Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36056 Anno 2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36056 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/09/2025
SESTA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME
NOME COGNOME NOME
Presidente Ð
Relatore –
Sent. n. sez.1063/2025
UP Ð 30/09/2025
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nata a Terzigno il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/09/2024 della Corte di appello di Napoli
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso;
letta la memoria AVV_NOTAIO COGNOME, difensore delle parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso;
letta la memoria AVV_NOTAIO, difensore della ricorrente che ha concluso per lÕaccoglimento dei motivi di ricorso.
Con il provvedimento in epigrafe indicato, la Corte dÕappello di Napoli in riforma della sentenza emessa in data 23 giugno 2021 dal Tribunale di Napoli, appellata dalle parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME
COGNOME, ha condannato NOME NOME al risarcimento del danno da reato in favore delle predette da liquidarsi in separato giudizio oltre alla rifusione delle spese del primo e secondo grado di giudizio.
La Corte di appello, preso atto della sopravvenuta dichiarazione di illegittimitˆ costituzionale dellÕart. 538 cod.proc.pen. con sentenza n. 173 del 25 maggio 2022, nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuitˆ del fatto ai sensi dellÕart. 131-bis cod.pen., decide sulla domanda di risarcimento proposta dalla parte civile, ha valutato integrata la fattispecie dellÕillecito civile da reato, conseguente allÕaccertamento della consumazione della condotta di spoglio violento del possesso dei diritti di passaggio sul fondo, spettanti alle parti civili, implicito nella sentenza di proscioglimento per tenuitˆ del fatto.
Con atto a firma del difensore di fiducia, COGNOME ha proposto ricorso, articolando i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge per avere la Corte territoriale violato il divieto di applicazione retroattiva della disposizione processuale penale avente effetti sfavorevoli per lÕimputato a seguito della pronuncia di illegittimitˆ costituzionale sopravvenuta rispetto alla data della pronuncia della sentenza di primo grado.
2.2. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione non avendo la Corte di appello tenuto conto delle prove documentali prodotte dalla imputata che dimostrano come il restringimento della strada per effetto della recinzione edificata dalNOME non aveva causato alcun danno alle parti civili, atteso che il restringimento della carreggiata era dipeso, allÕopposto, da un abuso edilizio dalle stesse perpetrato, consistito nellÕedificazione di un muro.
Inoltre, la breve permanenza della recinzione, rimossa dopo un giorno e mezzo secondo quanto si legge nella sentenza di primo grado, non avrebbe arrecato alcun nocumento apprezzabile ai danni delle persone offese.
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale si è uniformata alla nuova disciplina processuale di immediata applicazione conseguente alla declaratoria di illegittimitˆ costituzionale dellÕart. 538 cod. proc. pen., senza violare il divieto di applicazione retroattiva che si riferisce alle norme penali sostanziali e a quelle processuali che producano anche effetti penali sostanziali sfavorevoli per lÕimputato.
Innanzitutto, deve ricordarsi che in linea generale le pronunce di illegittimitˆ rimuovono dallÕordinamento la norma illegittima con effetto retroattivo, e che a seguito della pronuncia di illegittimitˆ costituzionale di una norma processuale restano ferme ed intangibili solo le statuizioni irrevocabili coperte dal giudicato.
Nel caso di specie non si pone neppure un problema di applicazione retroattiva della nuova disciplina processuale entrata in vigore per effetto dellÕintervento additivo della Corte Costituzionale.
La impugnazione della parte civile è stata accolta in applicazione della normativa processuale vigente al momento del giudizio di appello, essendo irrilevante che al momento della sentenza di primo grado la norma processuale poi censurata come illegittima fosse ancora vigente.
Trattandosi di sentenza suscettibile di essere riformata in appello, il tempo che assume rilievo ai fini della individuazione della disciplina applicabile con riferimento agli effetti civili della sentenza di proscioglimento pronunciata art. 131cod. pen., è quello della pronuncia della sentenza di appello secondo il principio generale dellÕimmediata applicazione delle norme processuali dal momento della loro entrata in vigore, in ossequio alla regola del che deve tenere conto della variegata tipologia degli atti processuali e va modulata in relazione alla differente situazione sulla quale questi incidono e che occorre di volta in volta governare (Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236535).
2. Si deve ricordare che il principio generale di irretroattivitˆ della legge fissato dallÕart. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale del Codice civile, non opera per la sentenza con la quale viene dichiarata l’illegittimitˆ costituzionale di una norma di legge, alla quale si riconosce efficacia retroattiva con la conseguenza che il giudice ha l’obbligo di non applicare la norma illegittima dal giorno successivo a quello in cui la decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica, con conseguenze simili a quelle dell’annullamento, nel senso che essa incide anche sulle situazioni pregresse verificatesi nel corso del giudizio in cui è consentito sollevare, in via incidentale, la questione di costituzionalitˆ, spiegando, cos’, effetti non soltanto per il futuro, ma anche retroattivamente in relazione a fatti o a rapporti instauratisi nel periodo in cui la norma incostituzionale era vigente, sempre, per˜, che non si tratti di situazioni giuridiche “esaurite”, coinvolgendo, peraltro, a determinate condizioni, anche quelle determinate dalla formazione del giudicato, attraverso l’analisi del criterio di ragionevolezza riconducibile alla considerazione di ulteriori interessi confliggenti, di pari rilievo costituzionale.
3. Con specifico riferimento al principio costituzionale di irretroattivitˆ della legge penale ex art. 25 Cost. ed alla disciplina fissata dallÕart. 2 del Codice penale è altrettanto consolidato lÕorientamento secondo cui anche le pronunce di illegittimitˆ costituzionale che abbiano effetti nella materia del diritto penale sostanziale devono essere applicate salvaguardando tale principio (come affermato in relazione agli effetti sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimitˆ costituzionale degli artt. e d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, che aveva uniformato il trattamento sanzionatorio per le ipotesi di reato concernenti le “droghe leggere” e le “droghe pesanti”).
é altrettanto pacifico che il diverso principio della retroattivitˆ della legge penale più favorevole, in forza della sua copertura convenzionale (art. 7, par. 1, Cedu come interpretato dalla Corte di Strasburgo, vedi sentenza del 17/09/2009 COGNOME c. Italia, e sentenza del 27/04/2010 COGNOME c. Italia) deve prevalere anche sul principio dellÕintangibilitˆ del giudicato, quando si tratti di dare esecuzione ad una pena prevista da una legge dichiarata incostituzionale (v. Sez. U, n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Ercolano, Rv. 258649, con riferimento al giudizio abbreviato in tema di applicazione retroattiva della legge più favorevole che prevedeva la sostituzione della pena dellÕergastolo con la pena della reclusione di anni trenta).
Nel caso di specie, appare evidente che il principio della irretroattivitˆ della legge penale è stato invocato del tutto erroneamente, atteso che la norma di cui si discute non appartiene certamente alla sfera del diritto penale materiale.
Il principio di irretroattivitˆ va ricondotto alle norme concernenti le fattispecie penali e le sanzioni ivi previste, con esclusione delle norme processuali che invece trovano il loro primo principio di riferimento nel diverso canone normativo del di cui all’art. 11 disp. prel. cod. civ.
Nel caso di specie, infatti, non si discute degli effetti penali della sentenza ma esclusivamente degli effetti civili, avendo la pronuncia di illegittimitˆ dellÕart. 538 cod. proc. pen. determinato lÕequiparazione della sentenza di proscioglimento per lÕesimente di cui allÕart. 131cod. pen. alle sentenze di condanna ai soli effetti civili, ampliando la sfera di cognizione del giudice penale in materia di valutazione della domanda di risarcimento oltre il perimetro delimitato dalla pronuncia di condanna.
Pertanto, correttamente la Corte territoriale ha fatto applicazione della nuova disciplina giˆ in vigore dopo la pubblicazione della sentenza di illegittimitˆ costituzionale dellÕart. 538 cod. proc. pen., nella Gazzetta Ufficiale del 12 luglio
2022, quindi, dopo la pronuncia della sentenza di primo grado ma prima della pronuncia della sentenza di appello.
Manifestamente infondata è anche la questione relativa al mancato accertamento di un danno risarcibile in sede civile.
A tale riguardo è sufficiente rilevare che si tratta di una condanna generica al risarcimento del danno la cui liquidazione è stata rimessa davanti al competente giudizio civile.
Va ricordato che ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni, non è necessaria la prova della concreta esistenza di danni risarcibili, essendo sufficiente l’accertamento della potenziale capacitˆ lesiva del fatto dannoso e dell’esistenza di un nesso di causalitˆ tra questo e il pregiudizio lamentato, desumibile anche presuntivamente (cfr. Sez. 1, n. 51160 del 31/10/2022, Mandolini, Rv. 199071).
Giˆ con riferimento alla offensivitˆ del reato la Corte Costituzionale (v. ordinanza n. 279 del 2017, richiamata nella citata sentenza n.173/2022) ha affermato che Çil fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento lÕart. 131cod. pen., è comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di della pena e agevolare la Òrieducazione del condannatoÓ, sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizioneÈ.
LÕesimente, dunque, trova fondamento non giˆ nella mancanza di offensivitˆ del fatto, ma nel rilievo per cui, in corrispondenza di un giudizio di ÒlieveÓ offensivitˆ, lÕesigenza punitiva diviene recessiva.
Si deve anche considerare che come risulta inequivocabilmente dallÕart. 651cod. proc. pen. la pronuncia di proscioglimento ex art. 131cod. pen. si atteggia come una vera e propria sentenza di accertamento dellÕillecito penale, che, in quanto avente efficacia di giudicato, pu˜ costituire presupposto di una domanda di risarcimento del danno nel successivo giudizio civile, rimanendo al giudice adito il compito della determinazione, di norma, del danno risarcibile, sempre che ne sussistano i presupposti nella specificitˆ dellÕillecito civile, avente comunque carattere di ontologica autonomia rispetto allÕillecito penale (cosi, nella motivazione della citata sent. n.173/2022).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha messo in evidenza come la condotta contestata alNOME, storicamente accertata, nonostante la sua ridotta offensivitˆ penale abbia potenzialmente cagionato un danno risarcibile, che deve essere liquidato in sede civile.
La circostanza che lo spossessamento della strada di passaggio si sia protratta per pochi giorni, giˆ di per sŽ consente di ritenere non illogica la riconosciuta
produzione di un danno risarcibile per effetto della condotta posta in essere dalNOME, consistita nel chiudere la strada di accesso agli immobili di proprietˆ delle parti civili.
Tutte le altre censure delNOME ricorrente, volte a mettere in evidenza le condotte illecite poste in essere dalle parti civili sul piano del rispetto della normativa urbanistica non hanno alcuna attinenza con riguardo alle condotte illecite alla stessa contestate e relative allÕaccertato illegittimo spossessamento delle parti civili rispetto allÕutilizzo della strada di accesso alle rispettive proprietˆ.
Deve anche considerarsi che NOME non aveva impugnato la sentenza di primo grado che ha riconosciuto la sussistenza del fatto di reato applicando la esimente prevista dallÕart.131cod. pen., conseguentemente la Corte di appello nel valutare la sola impugnazione proposta dalle parti civili non era neppure investita da un motivo di appello che le imponesse di rivalutare i presupposti di fatto dellÕillecito civile, in quanto non devoluti alla sua cognizione.
6. Dalla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma, che si reputa congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Cos’ deciso in Roma il giorno 30 settembre 2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME