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Rischio di recidiva: la Cassazione annulla diniego

La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente un’ordinanza di un Tribunale di Sorveglianza che negava a un detenuto le misure alternative. Mentre ha confermato il no all’affidamento in prova per mancanza di una sperimentazione esterna, ha bocciato il diniego della detenzione domiciliare. La valutazione sul rischio di recidiva è stata giudicata superata, basata su fatti risalenti e non attualizzata alla luce della positiva evoluzione della personalità del condannato emersa durante la detenzione.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rischio di Recidiva: Quando la Valutazione Deve Essere Attuale

La valutazione del rischio di recidiva è un pilastro fondamentale nel diritto penitenziario, specialmente quando si decide sulla concessione di misure alternative alla detenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 11550/2024) ha ribadito un principio cruciale: tale valutazione non può basarsi su elementi superati, ma deve essere ancorata a dati attuali che riflettano l’evoluzione della personalità del condannato. Questo caso offre spunti essenziali per comprendere come i giudici debbano bilanciare la sicurezza sociale con il percorso rieducativo del detenuto.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Misure Alternative

Un detenuto presentava istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la concessione di due misure alternative: l’affidamento in prova al servizio sociale e, in subordine, la detenzione domiciliare. L’obiettivo era quello di proseguire il percorso di espiazione della pena al di fuori del carcere, intraprendendo un cammino di reinserimento sociale e lavorativo.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Tribunale di Sorveglianza rigettava entrambe le richieste. La decisione si fondava su due argomenti distinti:
1. Per l’affidamento in prova, il Tribunale riteneva ostativa l’assenza di un periodo di ‘sperimentazione esterna’, come permessi premio o contatti strutturati con l’esterno, che potessero dimostrare l’affidabilità del soggetto.
2. Per la detenzione domiciliare, la ragione del diniego era il ritenuto rischio di recidiva, desunto dalla gravità del reato commesso e dalla mancanza di un’attività lavorativa stabile e lecita.

Contro questa ordinanza, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo avviso, il Tribunale non aveva adeguatamente considerato elementi favorevoli emersi durante l’istruttoria, come il suo percorso di revisione critica del passato e l’esito positivo dell’osservazione condotta in istituto.

Il Giudizio della Cassazione sul Rischio di Recidiva

La Suprema Corte ha accolto parzialmente il ricorso, operando una netta distinzione tra le due misure richieste.

Per quanto riguarda l’affidamento in prova, i giudici hanno confermato la decisione del Tribunale, ritenendo la motivazione logica e basata sul principio di gradualità nella concessione dei benefici penitenziari. L’assenza di una prova ‘sul campo’ è stata considerata un dato oggettivo sufficiente a giustificare il rigetto.

La svolta si è avuta sull’analisi della detenzione domiciliare. Qui, la Cassazione ha censurato pesantemente la motivazione del Tribunale, definendola ‘meramente assertiva e priva della necessaria attualizzazione’.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha smontato il ragionamento del giudice di sorveglianza sul rischio di recidiva, evidenziandone le criticità. La valutazione negativa si basava su due elementi:

1. La gravità dei reati commessi: La Cassazione ha sottolineato che tali reati erano risalenti nel tempo (commessi nel 2015) e non potevano, da soli, fondare un giudizio prognostico attuale.
2. L’assenza di prospettive lavorative: Questo dato era stato desunto dalla semplice permanenza in carcere del soggetto, un elemento definito ‘di per sé neutro’ che non può automaticamente tradursi in un giudizio negativo sulla futura condotta.

Secondo la Suprema Corte, il Tribunale ha completamente ignorato gli elementi positivi emersi dalle relazioni di sintesi, che attestavano una ‘positiva evoluzione della personalità del condannato’ e un ‘definitivo consolidamento del processo di revisione critica’. Il giudizio sul rischio di recidiva era, quindi, viziato perché non teneva conto dei dati più recenti e significativi relativi al percorso trattamentale del detenuto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al diniego della detenzione domiciliare, rinviando il caso al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame. Quest’ultimo dovrà colmare le lacune argomentative, procedendo a una nuova valutazione che sia effettivamente ‘attuale’. Dovrà considerare in modo approfondito i progressi compiuti dal condannato durante la detenzione e formulare un giudizio prognostico non basato su dati statici e passati, ma sull’analisi dinamica del percorso rieducativo. La sentenza riafferma con forza che la prognosi di pericolosità sociale non può essere una formula astratta, ma deve essere il risultato di un’analisi concreta e aggiornata di tutti gli elementi a disposizione del giudice.

Perché è stata negata in via definitiva la misura dell’affidamento in prova?
La Corte ha ritenuto legittimo il diniego perché mancava un adeguato periodo di sperimentazione esterna (come permessi premio o lavoro all’esterno) che potesse attestare l’affidabilità del condannato, seguendo un principio di gradualità nella concessione dei benefici.

Qual è stato l’errore del Tribunale nel valutare il rischio di recidiva per la detenzione domiciliare?
L’errore è stato fondare il giudizio su elementi non attualizzati, come la gravità di reati commessi molti anni prima e la mera permanenza in carcere, ignorando completamente i dati recenti che testimoniavano un’evoluzione positiva della personalità del detenuto.

Cosa dovrà fare ora il Tribunale di Sorveglianza?
Dovrà riesaminare l’istanza di detenzione domiciliare, colmando le lacune motivazionali indicate dalla Cassazione. In particolare, dovrà formulare un nuovo giudizio sul rischio di recidiva basato sui dati attuali emersi dall’osservazione inframuraria e sul percorso di revisione critica compiuto dal condannato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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