Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30116 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30116 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fraternale NOME, nato a Urbino 1’11/03/1987
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Ancona il 17/05/2024;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza;
lette le conclusioni e la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore dell’imputato, ch ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Ancona ha sostanzialmente confermato la sentenza con cui COGNOME NOME è stato condannato per i reati di oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale (capi b- c) e lesioni personali volontarie aggravate (capo d).
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge e vizio di motivazione quanto al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., negata, secondo la Corte, perché l’imputato avrebbe provveduto al risarcimento del danno dopo l’apertura del dibattimento del giudizio di primo grado.
Si tratterebbe di un assunto smentito in punto di fatto dalla stessa sentenza del Tribunale in cui si darebbe atto che, all’udienza del 22.3.2019, il difensore avev prodotto documentazione (atti di quietanza, copia di assegni) relativi al risarcimento effettuato nei riguardi delle persone offese dei reati sub b) e c), con relative remissi di querela e che solo successivamente si era dichiarato aperto il dibattimento.
In tal senso si rinvia anche al verbale della udienza indicata e si aggiunge che, ai fi del riconoscimento della circostanza in esame, non sarebbe richiesto anche il risarcimento all’ente di appartenenza del pubblico ufficiale.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge con riguardo alla mancata dichiarazione di estinzione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, ai sensi dell 341 bis, comma 3, cod. pen., per avere l’imputato risarcito il danno ai pubblici uffici e al loro Ente di appartenenza.
La Corte avrebbe ritenuto che il ricorrente abbia provveduto al risarcimento del danno all’Arma dei carabinieri dopo l’apertura del dibattimento.
Secondo Fraternale, invece, la volontà spontanea di risarcire sarebbe emersa già all’udienza del 17.9.2019, prima udienza dedicata all’attività istruttoria, allorquando difensore aveva prodotto documentazione contenente formale proposta di risarcimento (si tratterebbe di una mail del giorno prima inviata tramite posta elettronica certific alla Questura con cui si trasmetteva proposta ristorativa all’Ente di appartenenza per una somma complessiva di 300 euro).
Si aggiunge che:
in ragione del perdurante silenzio dell’ente, era stata rinnovata la proposta a cui era seguito, in data 17.12.2019, anche un riscontro della Questura con sui si rappresentava che l’Avvocatura dello Stato aveva individuato in quella di 500 euro la somma congrua;
l’imputato adempiva il giorno successivo al pagamento e tutto ciò veniva documentato all’udienza del 6.7.2021.
Dunque, un’attività precedente alla escussione del primo teste, rivelatrice di un pentimento del tutto svincolato da ragioni di opportunità.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge anche processuale.
Il tema attiene al riconoscimento della continuazione anche con riguardo al capo d) (lesioni personali).
La Corte avrebbe determinato la pena partendo da quella base di sei mesi di reclusione per il capo c) (337 cod. pen.), aumentata di un mese per la continuazione
interna, di un mese per il capo b) (341 bis cod. pen.) e di due mesi di reclusione pe il capo d).
Assume l’imputato che la Corte avrebbe in tal modo violato il divieto di reformatío in peius, atteso che il Tribunale aveva calcolato la pena partendo da quella base di sei mesi per il reato di oltraggio sub capo b), e individuando in un mese di reclusione l pena da porre in continuazione per l’altro reato; il Tribunale aveva calcolato in mesi se di reclusione la pena per il capo d) (lesioni personali volontarie), che non era stato pos in continuazione.
La Corte avrebbe invece posto in continuazione anche il reato di cui al capo d), ma avrebbe inflitto la pena di due mesi di reclusione, cioè del doppio rispetto a quella infl a titolo di continuazione interna per lo stesso reato di oltraggio di cui al capo b) da parte del Tribunale.
2.4. Con il quarto motivo si deduce vizio di motivazione quanto al giudizio di responsabilità per il delitto di lesioni di cui al capo d).
Si fa riferimento alla valutazione delle prove a discarico rispetto a quelle a carico; Corte avrebbe ritenuto inattendibili quelle a discarico in ragione del fatto che tratterebbero di dichiarazioni rese da persone “vicine” all’imputato (la fidanzata e u amico), senza tuttavia considerare che tutte le prove a carico deriverebbero, non diversamente, da dichiarazioni di persone “vicine” alla persona offesa.
Si fa riferimento alle dichiarazioni della stessa persona offesa in relazione alle qu la Corte non avrebbe fornito risposte ai motivi di appello devoluti.
COGNOME la persona offesa, si sarebbe trovato in uno stato di minorazione psichica dovuta all’abuso di alcool e ciò avrebbe dovuto indurre ad un vaglio particolarmente rigoroso le sue dichiarazioni.
La Corte avrebbe affermato che, nonostante lo stato di ubriachezza, la persona offesa avrebbe dimostrato di ricordare in maniera lucida l’accaduto (così); si fa anche riferimento alla prova del nesso eziologico tra la condotta tenuta dall’imputato e lesioni riportate.
2.5. Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione quanto alla valutazione dell’annotazione di polizia giudiziaria del 1.1.2018 e della sua incompatibilità con dichiarazioni del teste NOMECOGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La Corte di appello ha ritenuto di non riconoscere la circostanza attenuante prevista dall’art. 62, n. 6, cod. pen. sulla base di un unico presupposto e cioè che la riparazion
del danno sarebbe avvenuta dopo l’apertura del dibattimento e, dunque, tardivamente (cfr. sentenza impugnata pag. 8).
Si tratta di un assunto smentito dalla sentenza di primo grado dal cui testo emerge invece che all’udienza del 22.3.2019, prima dell’apertura del dibattimento, il difensor dell’imputato aveva prodotto documentazione – costituita da remissione di querela, atti di quietanza e copia di assegni – attestante l’avvenuto risarcimento del danno nei riguardi delle persone offese dei reati di resistenza a pubblico ufficiale di cui al capo e di lesioni personali volontarie di cui al capo D) (cfr. sentenza di primo grado pag. 4 verbale udienza).
Ne consegue che sul punto la sentenza deve essere annullata.
A diverse conclusioni deve giungersi per quel che concerne il secondo motivo di ricorso, relativo alla richiesta di declaratoria di estinzione del reato di oltra pubblico ufficiale cui al capo a).
La Corte di cassazione (Sez. 6, n. 50996 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 2774439) ha già spiegato che l’art. 341 bis, comma 3, cod. pen. pone come condizioni congiuntamente necessarie per l’estinzione del reato che il risarcimento del danno: a) avvenga non solo nei confronti della persona offesa, ma anche “nei confronti dell’ente di appartenenza della persona offesa” (della quale non richiede che si sia costituita parte civile); b) avvenga prima del giudizio; c) sia integrale (Sez. 6, n. 485556 d 29/09/2016, non mass.).
Va rilevato che anche per l’applicazione della circostanza attenuante comune del risarcimento del danno l’art. 62, comma4 n. 6, prima parte, cod. pen. richiede che il risarcimento avvenga prima del giudizio e la disposizione viene intesa da ormai consolidata giurisprudenza nel senso che non sia ancora stato dichiarato aperto il dibattimento (Sez. 5, n. 57573 del 31/10/2017, Rv. 271872; Sez. 3, n. 18937 del 19/01/2016, Rv. 266579) o, nel caso di giudizio abbreviato, prima che sia stata emessa l’ordinanza che ammette tale rito (Sez. 6, n. 20836 del 13/04/2018, Rv. 272933; Sez. 4, n. 39512 del 30/04/2014, Rv. 261403).
Nel caso di specie il risarcimento del danno nei riguardi dell’ente di appartenenza del pubblico ufficiale si è perfezionato, secondo lo stesso ricorrente, non prima de giudizio ma dopo l’apertura del dibattimento.
Il terzo motivo di ricorso, relativo al trattamento sanzionatorio e, in particol all’aumento di pena inflitto per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazion anche tra il reato di cui al capo d) con quelli contestati ai capi b) e c), è assorbi ragione dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.
La Corte di appello, verificherà, alla luce delle precedenti considerazioni, se si configurabile l’invocata circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pe procederà, eventualmente, a rideterminare il trattamento sanzionatorio.
Sono inammissibili il quarto e il quinto motivo di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente.
A fronte di una motivazione adeguata con cui la Corte di appello ha ricostruito i fat e valutato le prove, nulla di specifico è stato dedotto, essendosi l’imputato a sollecita una diversa valutazione delle prove e, sostanzialmente, una diversa ricostruzione dei fatti.
Le censure dedotte sono infatti sostanzialmente volte a sovrapporre un’interpretazione delle risultanze probatorie diversa da quella recepita dai giudici merito, piuttosto che a far emergere un vizio della motivazione rilevante ai sensi dell’ar 606 cod. proc. pen.
Secondo i principi consolidati dalla Corte di cassazione la sentenza non può essere annullata sulla base di mere prospettazioni alternative che si risolvano in una rilettu orientata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’assunzione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferire rispetto a quelli adottati dal giudice del merito, perché consider maggiormente plausibili, o perché assertivamente ritenuti dotati di una migliore capacità esplicativa nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata ( Sez. n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, rv. 234148).
L’odierno ricorrente ha riproposto con il ricorso per cassazione la versione dei fatt dedotta in primo e secondo grado e disattesa dai Giudici del merito; compito del giudice di legittimità nel sindacato sui vizi della motivazione non è tuttavia quello di sovrappor la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito, ma quello di stabilire questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornit una corretta interpretazione di essi, dando completa e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
E’ possibile che nella valutazione sulla “tenuta” del ragionamento probatorio, la struttura motivazionale della sentenza di appello si saldi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, atteso che le due decisioni di merito possono concordare nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, (cfr., in tal senso, tra le altre, Sez. 3, n. 44418 del 16/07/ Argentieri, rv. 2574595; Sez. 2, n. 5606 dell’8/2/2007, Conversa e altro, Rv. 236181;
Sez. 1, n. 8868 dell’8/8/2000, COGNOME, rv. 216906; Sez. 2, n. 11220 del 5/12/1997,
COGNOME, rv. 209145).
Tale integrazione tra le due motivazioni si verifica allorché i giudici di secondo grad come nel caso in esame, esaminino le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei a quelli usati dal primo giudice e con riferimenti alle determinazioni ed ai passaggi logico-giuridici della decisione di primo grado e, a maggior ragione, ciò è
legittimo quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione
del primo giudice (Cfr. la parte motiva della sentenza Sez. 3, n. 10163 del 12/3/2002,
COGNOME, Rv. 221116).
Nel caso di specie, i giudici di appello, che pure hanno fatto riferimento al argomentazioni sviluppate nella sentenza di primo grado, hanno fornito una valutazione
analitica ed autonoma sui punti specificamente indicati nell’impugnazione di appello, di talché la motivazione risulta esaustiva ed immune dalle censure proposte.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’art. 62, n. 6, cod. pen. in relazione ai reati dei capi C) e D), con rinvio per nuovo giudizio su tali capi alla Corte di app di Perugia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma 1’8 maggio 2025
fi)Consigliere estensore
Il Presdente