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Rischio di recidiva e custodia cautelare: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato per spaccio di stupefacenti contro l’ordinanza di custodia cautelare. La Corte ha confermato che un concreto e attuale rischio di recidiva, basato su specifiche condotte criminali, è sufficiente a giustificare la misura detentiva. Inoltre, ha ribadito che in presenza di tale rischio, il giudice non è tenuto a motivare sulla futura ed eventuale concessione della sospensione condizionale della pena.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rischio di recidiva: quando la custodia cautelare è legittima?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 34515/2025, offre un importante chiarimento sui presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere, soffermandosi in particolare sulla valutazione del rischio di recidiva. La decisione conferma un principio fondamentale: un pericolo concreto e attuale di reiterazione del reato, basato su elementi specifici, è sufficiente a giustificare la misura più afflittiva, rendendo irrilevante la prognosi su una futura sospensione condizionale della pena. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I fatti del caso

Il caso riguarda un soggetto indagato per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. La difesa aveva presentato ricorso al Tribunale del Riesame, il quale però aveva confermato la decisione del primo giudice. Contro questa ordinanza, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge.

I motivi del ricorso e il rischio di recidiva

La difesa dell’indagato basava il proprio ricorso su tre argomentazioni principali:
1. Mancanza di autonomia valutativa: Si sosteneva che il giudice per le indagini preliminari non avesse condotto una valutazione autonoma e critica, ma si fosse limitato a riproporre pedissequamente le argomentazioni della richiesta cautelare del Pubblico Ministero.
2. Errata valutazione del rischio di recidiva: Secondo la difesa, la motivazione del Tribunale sulla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato era illogica, in quanto non teneva conto della situazione specifica dell’indagato.
3. Mancata considerazione della sospensione condizionale: Infine, si contestava il fatto che il Tribunale non avesse valutato la possibilità che all’indagato, in caso di condanna, potesse essere concessa la sospensione condizionale della pena, rendendo la misura cautelare sproporzionata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa con argomentazioni chiare e precise.

In primo luogo, la Corte ha stabilito che la presunta mancanza di autonomia valutativa del primo giudice era stata correttamente esclusa dal Tribunale del Riesame. Anche una motivazione sintetica, infatti, può essere espressione di un giudizio critico e autonomo, purché evidenzi i punti salienti della decisione e la loro pertinenza al caso specifico, come avvenuto nella fattispecie.

Il punto centrale della sentenza riguarda però il rischio di recidiva. La Cassazione ha ritenuto logica e ben argomentata la valutazione del Tribunale. Il pericolo non era basato su una generica pericolosità, ma su elementi concreti: le connotazioni criminali dell’indagato, le modalità dello spaccio svolto in collaborazione con un familiare e la sua capacità di inserirsi rapidamente in dinamiche criminali consolidate, nonostante la breve permanenza in Italia e l’assenza di precedenti. Questi elementi, secondo la Corte, delineavano una spiccata attitudine a delinquere che rendeva concreto e attuale il pericolo di reiterazione.

Infine, la Corte ha liquidato il terzo motivo come ininfluente, richiamando un principio consolidato dalle Sezioni Unite (sentenza Giordano, n. 1235/2011). Quando il rischio di recidiva è accertato in modo concreto e attuale, come nel caso di specie, il giudice è esonerato dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena. La necessità di prevenire la commissione di altri reati prevale su una valutazione futura e incerta.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce con forza la centralità della valutazione del pericolo di reiterazione del reato nel sistema delle misure cautelari. La decisione di applicare la custodia in carcere deve fondarsi su un’analisi rigorosa di elementi fattuali che dimostrino un’inclinazione a delinquere concreta e non meramente presunta. Al contempo, la Corte chiarisce che, una volta accertato tale pericolo, la misura cautelare trova in esso la sua piena giustificazione, senza che sia necessario avventurarsi in complesse previsioni sull’esito finale del processo e sui possibili benefici di legge.

Una motivazione sintetica del giudice sulla custodia cautelare è sempre illegittima?
No, la Cassazione chiarisce che la mera sinteticità non invalida la decisione, a patto che emerga un’autonoma e critica valutazione della posizione dell’indagato, distinta dalla richiesta del pubblico ministero.

Come si valuta il rischio di recidiva per giustificare la detenzione?
Si valuta sulla base di elementi concreti che dimostrano una specifica attitudine criminale, come le modalità del reato, la sua ripetizione e l’inserimento in contesti illeciti, anche in assenza di precedenti penali.

Se c’è un alto rischio di recidiva, il giudice deve considerare la possibilità di una futura pena sospesa?
No. La sentenza, richiamando un principio consolidato, afferma che la sussistenza accertata del pericolo di reiterazione del reato esime il giudice dal dovere di motivare sulla prognosi relativa alla concessione della sospensione condizionale della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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