Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12484 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12484 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CROTONE il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 25/05/2023 del TRIBUNALE SORVEGLIANZA di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. Gen. NOME COGNOME per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze, con ordinanza in data 25/5/2023, depositata il 29/5/2023, ha rigettato il reclamo proposto avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di Sorveglianza di Siena il 17/1/2023 ha respinto la richiesta presentata da COGNOME NOME ai sensi dell’art. 35 ter ord. pen.
NOME COGNOME ha presentato istanza per ottenere il rimedio risarcitorio di cui all’art. 35 ter ord. pen. con riferimento ai periodi di carcerazione patiti presso la casa circondariale di Bologna nel 2015-2016, nel 2016 e nel 20182020.
Il Magistrato di sorveglianza ha rigettato l’istanza rilevando che il detenuto aveva avuto a disposizione uno spazio superiore a tre metri quadri e che nel
corso della detenzione ha potuto fruire del regime di socialità “a camere aperte” e ha avuto anche la possibilità di partecipare a numerose attività di trattamento.
Il detenuto ha proposto reclamo evidenziando che nella cella vi era un solo lavandino, che nella stessa non c’era acqua calda, che l’aeratore della cella era spesso rotto e che il regime, considerato che le ore da passare all’esterno erano solo 4, non può definirsi regime di socialità a camere aperte.
Il Tribunale di sorveglianza -considerato che l’acqua c:alda era comunque fruibile nel locale docce, dal quale poteva anche essere asportata, che le ore d’aria erano comunque sufficienti e che il malfunzionamento dell’aeratore non risulta provato in atti- ha respinto il reclamo.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso il condannato che, a mezzo del difensore, in un unico motivo ha dedotto la violazione di legge, evidenziando che la conclusione cui è pervenuto il Tribunale sarebbe errata in quanto gli ulteriori elementi indicati, quali l’assenza di acqua calda, la presenza di un unico lavandino da usare sia per l’igiene personale che per lavare le stoviglie e il malfunzionamento dell’aeratore, imporrebbero di ritenere del tutto insufficiente il numero di ore, solo 4, per cui era concesso di stare fuori dalla cella. Ciò a fronte delle reali dimensioni della cella, di poco superiori al minimo, e anche tenuto conto che, in presenza degli stessi elementi e della stessa situazione, come risulta da un provvedimento allegato, il Magistrato di sorveglianza di Bologna ha accolto il reclamo di un altro detenuto.
In data 31 ottobre 2023 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO. NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione dell’articolo 35 ter ord. pen. in relazione all’apparenza della motivazione o, comunque, alla mancanza di effettiva considerazione degli argomenti contenuti nel reclamo con specifico riferimento alla ritenuta sufficienza del regime “a porte aperte” per sole 4 ore a escludere che ricorrano i presupposti previsti per l’accoglimento delle richiesta e all’assenza di valutazione dei contenuti della ordinanza resa dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna, allegata al reclamo, che in una situazione
analoga ha riconosciuto la sussistenza della violazione nei confronti di altro detenuto.
La doglianza è infondata.
2.1. Il rimedio di cui all’art. 35 ter ord. pen. è stato oggetto di una recente sentenza nella quale le Sezioni Unite hanno delineato i c:aratteri dell’istituto introdotto dal legislatore a tutela dei diritti dei detenuti e i criteri cui riferimento al fine di accertare la violazione degli stessi.
Con specifico riferimento alle dimensioni della cella le Sezioni Unite hanno ribadito che una dimensione della cella o, meglio, uno spazio vivibile inferiore a 3 metri quadrati costituisce una forte presunzione di violazione che può essere superata dalla presenza di fattori compensativi, costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività.
Nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, d’altro canto, la valutazione deve essere di carattere complessivo e generale così che i medesimi fattori concorrono, unitamente ad altri di carattere negativo, alla valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all’istanza presentata ai sensi dell’art. 35 ter ord. pen. (Sez. Un., n. 6551 del 24/09/2020, dep. 2021, Commisso, Rv. 280433 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16116 del 27/01/2021, COGNOME, Rv. 281356 – 01).
2.2. Nel caso di specie i giudici di merito si sono conformati ai principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità.
La motivazione del provvedimento impugnato, con lo specifico riferimento alle concrete ed effettive condizioni subite hanno dato atto delle ragioni per le quali, all’esito di una valutazione complessiva, il regime di detenzione cui è stato sottoposto il ricorrente in una cella comunque superiore a tre metri quadrati non possa essere qualificato come disumano e degradante.
In una corretta prospettiva, infatti, nel provvedimento, oltre al numero di ore da poter fruire all’esterno della cella (di poco superiore a quattro), il provvedimento ha considerato anche le numerose attività di trattamento cui il detenuto ha avuto la possibilità di partecipare, come avere frequentato corsi scolastici, avere svolto attività lavorativa e avere partecipato al corso di teatro.
2.3. L’argomento secondo il quale il provvedimento impugnato non terrebbe conto della diversa conclusione cui è pervenuto il Magistrato di Bologna con riferimento a un altro detenuto è inconferente.
Il diverso esito, infatti, è il risultato di una valutazione complessiva di una differente situazione di detenzione nella quale non risulta che fossero presenti fattori compensativi anche solo astrattamente paragonabili a quelli rilevati nel caso di specie.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamen delle spese processuali.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali.
Così deciso in Roma il 21 dicembre 2023.