Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18621 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18621 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
COGNOME NOME n. a Foggia il 23/1/1977
avverso l’ordinanza del Tribunale di Bologna in data 17/1/2025
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Bologna rigettava l’appello proposto nell’interesse di COGNOME COGNOME avverso il provvedimento della Corte d’Appello di Bologna in data 16/12/2024, che aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari con il presidio di dispositivi elettronici in relazione ai delitti di tentata rapina pluriaggravata, illecita detenzione e porto abusivo in luogo pubblico di armi comuni, da guerra e di armi bianche, ricettazione continuata e aggravata, reati per i
quali il COGNOME ha riportato condanna in grado d’appello alla pena di anni otto di reclusione ed euro 22mila di multa.
1.1 Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto con unico motivo la violazione degli artt. 275, comma 1 e 3, e 275 bis cod.proc.pen. nonché il vizio di motivazione con riguardo alla ritenuta inidoneità degli arresti domiciliari a neutralizzare il rischio di recidiva.
Il difensore sostiene che il collegio cautelare non ha individuato ed esposto gli elementi che denotano la concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione criminosa in grado tale da giustificare il mantenimento della custodia inframuraria, specificando mezzi e circostanze che rendono altamente probabile la reiterazione di delitti della stessa specie. L’ordinanza impugnata si è, infatti, limitata a generici richiami alla natura e alle modalità dei fatti contestati, alla dimensione organizzata degli illeciti, ai precedenti penali dell’imputato, facendo ricorso a presunzioni e congetture senza ottemperare all’obbligo, imposto dall’art. 275 bis cod.proc.pen., di indicare puntualmente ragioni che fondano l’inidoneità della misura autodetentiva e in violazione del principio del minor sacrificio necessario, sancito dalla sentenza n.48/2015 della Corte Costituzionale. Il difensore aggiunge che la motivazione rassegnata dai giudici cautelari è congetturale ed apodittica nella parte in cui afferma che l’imputato ha dimostrato di non avere capacità autocustodiale, avendo applicato in maniera erronea regole di giudizio riservate ai reati assoggettati al regime speciale delle presunzioni, senza chiarire le specifiche ragioni in base alle quali ha stimato inadeguata la misura alternativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile per genericità ed aspecificità delle censure che non si rapportano in termini puntuali e pertinenti alla motivazione rassegnata dai giudici della cautela. L’ordinanza impugnata alle pagg. 5 e 6 ha ampiamente esposto le ragioni per le quali la riduzione della pena accordata dalla Corte d’Appello è insuscettibile d’incidere sul quadro cautelare sia con riguardo allo spessore del rischio di recidiva che alla proporzionalità della misura della custodia in carcere. Ha, in particolare, richiamato le gravi e allarmanti modalità esecutive del tentativo di rapina a un furgone portavalori ascritto al prevenuto, dettagliatamente e professionalmente organizzato con il reperimento di una base logistica in prossimità del luogo dell’assalto e il procacciamento dei mezzi strumentali; attuato con l’utilizzo di una pluralità di armi, anche da guerra, di veicoli ricettati e la collocazione a fini interdittivi sulle carreggiate autostradali di bande chiodate per bloccare la circolazione ed ostacolare l’intervento delle forze dell’ordine; ha evidenziato la coeva partecipazione del ricorrente ad analogo delitto nonché il fondamentale ruolo svolto nella pianificazione dei reati a giudizio.
1.1 Inoltre, il Tribunale ha ampiamente argomentato il profilo relativo all’inadeguatezza della misura alternativa invocata, evidenziando che il COGNOME, intercettato mentre trovavasi detenuto in regime di arresti domiciliari nell’ambito del diverso procedimento che lo vedeva imputato di analoghe fattispecie, giudicate dall’A.G. di Vicenza con condanna allo stato irrevocabile, aveva avuto contatti con soggetti estranei al suo nucleo familiare, usando sistemi di conversazione intercettati solo grazie a particolari modalità captative (ambientalizzazione del domicilio), a dimostrazione della radicale assenza di efficacia inibitoria della misura autodetentiva, anche rafforzata. I giudici della cautela hanno, altresì, segnalato la pluralità di reati lucrogenetici per i quali il COGNOME ha riportato condanna, subendo periodi di detenzione che non hanno sortito alcun effetto deterrente rispetto alla prognosi di recidiva.
Con il complesso dei richiamati elementi, che danno conto dell’adeguatezza e proporzionalità della misura in atto, la difesa non si confronta in termini di specificità censoria, attestando i propri rilievi su assunti apodittici e svincolati dalla trama argomentativa del provvedimento impugnato.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod.proc.pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod.proc.pen.
Così deciso in Roma, 7 Maggio 2025