temporale significativo (tra il 2015 e il 2022). Questo dato oggettivo è stato interpretato come un indicatore di una radicata tendenza a delinquere. In secondo luogo, è stato analizzato il comportamento tenuto dal detenuto durante la carcerazione. L’irregolarità della condotta, la mancanza di una revisione critica del proprio passato e il rifiuto di aderire ai percorsi trattamentali offerti sono stati visti come segnali di un’assenza di cambiamento e, di conseguenza, di un immutato rischio di recidiva.
La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici supremi hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero meramente confutative e non in grado di evidenziare alcun vizio logico o giuridico nella decisione impugnata. Il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è stato giudicato esente da vizi, logico e coerente con i principi giurisprudenziali consolidati.
La Coerenza con i Principi Giurisprudenziali
La Corte ha richiamato un principio fondamentale: l’ammissione alla detenzione domiciliare presuppone che tale misura sia sufficiente a contenere il rischio di recidiva. Se la pericolosità sociale del soggetto è tale da far ritenere che, anche scontando la pena a casa, egli possa commettere nuovi reati, la misura non può essere concessa. La protezione della collettività, in questi casi, prevale sull’istanza del singolo.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Cassazione si fondano sulla correttezza e completezza del ragionamento del Tribunale di Sorveglianza. La valutazione del rischio di recidiva non è stata astratta, ma ancorata a elementi fattuali e concreti: la lunga scia di reati e il comportamento tenuto in carcere. Questi elementi, letti congiuntamente, dipingono un quadro di pericolosità sociale attuale che la detenzione domiciliare non sarebbe in grado di arginare. La protrazione dell’esecuzione della pena in carcere, anche se per un residuo limitato, è stata quindi ritenuta una scelta necessaria e proporzionata per prevenire nuove manifestazioni antisociali. Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha saputo scalfire la solidità logica di questa valutazione, limitandosi a una contestazione generica.
Le Conclusioni
L’ordinanza riafferma con forza che la pericolosità sociale del condannato è il criterio dirimente per la concessione delle misure alternative. Un elevato rischio di recidiva, dimostrato da una storia criminale significativa e da un percorso detentivo privo di segnali di ravvedimento, costituisce un ostacolo insormontabile. La decisione sottolinea che la finalità della pena non è solo rieducativa, ma anche di difesa sociale. Quando queste due finalità entrano in conflitto, la tutela della sicurezza pubblica deve avere la precedenza, giustificando la permanenza in istituto del detenuto ritenuto ancora socialmente pericoloso.
Perché è stata negata la detenzione domiciliare in questo caso?
La detenzione domiciliare è stata negata a causa dell’elevato rischio di recidiva del condannato, desunto dai suoi numerosi precedenti penali e dal suo comportamento irregolare in carcere, che dimostrava una mancanza di revisione critica e di adesione ai programmi di trattamento.
Qual è il principio chiave riaffermato dalla Corte di Cassazione?
La Corte ha ribadito che l’ammissione a una misura alternativa come la detenzione domiciliare è subordinata alla condizione che essa sia sufficiente a contenere il rischio che il condannato commetta nuovi reati. Se la pericolosità sociale è ritenuta ancora alta, la misura deve essere negata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero giustificare la proposizione di un ricorso privo di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14522 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14522 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TAURIANOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che il Tribunale di sorveglianza ha spiegato, con dovizia di pertinenti argomentazioni, che la possibilità di ammettere NOME COGNOME alla misura alternativa alla detenzione della detenzione domiciliare è preclusa dalla considerazione dell’incombente rischio di recidiva, reso concreto dai trascorsi criminali del condannato, autore, tra il 2015 ed il 2022, di una serie ininterrotta di illeciti, e dall’irregolarità, protratta all’attualità, del suo comportamento carcerario, attestante l’assenza di revisione critica e la mancata adesione alle offerte trattamentali;
che, quindi, la decisione contestata si impernia su un giudizio di persistente pericolosità sociale del condannato, la cui ammissione alla misura invocata, a giudizio del Tribunale di sorveglianza, esporrebbe la collettività al rischio di sue nuove manifestazioni antisociali, ciò che impone, pur al cospetto di una pena residua contenuta, la protrazione dell’esecuzione in forma intramuraria;
che, a fronte di un provvedimento esente da vizi logici, saldamente ancorato alle emergenze istruttorie e coerente con il condiviso indirizzo ermeneutico secondo cui l’ammissione alla detenzione domiciliare presuppone che il corrispondente stato detentivo consenta di contenere il rischio di recidiva (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 14962 del 17/03/2009, Castiglione, Rv. 243745 -01), il ricorrente oppone rilievi critici meramente confutativi, che non riescono ad enucleare vizi rilevanti in sede di legittimità;
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/02/2024.