Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 618 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 618 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Tunisia il 09/02/1995
avverso l’ordinanza del 05/02/2024 del Tribunale del riesame di Bologna letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Accogliendo l’appello proposto dal P.m. avverso l’ordinanza con la quale il 9 gennaio 2024 il GIP del Tribunale di Piacenza aveva revocato la misura cautelare della custodia in carcere applicata a NOME COGNOME per più delitti di cessione di cocaina di cui agli artt. 81 cod. pen.-73, in alcuni casi aggravato ex art. 80, comma 1, lett. g), d.P.R. 309 del 90, commessi in concorso con NOME COGNOME e COGNOME Jennifer, il Tribunale del riesame di Bologna ha
applicato all’indagato la misura custodiale, ritenendo sussistente un concreto pericolo di recidiva.
Il Tribunale ha premesso che anche l’originaria misura cautelare era stata emessa il 16 settembre 2022 in accoglimento dell’appello del P.m. avverso il rigetto della domanda cautelare; che l’ordinanza, divenuta definitiva il 22 dicembre 2022, non aveva avuto esecuzione per irreperibilità dell’indagato, tratto in arresto solo il 4 gennaio 2024, avvalsosi della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio, all’esito del quale la misura veniva revocata per mancanza di esigenze cautelari; in particolare, il GIP del Tribunale di Piacenza aveva valorizzato la distanza temporale dai fatti, il trasferimento all’estero dell’Ayari e la circostanza che il suo ruolo era stato assunto dal connazionale COGNOME
Opposta valutazione ha espresso il Tribunale, che ha valorizzato gli elementi offerti dal P.m. risultanti dall’annotazione della polizia giudiziaria che aveva monitorato i movimenti dell’COGNOME, rilevandone la presenza in Italia nell’agosto 2023, quando era stato controllato insieme ad un pregiudicato e aveva fornito false generalità; da fotografie da lui stesso postate risultava che dal 14 al 17 agosto 2023 era in compagnia dei correi, il 15 novembre 2023 si trovava a Milano insieme a soggetti gravitanti nell’ambiente del narcotraffico e ancora il 10 gennaio 2024 risultava alla guida di una autovettura di grossa cilindrata.
In base a tali elementi è stato ritenuto, contrariamente all’assunto del primo giudice, irrilevante il trasferimento all’estero dell’indagato, non interrotti rapporti con i correi e con l’ambiente del traffico di stupefacenti e perdurante il pericolo di recidiva.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’COGNOME che ne chiede l’annullamento per tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione degli artt. 272, 274, 275 E’ 405 cod. proc. pen. nonché la mancanza, l’illogicità e contraddittorietà della motivazione.
Il Tribunale fa rivivere una sua precedente ordinanza del 2022 che aveva ad oggetto episodi di cessione di sostanze stupefacenti risalenti agli anni 20192020 sino ai primi mesi del 2021, revocata dal GIP del Tribunale di Piacenza che non ha ravvisato più esigenze cautelari a distanza di anni dai fatti.
L’appello del P.m. si fonda su atti sopravvenuti e successivi alla revoca, mai depositati e successivi alla scadenza del termine delle indagini preliminari, quindi, inutilizzabili in assenza di proroga o di riapertura delle stesse, peraltro, irrilevanti perché non documentano alcun fatto illecito, ma solo la presenza dell’indagato. Era corretta la valutazione del GIP, che aveva valorizzato il
trasferimento all’estero, la mancanza di fatti successivi a quelli oggetto di contestazione, la sostituzione da parte di un connazionale nell’attività di cessione, di cui dava già la prima ordinanza, e la distanza di quattro anni dai fatti, cui si sopperisce con generici elementi risultanti da fotografie, che non indicano in alcun modo la pericolosità del ricorrente. L’attività di indagine non è riferibile a questo, ma ad altro procedimento, sicché i dati emersi non sono utilizzabili né può valorizzarsi il silenzio mantenuto nell’interrogatorio né trascurare che il ricorrente è incensurato, si è trasferito in Belgio e risult sostituito da oltre tre anni da un connazionale nell’attività di cessione, sicché manca la concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
Al vizio di motivazione rilevato si aggiunge la violazione del giudicato cautelare, in quanto il Tribunale avrebbe dovuto verificare se la valutazione del GIP era correttamente argomentata e non utilizzare atti, inutilizzabili per un rinvio a giudizio.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione non avendo il Tribunale spiegato le ragioni per le quali era idonea soltanto la misura di massimo rigore.
2.3 Con il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 34, 36,37 cod. proc. pen. in quanto il Tribunale era composto per due terzi dagli stessi giudici, che si erano occupati del precedente appello del P.m. e, pur consapevole, dell’orientamento di questa Corte sulla incompatibilità dei componenti del Tribunale del riesame, ne sollecita una rimeditazione con eventuale rimessione della questione alle Sezioni Unite o alla Corte costituzionale.
Con memoria di replica alle conclusioni del PG il difensore ha ribadito e ulteriormente sviluppato i motivi, dei quali chiede l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. È infondato il primo motivo con il quale si deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, che, invece, risulta argomentata in modo lineare e completo e che ha correttamente utilizzato gli elementi nuovi prodotti dal P.m., pacificamente proponibili nel procedimento ex art. 310 cod. proc. pen. purché rientranti nei limiti del devoluto (Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286155), come nel caso di specie.
Tuttavia, è preliminare sul punto il rilievo della genericità dell’eccezione difensiva, la cui natura processuale consente a questa Corte di accedere agli atti e di accertare che l’COGNOME sottrattosi alla cattura, era stato destinatario di un mandato di arresto europeo e nell’ambito del procedimento iscritto a carico di
ignoti per il favoreggiamento della sua fuga gli inquirenti avevano accertato il perdurante rapporto di frequentazione con i correi COGNOME e COGNOME residenti in Belgio e attualmente in Tunisia, anch’essi ricercati, insieme ai quali aveva continuato nel 2022 a commettere reati della stessa specie, oggetto di separato procedimento (atti non noti al GIP, ma indicati nell’atto di appello del P.m., pag. 6 e 8, e allegati, v. pag. 11, quindi, a disposizione del Tribunale e della difesa).
Ne deriva che è del tutto legittima la produzione di nuovi elementi, pertinenti all’oggetto dell’impugnazione, diretta a contrastare la valutazione del GIP piacentino, limitatosi a valorizzare il trasferimento in Belgio del ricorrente, la distanza temporale dai fatti e la circostanza che il suo ruolo fosse stato affidato ad altri, senza considerare che in Belgio risiedevano i correi, che l’allontanamento dall’Italia non era stato motivato da ragioni lecite, ma dalla volontà di sottrarsi all’espulsione, e che già originariamente il titolo cautelare dava atto della sostituzione nel suo ruolo del Sassi, anch’egli destinatario dell’ordinanza cautelare ineseguita al pari degli altri correi.
Contrariamente all’assunto difensivo, risulta coerentemente valorizzata la presenza in Italia del ricorrente, rilevata in più occasioni, in varie regioni, e sempre insieme a soggetti coinvolti nel traffico di stupefacenti nonché la frequentazione dei correi, a riprova dei perduranti contatti e del perdurante inserimento nel settore; analogamente corretto è il rilievo attribuito al possesso di documenti di falsi ed alla disponibilità di autovetture di grossa cilindrata, logicamente ritenuti incompatibili con la mancanza di una lecita attività di lavoro.
Alla luce di tali elementi, valorizzati dal Tribunale, unitamente alla considerazione dell’attività di cessione svolta in modo spregiudicato, anche dinanzi alle scuole, nonché da epoca risalente e precedente ai fatti oggetto del provvedimento cautelare originario, deve ritenersi giustificato il giudizio prognostico negativo formulato in termini di concretezza e attualità anche con riferimento alla personalità negativa dell’indagato, avendo correttamente precisato il Tribunale che l’attualità delle esigenze non coincide con l’attualità delle condotte illecite.
Anche in punto di scelta della misura l’ordinanza si sottrae a censura, atteso che, contrariamente alla deduzione difensiva, l’ordinanza spiega le ragioni dell’inadeguatezza di misure meno afflittive, attribuendo massimo rilievo alla fuga e all’uso di documenti falsi, indicativi della inaffidabilità e spregiudicatezza dell’indagato.
Inammissibile è l’ultimo motivo, non proponibile nonché manifestamente infondato, atteso che l’incompatibilità del giudice non determina alcuna nullità degli atti dallo stesso compiuti e può essere fatta valere dalla parte interes ta
proponendo istanza di ricusazione. Peraltro, secondo il risalente e granitico orientamento di legittimità, la cognizione cautelare non può generare incompatibilità del giudice che l’ha esercitata, perché “il procedimento incidentale “de libertate”, non comportando un accertamento sul merito della contestazione, non può essere considerato un “giudizio” ai fini di applicazione dell’art. 34 c.p.p.”. Ne consegue che il collegio che abbia esaminato una richiesta di riesame non è incompatibile con la cognizione di un successivo appello cautelare o a svolgere le funzioni di giudice di rinvio cautelare, qualora il suo provvedimento sia stato annullato con rinvio dal giudice di legittimità. Per le stesse ragioni è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 3, 24, 111, 117 Cost. (Sez. 1, n. 46935 del 11/07/2023, COGNOME, Rv. 285409).
Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.