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Risarcimento detenuto: quando lo spazio non basta

La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di risarcimento di un detenuto per condizioni di detenzione inumane. La sentenza stabilisce che, anche con uno spazio in cella di poco superiore ai 3 mq, la valutazione deve essere complessiva. La partecipazione a numerose attività trattamentali (scuola, lavoro, teatro) e la fruizione di ore d’aria possono compensare altre criticità, come l’assenza di acqua calda in cella, escludendo il diritto al risarcimento detenuto.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Risarcimento Detenuto: Spazio Vitale in Cella e Valutazione Complessiva

Il tema delle condizioni di detenzione e del diritto al risarcimento detenuto è un argomento di costante attualità e di fondamentale importanza per la tutela dei diritti umani. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 12484/2024) offre spunti cruciali per comprendere come i giudici valutano se una detenzione possa essere considerata ‘inumana o degradante’, specialmente quando lo spazio a disposizione del carcerato è al limite dei parametri minimi.

I Fatti del Caso: La Richiesta del Detenuto

Un detenuto ha presentato un’istanza per ottenere il risarcimento previsto dall’art. 35 ter dell’ordinamento penitenziario, lamentando le condizioni subite in diversi periodi di carcerazione. Nello specifico, pur avendo a disposizione uno spazio personale leggermente superiore ai 3 metri quadrati, egli ha evidenziato una serie di criticità: la presenza di un unico lavandino in cella, l’assenza di acqua calda, il malfunzionamento dell’aeratore e un numero di ore fuori dalla cella (4 al giorno) ritenuto insufficiente per configurare un regime a ‘camere aperte’.

La sua richiesta era stata respinta sia dal Magistrato di Sorveglianza sia, in sede di reclamo, dal Tribunale di Sorveglianza. Quest’ultimo aveva motivato il rigetto sottolineando che l’acqua calda era comunque disponibile nelle docce comuni e che il detenuto aveva avuto la possibilità di partecipare a numerose attività trattamentali. Il caso è quindi giunto all’attenzione della Corte di Cassazione.

La Decisione e i Criteri per il Risarcimento Detenuto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. La sentenza si allinea ai principi stabiliti dalle Sezioni Unite, che distinguono due scenari principali per la valutazione delle condizioni detentive.

Lo Spazio Vitale: Oltre la Semplice Misura dei Metri Quadri

Il primo scenario riguarda uno spazio individuale inferiore a 3 metri quadrati. In questo caso, esiste una forte presunzione di violazione dei diritti del detenuto. Tale presunzione può essere superata solo dalla presenza di significativi ‘fattori compensativi’, come una breve durata della detenzione, condizioni carcerarie dignitose e un’ampia libertà di movimento fuori dalla cella.

Il secondo scenario, applicabile al caso di specie, si verifica quando lo spazio disponibile è compreso tra i 3 e i 4 metri quadrati. In questa situazione, non scatta alcuna presunzione. I giudici devono invece procedere a una ‘valutazione complessiva e generale’, bilanciando tutti gli elementi, sia negativi che positivi.

L’Importanza dei Fattori Compensativi

Nel caso analizzato, la Corte ha ritenuto che il Tribunale di Sorveglianza avesse correttamente applicato questo principio. Pur riconoscendo le criticità sollevate (come il numero di ore fuori dalla cella, di poco superiore a quattro), i giudici hanno dato un peso determinante ai fattori compensativi. È stato accertato che il detenuto aveva avuto la concreta possibilità di partecipare a numerose attività di trattamento, tra cui corsi scolastici, attività lavorativa e un corso di teatro. Questi elementi, nel loro insieme, hanno contribuito a migliorare la qualità della vita detentiva, escludendo che essa potesse essere qualificata come inumana o degradante.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di una valutazione globale e non frammentaria delle condizioni carcerarie. Non è sufficiente isolare un singolo elemento negativo, come la mancanza di acqua calda in cella, per ottenere automaticamente il risarcimento. Al contrario, questo elemento deve essere ponderato insieme a tutti gli altri aspetti della detenzione. La possibilità di accedere a percorsi formativi, lavorativi e ricreativi è stata considerata un fattore cruciale che ha bilanciato le altre carenze strutturali. La Corte ha anche chiarito che la decisione di un altro magistrato in un caso apparentemente simile non è vincolante, poiché ogni situazione detentiva deve essere analizzata nella sua specificità, considerando l’insieme unico di fattori positivi e negativi che la caratterizzano.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per il risarcimento detenuto non si basa su un calcolo matematico, ma su un giudizio complessivo della vita carceraria. Per i detenuti e i loro difensori, ciò significa che non basta dimostrare una singola carenza, ma è necessario argomentare come l’insieme delle condizioni abbia reso la detenzione degradante. Per l’amministrazione penitenziaria, questa decisione sottolinea l’importanza di offrire non solo spazi adeguati, ma anche un’ampia gamma di attività trattamentali, che rappresentano un elemento essenziale per garantire la dignità della persona e possono fungere da fattore compensativo per altre criticità strutturali.

Quando un detenuto ha diritto al risarcimento per detenzione inumana?
Un detenuto ha diritto al risarcimento quando le condizioni di detenzione sono considerate inumane o degradanti. Esiste una forte presunzione di violazione se lo spazio personale è inferiore a 3 metri quadrati. Se lo spazio è tra 3 e 4 metri quadrati, è necessaria una valutazione complessiva di tutti i fattori, positivi e negativi.

Le attività trattamentali possono compensare la mancanza di spazio o altre criticità?
Sì. Secondo la sentenza, la possibilità concreta per il detenuto di partecipare a numerose attività (scolastiche, lavorative, ricreative) costituisce un ‘fattore compensativo’ che deve essere considerato nella valutazione generale. Tali attività possono bilanciare altre carenze e portare a escludere il diritto al risarcimento.

L’assenza di acqua calda in cella è sufficiente per ottenere il risarcimento?
No, non necessariamente. Nel caso specifico, l’assenza di acqua calda in cella è stata considerata un elemento negativo, ma non decisivo. La sua importanza è stata ridimensionata dalla disponibilità di acqua calda nelle docce comuni e, soprattutto, dalla presenza di altri fattori positivi, come la partecipazione del detenuto a varie attività fuori dalla cella.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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