Risarcimento del Danno: Perché la Riparazione Deve Essere Integrale
L’istituto del risarcimento del danno nel diritto penale assume un’importanza cruciale, non solo per la vittima del reato, ma anche per l’imputato, che può beneficiare di una significativa riduzione di pena. Tuttavia, cosa si intende esattamente per risarcimento ‘integrale’? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la semplice restituzione del valore economico dei beni sottratti non è sufficiente. Per essere efficace, la riparazione deve coprire anche il danno morale.
I Fatti del Caso: Un Tentativo di Riparazione Parziale
Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata in appello per furto aggravato in concorso. L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata concessione della circostanza attenuante comune del risarcimento del danno, prevista dall’articolo 62, n. 6, del codice penale. L’imputata, infatti, aveva messo a disposizione una somma di denaro corrispondente al solo valore patrimoniale dei beni oggetto della sottrazione, senza considerare la componente non patrimoniale del danno arrecato alla persona offesa.
La Decisione della Corte e il Principio del Risarcimento del Danno Integrale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione dei giudici di merito, i quali avevano correttamente ritenuto insufficiente l’offerta risarcitoria. La Corte ha ribadito un principio consolidato: ai fini della configurabilità dell’attenuante in questione, il risarcimento del danno deve possedere tre caratteristiche fondamentali: essere volontario, integrale ed effettivo.
Le Motivazioni: Oltre il Valore Materiale
La motivazione della Corte si concentra sul concetto di ‘integralità’ del risarcimento. Il danno derivante da un reato, specialmente contro il patrimonio come il furto, non si esaurisce nella mera perdita economica. Esiste una componente di danno non patrimoniale, o morale, legata al turbamento, alla paura e alla violazione della sfera personale che la vittima subisce.
Per questo motivo, un’offerta che si limiti a coprire il solo valore dei beni è parziale e, di conseguenza, inidonea a integrare l’attenuante. Il risarcimento deve essere ‘comprensivo sia del danno patrimoniale che morale’. Deve inoltre essere ‘effettivo’, ovvero deve dimostrare, attraverso modalità concrete come il versamento diretto del denaro o forme equivalenti, la ‘reale volontà dell’imputato di eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato commesso’.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa pronuncia offre importanti indicazioni pratiche. Per un imputato che intenda beneficiare dell’attenuante del risarcimento del danno, non è sufficiente un approccio puramente ‘contabile’. È necessario che l’offerta risarcitoria tenga conto di tutte le sfaccettature del pregiudizio arrecato alla vittima. Ciò implica una valutazione che vada oltre il semplice valore di mercato degli oggetti sottratti, includendo una somma a titolo di ristoro per la sofferenza morale. In caso contrario, come dimostra la vicenda in esame, non solo l’attenuante non verrà concessa, ma un eventuale ricorso basato su tale motivo sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Per ottenere l’attenuante del risarcimento del danno, è sufficiente restituire il valore economico dei beni rubati?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. Il risarcimento deve essere integrale e comprendere sia il danno patrimoniale (il valore dei beni) sia il danno non patrimoniale (morale).
Quali sono le caratteristiche che deve avere il risarcimento del danno per essere considerato valido ai fini dell’attenuante?
Il risarcimento del danno deve essere volontario, integrale (comprensivo di danno patrimoniale e morale) ed effettivo, rivelando la reale volontà dell’imputato di eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato.
Cosa succede se il ricorso per la mancata concessione di questa attenuante viene giudicato manifestamente infondato?
Se il ricorso è ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37023 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37023 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale è stata condannata per il reato previsto dagli artt. 110, 624 e 625, nn.2, 4 e 7, cod.pen..
L’unico motivo di ricorso, attinente alla mancata concessione della circostanza attenuante prevista dall’art.62, n.6, cod.pen., è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Sul punto, difatti, i giudici di merito hanno ritenuto insufficiente la messa a disposizione della somma corrispondente al solo valore patrimoniale dei beni oggetto della sottrazione senza comprendere la componente non patrimoniale; facendo quindi applicazione del principio in base al quale, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere volontario, integrale, comprensivo sia del danno patrimoniale che morale, ed effettivo nel rispetto delle prescrizioni civilistiche relative al versamento diretto del danaro o a forme equipollenti che rivelano la reale volontà dell’imputato di eliminare, per quanto possibile, le conseguenze dannose del reato commesso (cfr., tra le altre, Sez. 5, n. 21517 del 08/02/2018, COGNOME Pizzo, Rv. 273021).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 ottobre 2025
Il Consigliere estensore